AGI - Avrebbe compiuto cento anni in questo 2022, Pier Paolo Pasolini. Poeta, scrittore, saggista, cineasta... un uomo carismatico, intellettualmente fecondo, a volte duro, scontroso e forse troppo diretto nell'esprimere i propri pensieri che ha lasciato un patrimonio di valori e idee in un certo senso 'profetiche' per il vissuto di oggi.
"Non ho mai creduto alla tesi che Pier Paolo fosse stato ucciso solo da una persona...Aveva un atteggiamento che dava fastidio, e secondo me e non solo secondo me, visto che sto leggendo tanti libri e scritti su di lui in questo periodo che concordano sul fatto che fu ucciso perché sapeva delle cose, anche se diceva di non avere prove, dietro la sua morte c'era qualcosa di più importante. Lo hanno elminato sicuramente dei ragazzotti killer ma perché la sua voce era importante". Così Dacia Maraini, in una intervista all'AGI in occasione dei 100 anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini, ricostruisce la figura del grande artista al quale ha dedicato il suo ultimo libro, 'Caro Pier Paolo' (Neri Pozza editore).
"L'Italia - aggiunge la scrittrice - ha una storia di segreti non rivelati. Quindi penso che la sua morte è uno dei tanti segreti italiani. Pelosi si è preso la colpa all'inizio, poi ha detto che non è stato lui e che erano almeno in tre ma non ci sono i nomi. Avrebbe potuto dirlo subito ma magari è stato ricattato, sapeva molto di più ma non ha detto la verità".
"Un uomo che in apparenza era duro e scontroso", commenta la sua grande amica Maraini.
"In realtà - afferma - era una persona di una dolcezza unica, di grande sensibilità e umanità. Un uomo di grandi valori e sentimenti" che oggi, "può insegnare molto alle giovani generazioni e che aveva visto già alla sua epoca, la direzione che avrebbe preso il mondo di oggi".
"Caro Pier Paolo" è un libro scritto in forma epistolare, dove sono racchiusi ricordi e aneddoti, scampoli di una amicizia profonda quale è stata quella fra Dacia Maraini e Pasolini, uscito in occasione del centenario della nascita del poeta.
“È un'idea che è nata da dei sogni - racconta la scrittrice - dopo la sua morte mi è capitato tante volte di sognarlo e raccontavo questo fatto agli amici. Finché l'editore mi ha proposto di raccogliere questi ricordi comuni, una parte privata che nessuno conosce. E così, è nata l’idea di queto libro".
(Ascolta l'intervista in podcast)
E cosa le dice in sogno?
"Mah, la prima volta mi diceva che era tornato per un film, raccontava cosa voleva fare e poi spariva, mi lasciava la voglia di parlargli - racconta Maraini - Un'altra volta mi ricordava cose fatte insieme. E questa è appunto la parte privata, meno conosciuta".
Quella che appunto, sconfessa l'immagine del Pasolini duro, severo.
"Sì, passava per essere aggressivo e provocatorio, invece la parte privata che conosco di lui e in parte rivelo, e' quella di una persona molto sensibile, dolce e affettuosa".
Aveva degli amori, quello per sua madre su tutti, quello per Maria Callas...
"Sì, la madre su tutti, un legame incredibile e poi con la Callas fu un vero amore, platonico ovviamente. L’ha amata moltissimo come lei ha fatto con lui ma la sua vita però era sdoppiata: l'eros era del mondo maschile, affetti e amore erano propri del mondo femminile ma tutto era legato alla figura della madre. Diceva che non poteva fare l'amore con una donna perchè sarebbe stato incesto. Ma la gente non capisce che esiste anche l'amore platonico. La Callas avrebbe voluto sposarlo, era innamoratissima e ingenuamente pensava di cambiarlo ma a quell’età, è difficile cambiare gusti e modo di stare al mondo. Lei lo voleva cambiare con l’amore come tante donne ingenuamente fanno".
Pasolini uomo gentile quindi
"Quando scriveva nei riguardi della società era duro, per reazione. Raccontava sin da piccolo che a sei anni, quando ha capito di essere omosessuale è stato attaccato, redarguito e disprezzato. E questo ha pesato molto sul rapporto con il suo tempo. Ecco perché era aggressivo quando scriveva in pubblico. Ma nella vita privata era una persona docilissima. Nei nostri viaggi non l'ho mai sentito dire una parola sgarbata, offendere, protestare, brontolare fare la vittima. Andavamo fuori dagli itinerari turistici, dormivamo in tende, nel cuore dell'Africa, mangiavano scatolette, roba invisa, bevevamo acqua non pulita. Eravamo nell’Africa più povera e arcaica e lui era cosi disponibile e affettuoso con chi stava male, con chi soffriva. Tutto l'opposto dell'atteggiamento pubblico".
Ma non parlava mai delle sue intuizioni sotto il profilo politico, giornalistico? Di lui era famosa la frase "io so ma non ho le prove"
"Raramente discuteva con noi delle sue intuizioni. Quando usciva veniva via dal mondo che lo opprimeva e disprezzava. Ricordiamoci che ha avuto ben 82 denunce. Ma quando stava con gli amici tentava di dimenticare e parlava tanto di poesia. Io ad esempio non amavo Pascoli che a lui piaceva. Lo consideravo un poeta sentimentale, ma lui lo recitava a memoria con tale passione e gioia che me lo ha fatto amare. Pier Paolo amava la letteratura non in senso professoriale, ma nella gioia del leggere. Nelle piccole cose di tutti i giorni conduceva una vita molto meno politica di quello che si possa immaginare".
Oggi molto sui scritti, riflessioni, sono condivisi dai giovani attraverso i social, e qui esce fuori la sua visione un po' profetica del vissuto di oggi
"I ragazzi sanno bene che aveva un dono profetico ma non da santone, sia chiaro. Diceva sempre che il fascismo che lui aveva vissuto e conosciuto colpiva esteriormente l'essere umano mentre l'industrializzazione e la società dei consumi, colpivano l'uomo dentro e lo facevano diventare nemico di se stesso e della natura. Era una visione apocalittica la sua ma oggi, ci accorgiamo che aveva ragione, perchè poi è successo: noi siamo schiavi del consumo e abbiamo modificato le nostre idee e questo Pier Paolo lo aveva avvertito quando tutto era all’inizio della trasformazione. Oggi i giovani potrebbero trarre da lui l'insegnamento della sincerità, di dire cio' che si pensa e non per esibizionismo. Lui lo faceva e veniva perseguitato. Del resto il nostro è un Paese che non è portato per la verità. Si pensa che la menzogna sia normale".
Cosa direbbe oggi della guerra in corso?
"Conoscendolo sarebbe stato dalla parte degli aggrediti e non certo da quella dell’aggressore, lui è sempre stato dalla parte di chi subisce ed è perseguitato e ucciso. Persino nel 68, quando gli studenti protestavano contro l’autoritaritarismo, li attaccò, gli disse che erano 'figli di papà' perché un domani sarebbero stati dirigenti mentre i poliziotti con la loro misera paga, rischiavano la vita e non sarebbero mai stati classe dirigente. E' sempre stato un po’ anarchico e contro qualsiasi forma di potere e quindi credo proprio che sarebbe stato dalla parte di chi subisce la guerra".
Anche lei ha subito la guerra, deportata in un campo di prigionia in Giappone
"Sì, dal 1942 al 1945. La guerra lascia ferite profonde in una bambina, che diventano cicatrici, io ero una bambina piccola ma quando guardo le foto delle bombe che cadono in questi giorni, me le sento addosso: so cosa vuol dire correre in un sotterraneo con la paura che la casa ti crolli addosso, è orribile, non si può immaginare, ogni sera mi stupivo di essere ancora viva. So bene cosa vuol dire la fame, il freddo. Stavamo li, in quel campo senza mangiare ed è stata molto dura".
Avete vissuto con Moravia estati bellissime a Sabaudia
"Era un periodo fecondo e bellissimo a Sabaudia c’era anche Bertolucci che aveva casa li, il pittore Tornabuoni, Laura Betti con casa al Circeo, un via vai di artisti che andavano e venivano da noi, c’era Dario Bellzza, Garboli, si ospitavano in continuazione poeti e cineasti. Era un periodo in cui la comunità aristica si sentiva molto unita. Ora non è piu così, ognuno va per fatti suoi e ci si incontra solo nelle occasioni pubbliche. Al giorno di oggi non ci sono i bar dove ci si radunava, le trattorie, il piacere di incontrarsi era alla base degli scambi intellettuali. Oggi non c'è perchè è cambiato il clima culturale, tutto è frantumato, liquido, fluido, le ideologie sono scomparse, le persone stentano a riconoscersi in una comunità e le comunità istituzionali stesse si fanno la guerra. Pensiamo alla magistratura: incredibile assistere alla guerra intestina che c'è".
E Pasolini, il rischio della scomparsa delle ideologie lo aveva intuito
"Credo proprio di sì, in vari momenti viene fuori questa sua idea che stava per iniziare questa frantumazione".
Nel libro si fa riferimento ad una immagine di Pasolini che cammina da solo, fra le dune di Sabaudia, ma soffriva di solitudine?
"Sì ma di solitudine interiore, perché era un uomo di tradizione, di valori. L'amore per la madre per esempio lo frenava. Io l’ho conosciuto che aveva superato i 40 anni e poi l'ho accompagnato fino alla fine. Ad un certo punto è entrato in una sorta di conflitto catastrofico con il suo tempo, il suo ultimo film 'Salò', è molto amaro, doloroso, e si sentiva solo. Eppure viveva con la madre e la cugina. Ma la sua era una solitudine psicologica. Si sentiva in disaccordo con il suo tempo. Amava il calcio, aveva un fisico super atletico, muscoloso. Quando è morto, con quel fisico era impossibile pensare a un corpo a corpo. Per come era lacerato, erano almeno in tre su di lui".
Amava uscire di notte
"Guardate che lui non era un predatore, il suo eros non era da preda. Cercava se stesso da ragazzino, mai avrebbe fatto violenza. Questo è molto chiaro, al contrario di come si è insinuato facendolo passare da violentatore seriale ma non era mai e poi mai stato cosi".
Chi non conosce Pasolini, da dove può iniziare?
"Io sono legata alla poesia, in particolare a 'Le ceneri di Gramsci'. Ma ci sono due libretti postumi, 'Atti impuri' e 'A modo mio', in cui racconta se stesso, la sua adolescenza con tanta freschezza e sensibilità. Ecco mi soffermerei su questi. Poi c'è ovviamente tutta la sua sconfinata produzione".
Ci sono al giorno d'oggi figure che si avvicinano a Pasolini o che si avvicinano alle sue idee e valori?
"È difficile a dirsi, perché i tempi che viviamo sono molto diversi ma non posso negare che ci siano delle personalita' molto coraggiose, come Pasolini era, e credo che siano fra i giornalisti piuttosto che fra i poeti. Mi riferisco a quelli impegnati sono fronti difficili, che scrivono le cose usando il coraggio. E ce ne sono. Penso a quel tipo di giornalisti che con il loro lavoro contribuiscono a difendere la democrazia, la verità. Quelli che hanno capito che bisogna stare in guardia rispetto al potere. E poi, quando penso agli scrittori mi viene subito in mente Saviano che mette tutto se stesso nella lotta alla criminalità, coraggio. Penso a Scurati, che sta facendo una indagine importante sul mito della guerra. Insomma, ce ne sono tanti e ora non voglio dimenticarne qualcuno, ma ce ne sono e molto profondi".