AGI - Quale futuro per l’Arsenale di Venezia? Nella città lagunare se ne discute parecchio in queste settimane, specie da quando il Consiglio comunale riunito nella sede di Ca’ Farsetti sul Canal Grande, a due passi da Rialto, ha approvatolo il 4 marzo (20 a favore, 3 contro, 1 astenuto e 9 non votanti) lo schema del Protocollo d’intesa tra il Comune, i ministeri di Cultura e Difesa per il progetto integrato di razionalizzazione e valorizzazione di quello che è stato per secoli il centro fondamentale dell’economia e della storia civile veneziana, espressione tipica e diretta degli interessi marittimi della Serenissima Repubblica nel corso di undici secoli.
Un’area, quella occupata dall’Arsenale, che si estende, nel sestiere di Castello, per 318.240 mq di cui circa 90 mila sono quelli occupati dal grande specchio d’acqua della darsena interna, e che complessivamente è pari al 15% circa dell’intera superficie cittadina. Arsenale, di cui scrive anche Dante nel canto XXI dell’Inferno.
Di proprietà del Demanio pubblico dello Stato, fu dato in concessione al Demanio della Marina militare che ne ha fatto sempre un uso limitato, al punto che la maggior parte dei monumentali edifici sono stati abbandonati o adibiti a magazzini in notevole stato d’incuria. Fino a quando, nel 2012, la proprietà dell’area, che è gestita in prevalenza dalla Marina militare, è stata trasferita dal Demanio al Comune di Venezia, sulla base d’un vincolo che ne avrebbe assicurato l’inalienabilità e indivisibilità con la raccomandazione di rilanciarla facendone un uso più direttamente finalizzato ai residenti, nell’ambito di un’economia dinamica. E con l’idea di essere un “bene comune” a beneficio della città e con l’obiettivo invertire la tendenza lenta ma progressiva allo spopolamento iniziato negli anni Cinquanta (da 176 mila abitanti agli attuali 50 mila circa).
Manca un progetto di riqualificazione compiuto
Il punto è che negli anni l’amministrazione cittadina non è riuscita a trovare il tempo per mettere a punto un progetto di riqualificazione e rilancio dell’intera area per restituirla in qualche forma all’uso di veneziani e turisti, che arrivano copiosi in città (30 milioni nel 2019, anno pre Covid). Ora cosa prevede in Protocollo d’intesa tra Comune di Venezia, ministeri di Cultura e Difesa, sottoscritto a Ca’ Farsetti? Secondo una nota dell'amministrazione guidata dal sindaco Luigi Brugnaro, la delibera prevede di sistemare la ripartizione fatta nel 2012, quando l’Arsenale fu suddiviso in tre parti - la prima di proprietà comunale, la seconda del Demanio militare della Marina, la terza di quegli immobili interminati e mai utilizzabili - che, ancor oggi, continuano a essere usati a titolo gratuito dalla Marina militare fino a quando non sarà definita una programmazione nelle strutture senza oneri per il Ministero.
Le lacune del Protocollo
Nella vicenda dell’intesa raggiunta sul destino dell’Arsenale, la parte più controversa riguarda però il fatto che il Protocollo “non prevede nessuna valorizzazione storica, cantieristica, artigianale dell'Arsenale, né la promozione della conoscenza della sua identità marittima e navale, che potrebbe essere occasione di ripresa economica della Città antica e di creazione di posti di lavoro in alternativa alla monocoltura turistica”, come sottolineano gli esponenti del Forum Futuro Arsenale, sigla che raggruppa 60 associazioni cittadine che si battono per il suo riutilizzo e fruizione per scopi meramente cittadini.
Mentre il Protocollo quest’ultimo punto non lo sfiora nemmeno. Anzi, il Protocollo prevede la restituzione da parte della pubblica amministrazione lagunare dell’Arsenale proprio al Demanio della Marina. Il che significa – come ha osservato in un articolo sul “Corriere della Sera” lo scrittore Antonio Scurati – restituirlo “a chi per decenni di languore e degrado ha dimostrato di non assolutamente cosa fare”. Tuttavia, nell'agosto del 2020, con un suo decreto il Mic ha definito uno stanziamento di 20 milioni di euro per il restauro e la riqualificazione degli edifici "Officine e Comparto del ferro", a cui è stato aggiunto, nel quadro del Pnrr alla Biennale, un ulteriore stanziamento di 170 milioni dei quali circa 105 saranno destinati per il recupero dell'area Arsenale in concessione alla Fondazione La Biennale, che da alcuni anni utilizza i locali le Corderie e altri spazi per le biennali d’Arte e Architettura.
Sito di interesse storico o mera 'location' per eventi?
Afferma la senatrice del M5S Orietta Vanin, che ha presentato un’interrogazione ai ministri di Cultura e Difesa, che nel Protocollo “non è affrontato il tema della fruibilità pubblica delle aree esterne agli edifici, oggi fortemente limitata, essendo totalmente inibita nelle aree in uso al Ministero della Difesa e in quelle in cui il Ministro delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili sta realizzando il centro operativo e i servizi accessori del Sistema del Mose (le paratie anti-acqua alta, ndr), e condizionata al pagamento d’un biglietto d’ingresso nelle aree in uso alla Biennale”, tant’è che “nella mia interrogazione - sottolinea - ho anche chiesto conto della ragione per cui i 170 milioni di euro del Piano strategico Grandi attrattori culturali siano stati stanziati a favore di un unico soggetto, la Biennale di Venezia, e nemmeno un centesimo sia impiegato per la promozione dell'identità storica dell'Arsenale".
Sul punto, Nicola Pellicani, deputato dem, sulla rivista di politica culturale Ytali.it, dove s’è aperta una vivace discussione, sostiene che “l’attuale amministrazione pare interessata esclusivamente a utilizzare l’area come una grande location per eventi con al centro il Salone nautico, ma l’Arsenale non può essere solo questo, deve diventare un bene comune a disposizione dei cittadini, dove accanto a esposizioni e eventi trovino ulteriori spazi le attività di ricerca e soprattutto il lavoro, a partire da cantieristica e artigianato”.
Scrive sempre su Ytali.it il professor Roberto D'Agostino, già assessore all'urbanistica nella prima giunta Cacciari e padre del Prg del 1999, che “il Comune dà in concessione alla Biennale un’ulteriore porzione di Arsenale, edifici e spazi liberi, senza alcuna contropartita in termini di utilizzo di questi e di tutti gli enormi spazi di cui la Biennale già dispone”.
Valorizzazione cercasi, urgentemente
E aggiunge: “Ma, si dice, la Biennale ha un grande progetto e enormi finanziamenti frutto della generosità del PNRR. Ma da quanto si legge sui giornali, oltre alle buone intenzioni del Presidente Roberto Cicutto che afferma, come già Paolo Baratta prima di lui, che farà interventi aperti alla città” ma in verità “anche in questo caso, il Protocollo non porta alcun vantaggio al Comune, ma conferma l’incapacità della città di progettare il futuro dell’Arsenale e con esso il futuro di Venezia”.
Quanto alle 60 associazioni cittadine raccolte nel Forum Futuro Arsenale, affermano: “La valorizzazione dell’Arsenale è un compito molto impegnativo che richiede visione, idee, coraggio e una forte solidarietà tra amministrazione e cittadinanza”, per restituire di Venezia questa visione: “La qualità della vita è alta: il lavoro è di buona qualità bello e vicino a casa, si va a piedi o in barca, la socialità di calli e campielli è vivace, la cultura, la scuola, l’università e la sanità funzionano, le case hanno prezzi ragionevoli, i giovani scelgono di viverci e metter su famiglia. la città è a misura di bambino”, ma subito dopo precisano: “Non è così oggi, ma lavoriamo perché sia così con la massima determinazione”. Sarà davvero questo il futuro di Venezia?