AGI - Un’attrice adulta vestita con scarpe e fermaglietti bambineschi si trasforma in una ragazzina. E con la leggerezza tipica dell’infanzia racconta al pubblico lo scossone subito dalla sua vita quando le leggi razziali del ’38 estromisero lei, bambina ebrea, dalla scuola pubblica, tolsero il lavoro a suo padre e quindi la costrinsero a nascondersi in un convento romano, sotto falso nome, per sfuggire alla deportazione nazista.
L’attrice che ha commosso tutta la platea si chiama Maria Cristina Gionta, la protagonista rappresentata sul palco con i suoi genitori è la Lia Levi ragazzina, nella prima trasposizione teatrale del suo romanzo autobiografico d’esordio “Una bambina e basta” presentata al teatro Manzoni di Roma, su iniziativa del centro teatrale Artigiano e degli Archivi di Stato che per la Giornata della Memoria hanno puntato su un programma tutto dedicato alla scrittrice, con la mostra “Dal ricordo personale alla memoria collettiva” realizzata con le carte donate da Levi all’Archivio, e appunto, con la trasposizione teatrale del romanzo (edito da E/O) che l’ha lanciata nel ’94 e che a marzo sbarcherà anche negli Usa, in una versione illustrata per l’infanzia con il titolo “Just a girl”.
Seduta in platea al teatro Manzoni c’era ovviamente la scrittrice e c’era anche l’AGI che ha raccolto le emozioni della neo-novantenne custode della memoria ebraica al termine di due giorni che l’hanno vista in prima linea nelle scuole, alla casa della Memoria, all’Archivio di Stato e anche al Tg 1 dove ha scritto in diretta una toccante lettera per il dodicenne di Campiglia Marittima aggredito da due ragazzine con botte condite da una sequela di insulti antisemiti alla vigilia del Giorno della Memoria.
“Vedere me stessa in scena, rappresentata con le stesse parole che avevo utilizzato nel mio libro mi ha commossa”, spiega all’AGI la scrittrice , “mi sono riconosciuta completamente e sono rimasta colpita da come hanno messo in scena il mio romanzo molto psicologico e non d’azione, non deve essere stato semplice ”. Lo spettacolo diretto da Silvio Giordani, colpito da come Lia Levi “abbia saputo raccontare l’orrore della persecuzione stemperandolo con uno sguardo che neanche le leggi razziali sono riuscite a privare di una preziosa ironia”, nel prossimo futuro, appena la situazione Covid lo permetterà, sarà proposto alle scuole.
Un altro importante passo della missione di Levi che ha fatto degli incontri con gli studenti una consuetudine, che in questa Giornata della Memoria non si è risparmiata e guarda con ottimismo alla tutela della Memoria ebraica, nonostante l’oltraggio dei No Vax che hanno approfittato anche del 27 gennaio per insistere con la loro oltraggiosa identificazione con gli ebrei perseguitati dal nazifascismo: “L’accostamento che propongono è degradante, il loro è un teppismo politico che si muove con le modalità del razzismo” chiarisce la scrittrice che vede come antidoto all’offesa storica dei No Vax proprio l’impegno giovanile per la memoria.
“Non credo che la progressiva sparizione di noi testimoni la metterà in pericolo, perché anno dopo anno mi accorgo che l’impegno aumenta, la mia è ovviamente una platea studentesca che non rappresenta tutta la realtà, ma dà grandi speranze - spiega- Vedo molto lavoro da parte di docenti e di studenti che hanno capito quanto tutelare la memoria della Shoah non debba essere soltanto un omaggio agli ebrei, quella persecuzione è stata una ferita alla civiltà e a tutta l’umanità”.
Durante questa Giornata della Memoria Levi si è trovata, racconta “davanti a ragazze commosse mentre mi ponevano le loro domande” e a ragazzini che con tanti “ci siamo anche noi” si sono uniti “all’abbraccio di una ragazzina di allora” che Levi attraverso la sua lettera scritta nel servizio del Tg1 (già acquisita dagli Archivi di Stato di Roma ) ha inviato all’adolescente di Campiglia Marittima ricordandogli quanto a differenza di quanto accadde durante le leggi razziali “oggi lo Stato e tutta la società civile siano con te”. Quella lettera, conclude “ha unito passato e presente”.