I 90 anni di Lia Levi: “Mi vedono ancora come 'una scheggia', per invecchiare bene serve un progetto"
AGI - “I miei novant’anni rappresentano una tappa meravigliosa, sono contenta di farlo sapere a tutti, per me è come sventolare una bandiera”. Lia Levi, scrittrice della memoria ebraica, vincitrice dello Strega giovani 2018 con ‘Questa sera è già domani” ispirato alla storia, durante le leggi razziali, di suo marito Luciano Tas scomparso sette anni fa, nonchè nella sua prima vita da giornalista, fondatrice del mensile ebraico “Shalom”, il 9 novembre festeggia un notevole compleanno, con un party letterario in suo onore al teatro Ghione di Roma e l’uscita di ‘Dal pianto al sorriso’ (Piemme-Il battello a vapore).
È l’elaborazione di un suo manoscritto creato quando era una dodicenne, dedicato ai suoi genitori all’indomani della Liberazione di Roma dall’occupazione nazista e ritrovato qualche mese fa nella copertina del diario di sua madre. Va in libreria proprio per i novant’anni della scrittrice, giro di boa a cui Levi va incontro con l’allegria, la leggerezza d’animo e la voce squillante che la contraddistinguono da sempre.
Novant’anni, non tutti sono felici di invecchiare…
"L’epoca in cui l’età che avanza porta con sé qualche frammento di fastidio l’ho superata da tempo e ora mi accorgo che in tanti mi considerano una fonte di consigli e quasi un modello per il loro futuro. Lo sto scoprendo nei tanti incontri nelle scuole. Sia gli studenti sia gli insegnanti non si limitano soltanto a domande sui miei libri, ma mi chiedono invece giudizi e consigli sulla vita, vogliono essere aiutati nel presente".
Un modello di freschezza letteraria, mentale e anche fisica, nonostante, citando Grace Paley, altra scrittrice ebrea, i vari “contrattempi del vivere”. Lei è uscita indenne anche da una rottura del femore, un incidente domestico in piena pandemia…
"Non me lo meritavo, io a casa ci stavo già di mio. L’ho superato bene per fortuna e recentemente ho incontrato una mia ex compagna di liceo che mi hai detto: “A scuola eri una scheggia e tale sei rimasta".
È rimasta una scheggia a 90 anni perchè ha conservato e coltivato un forte legame e un continuo dialogo con la Lia dell’infanzia e dell’adolescenza nei suoi libri? O c’entra anche il suo approccio verso la vita?
"Mi piacciono ancora le atmosfere fiabesche che mi attraevano da bambina, sono rimasta senza parola davanti all’opulenza della sala del Trono all’Hermitage di San Pietroburgo, ad esempio, ma non è solo questo. Si resta giovani dentro quando si ha un progetto, non necessariamente artistico o letterario, può essere anche un orto o un giardino, qualcosa insomma che ti dia uno scopo. E il mio progetto è, da quasi trent’anni, quello letterario, riverso nella scrittura la mia anima un po’ bambina".
Con quali ritmi ci si dedica?
"Appena consegnato un libro non pensa immediatamente al successivo, “perché mi sembrerebbe un tradimento verso i miei personaggi ma appena mi sento libera mi metto all’opera".
Adesso sta lavorando a qualcosa?
"Sto progettando un sequel del mio romanzo d’esordio “Una bambina e basta’, incentrato su uno dei personaggi minori di quel racconto autobiografico, una figura femminista".
Quando scrive?
"Al mattino, alle nove sono alla mia scrivania e scrivo rigorosamente a penna. Uso il computer per le mail, ma per me la scrittura è solo a mano, trovo esaltante la penna sul foglio bianco. Ma nel pomeriggio non scrivo mai, il mio bioritmo non me lo permette più.
Stanchezza letteraria pomeridiana a parte, l’età le ha imposto anche qualche altro limite?
"I miei viaggi nelle scuole italiane e per i vari appuntamenti letterari continuano ma non parto più da sola e, avendo avuto la proibizione assoluta di cadere dopo la frattura del femore, anche nei miei giri romani vengo accompagnata. Non è l’ideale, ma saperlo accettare con filosofia fa parte della saggezza che ti regalano i novant’anni".
Cosa le sta più a cuore trasmettere oggi ai tanti bambini e ragazzi che incontra nelle scuole?
"Raccomando sempre di non fermarsi davanti a ciò che viene scodellato dal web. Snobbare la contemporaneità sarebbe un errore, ma ai ragazzi consiglio anche di nutrirsi e di costruire se stessi con il pensiero antico, con gli artefici della cultura, la tragedia greca, Tolstoj…"
Con la se stessa che da ragazzina si era scritta una lettera che diceva “cara Lia, mi raccomando non tradire te stessa quando sarai grande, scrivi quelle belle storie che abbiamo inventato”, oggi si sente pacificata?
“Ma sì, ho mantenuto la promessa fatta a me stessa, sono diventata una scrittrice, era ciò che desideravo”.
Che emozione le dà oggi vedere in libreria il suo manoscritto infantile dimenticato?
"Mi rende felice. Mi ricordavo soprattutto che quando lo avevo donato ai miei per il loro anniversario di matrimonio perché a quei tempi non c’erano soldi per i regali, ero rimasta un po’ male per la loro reazione misurata. Mi avevano ringraziato, ma senza spendersi troppo sulla mia qualità della scrittura o sulla mia creatività. Io già sapevo di voler diventare una scrittrice ma i miei erano piemontesi, molto strutturati, e per me sognavano un lavoro più solido, mi volevano professoressa".
Buon compleanno allora Lia Levi e “fino a 120 anni” , l’augurio della tradizione ebraica.