AGI - "Il libro è un anti-tweet, proprio per la ricerca approfondita e il tentativo di raccontare in dettaglio ogni cosa. È in controtendenza rispetto al pensiero mainstream dell'informazione dominante, per cui oggi bisogna solo solleticare l'attenzione dei lettori con vicende di gossip o storie intimistiche o vicende che, seppure riguardino efferati delitti, ma riguardino delitti che si muovono fuori dalla sfera di interessi di potentati". A parlare all'AGI è Fabio Repici, autore con Antonella Beccaria e Mario Vaudano del libro "I soldi della P2. Sequestri casino', mafie e neofascismo: la lunga scia che porta a Licio Gelli" (per i tipi di PaperFirst).
Fabio Repici, avvocato di molte vittime di mafia, 'tira' le orecchie all'informazione affermando che "dall'inizio degli anni 2000 ad oggi la più grande attenzione della cronaca giudiziaria in televisione è stata sempre per delitti del tipo: l'uccisione di un bambino a Cogne da parte della mamma che poi fu condannata; l'uccisione di una donna e di suo figlio a Novi Ligure commessa da una figlia e dal fidanzatino della figlia".
Per poi aggiungere: "Si è sempre cercato di solleticare le viscere del lettore o dello spettatore proprio per allontanarlo dalla dimensione del pensiero critico e dell'attenzione alle questioni che invece dovrebbero essere la ragione sociale dell'informazione, l'informazione dovrebbe essere il cane da guardia del potere cioè dovrebbe essere il cane che abbaia contro il potere e che lo controlla. Noi questo cane lo abbiamo sentito abbaiare solo in lingua francese, in Italia abbiamo visto troppi cuccioli da compagnia".
Il libro prende le mosse da tre omicidi eccellenti, quelli dei magistrati Vittorio Occorsio, Bruno Caccia e Giovanni Selis. Un libro che serve anche a raccontare le eversioni nel mondo "nero", filo che lega molti fatti. "A partire da Concutelli - spiega Antonella Beccaria -, sarebbe un filo di diversi colori. Concutelli ha ucciso Occorsio, ma lo ha ucciso non solo per l'attività di contrasto all'eversione neofascista e ad Ordine nuovo".
Le indagini dei tre magistrati
"Tutti e tre questi magistrati - spiega Repici - nell'ultimo periodo della loro vita e della loro attività di magistrati si stavano occupando delle stesse cose. Occorsio si stava occupando di sequestri di persona e del riciclaggio del denaro di quei sequestri di persona e nella sua indagine erano venuti fuori nomi che riguardavano il casino' Ruhl di Nizza che era stato acquistato, poco tempo prima, da un esponente della mafia corsa, Jean-Dominique Fratoni, con i soldi messiglì materialmente a disposizione da Roberto Calvi e da Umberto Ortolani su mandato di Licio Gelli".
Bruno Caccia, specifica l'autore, "negli ultimi mesi di vita da procuratore di Torino, si stava occupando dell'ipotesi di riciclaggio del denaro e i sequestri di persona al Casinò di Saint Vincent e anche lì, emersero gli stessi nomi. Emerse il collegamento diretto - spiega - fra Jean-Dominique Fratoni e gli altri uomini del casino' di Nizza e i vertici del Casinò di Saint Vincent e tutti i soggetti che orbitavano intorno al casinò.
Giovanni Selis, in qualità di pretore di Aosta, invece, "si stava occupando di alcuni fascicoli per usura a carico dei due principali prestasoldi che stavano tra interno ed esterno della casa del gioco di Saint Vincent e che erano collegati alla dirigenza del Casinò, i cui nomi poi emergeranno nel processo sui casinò derivato dal cosiddetto blitz di San Martino, ma anche lì escono fuori gli stessi nomi. Addirittura quattro giorni dopo l'attentato con l'autobomba subito da Giovanni Selis, in pieno centro ad Aosta, nel quale rimase vivo per un puro miracolo, gli arrivò una telefonata a casa - ricevuta dalla moglie - una telefonata anonima di rivendicazione dell'autobomba e di ulteriori minacce e con la spiegazione che l'attentato era da ricollegare ai marsigliesi".
"I marsigliesi è un circuito mafioso che era quello di cui si occupava a Roma Vittorio Occorsio, la banda delle tre B - chiarisce Antonella Beccaria -, e che avevano compiuto importanti sequestri di persona. Ma il circuito integrava anche Jean-Dominique Fratoni, i boss mafiosi italiani che intanto erano entrati nella gestione dei casino' della Costa Azzurra oltre che del nord Italia".
"E il paradosso dei paradossi è che, la notte successiva alle perquisizioni della Procura di Caccia - spiega Repici -, sostanzialmente rovesciando come un calzino il casinò di Saint Vincent e sequestrando tutti i conti correnti del casinò e di tutti i soggetti che erano legati al casino', bene la notte successiva all'hotel Bilia che è proiezione del Casino' di Sainvencant, chi si presenta? Il latitante Jean-Dominique Fratoni, evidentemente preoccupato in qualche modo di coordinarsi con gli italiani per cio' che la Procura di Caccia stava mettendo a rischio. Se si analizzano i documenti che noi abbiamo analizzato escono fuori gli stessi nomi".
La negligenza della stampa italiana (secondo gli autori)
"La cosa pazzesca - afferma Repici - è che la stampa francese e non solo la stampa, ma anche un grande intellettuale come Graham Greene, cioè uno dei più grandi romanzieri inglesi del Novecento, prima ancora del tentato omicidio Selis (del 13 dicembre dell'82) e dell'omicidio Caccia (del 26 giugno 1983) fece un j'accuse sulle infiltrazioni mafiose nei casinò della Costa Azzurra mettendo nero su bianco gli stessi nomi che, da un lato erano venuti fuori nelle vicende investigate da Occorsio, dall'altro sarebbero venuti fuori successivamente nell'inchiesta sui casino' e dall'altro lato ancora erano venuti fuori nell'inchiesta sul sequestro di Cristina Mazzotti. In Francia ci fu grandissima attenzione da parte della stampa e dei pensatori impegnati. In Italia invece tutto rimase sottotraccia, anzi tutto rimase nell'assoluta indifferenza".
"L'unico racconto - rammenta - che venne fatto per le vicende riguardanti i sequestri di persona e i casinò fu solamente la ricopiatura del pensiero o, addirittura, degli atti dei magistrati che se ne erano occupati. Quando il racconto dell'informazione non è altro che la riproposizione di atti dei pubblici ministeri, Naturalmente non si fa un buon servizio all'informazione".
Un libro "pieno" di documenti, consultabili nella parte finale
"Un archivio cartaceo che avevo conservato dagli anni ottanta in poi - commenta Mario Vaudano, magistrato in pensione, che ha indagato su alcuni fatti poi oggetto del libro -. Questo ha permesso di avere una precisione assoluta". Vaudano che racconta anche un fatto personale e poco piacevole.
"Quando arrestai il generale Giudice ed il generale Lo Prete (nel cosiddetto 'scandalo dei petrolì, ndr), ho scoperto un appunto che ci fece comprendere come mia moglie fosse stata seguita e pedinata, insieme ai miei figli ed ovviamente a me". Perchè quando si fa il proprio dovere, troppo spesso, si rischia in prima persona.