AGI – “Chiediamo una prospettiva di ripartenza ed abbiamo anche una proposta: riapriamo teatri e cinema la settimana dopo Pasqua”. Ad affermarlo il direttore del Teatro Stabile di Torino Filippo Fonsatti che all’AGI spiega: “È ormai diffusa la consapevolezza che teatri e cinema offrono procedure di sicurezza per il pubblico molto, molto elevate. Mi permetto di dire più elevate di qualsiasi altro luogo pubblico. Lo confermano i dati: non c’è stato un focolaio in un teatro o in un cinema nei sei mesi in cui siamo stati aperti l’anno scorso”.
Per Fonsatti, che ricopre anche il ruolo di vicepresidente dell’Agis, “sarebbe forse prematuro aprire nel mese di marzo, anche perché non vorremmo che accadesse ciò che è accaduto per le località sciistiche, ossia essere bloccati il giorno prima, ma nello stesso tempo ci pare che dopo Pasqua sia un periodo sufficientemente lontano perché, da una parte il vaccino e dall’altra le condizioni climatiche più favorevoli possano contenere la diffusione del virus. Quindi, convenzionalmente, anche se non ce lo ha detto nessuno, noi ci stiamo un po’ sintonizzando su un’ipotesi di ripresa a partire dalla settimana dopo Pasqua”.
Mai fermati ma ci è mancato incontro con il pubblico
Parlando di questo anno di 'stop and go', caratterizzato dalla pandemia, Fonsatti rivela: “Non ci siamo mai fermati: nel 2020 siamo riusciti ad aprire per sei mesi ed abbiamo alzato il sipario una media di due volte al giorno. E da quando il comparto dello spettacolo è stato richiuso al pubblico, abbiamo continuato a fare attività per lo streaming, realizzato dei docufilm delle produzioni che parallelamente stavano provando, facendo lavorare in questo modo decine e decine di artisti e maestranze. Forse non abbiamo mai lavorato così tanto ma quello che veramente è mancato – confessa – è l’incontro con il pubblico”.
I nostri abbonati ci hanno lasciato più di 600mila euro
Pubblico di spettatori ed abbonati, che però non ha mai mancato di fare sentire la propria vicinanza: “nel 2020 i nostri abbonati e spettatori ci hanno lasciato, rinunciando a rimborsi e voucher, più di 600mila euro e questo è un segnale di attenzione, vicinanza e solidarietà abbastanza raro. Ed anche lo scorso Natale ci sono state centinaia di persone, che hanno comprato abbonamenti al buio, senza sapere che cosa avrebbero visto, ma lo hanno fatto come investimento sul futuro. Questo è un segnale di speranza che ci incoraggia molto”.
L’anno di pandemia ha rappresentato, però anche un’opportunità : “Ci siamo resi conto di quanto fosse profondo il digital divide dello spettacolo dal vivo come comparto e ci siamo trovati nella condizione di dover colmare questo gap digitale . Alcuni forse un po’ in maniera conservatrice hanno reagito a questa situazione semplicemente mettendo qualche telecamera in platea per riprendere quello che succedeva sul palcoscenico. Un approccio, secondo me, un po’ semplicistico: ritengo, infatti, che la strada sia quella forse di mutuare quanto è avvenuto con le piattaforme multicanali come Netflix, ossia ideare dei prodotti apposta per quel tipo di supporto. E così siamo andati oltre la riproposizione dello spettacolo integrale cercando di inventarci quelli che chiamiamo docufilm, ossia qualcosa che sta tra la fiction e la realizzazione di un film, che è un documentario ma anche la riproposizione sul quel media digitale di quanto avviene sul palcoscenico”.
In questo senso, per il direttore dello Stabile torinese, questi mesi sono stati anche “un grande laboratorio” e, osserva, “credo che comunque non si potrà tornare indietro e nella proposta futura dovremo essere in grado di contemperare , bilanciare, integrare un’offerta analogica, dal vivo, in presenza, con un’offerta digitale. Secondo me, inoltre, il dialogo tra questi due canali può stimolare la creatività dei registi, dei drammaturghi per cercare un prodotto nuovo, magari con tempi e stili diversi e nello stesso tempo può comunque rendere accessibile un luogo che magari non è facile raggiungere fisicamente. Penso al pubblico di altre regioni o a persone anziane che sono minimamente digitalizzate ma che non si muovono ancora nella fase post covid o ancora ad un pubblico di ragazzi che cerca prodotti più sintetici, più brevi. Nella tragedia vivo questo come un’opportunità, un’occasione di innovazione ed il futuro lo vedo come una compresenza di offerta tradizionale in presenza e digitale sui canali social”.
La prospettiva, comunque, ora è quella di tornare ad accogliere il pubblico in sala: “se ci sarà data l’opportunità di aprire dopo Pasqua siamo pronti con un cartellone , che non si interromperà più fino alla fine dell’anno, compresi i mesi estivi. Abbiamo cinque più una produzioni pronte per il debutto non appena ci faranno riaprire e e abbiamo anche un vincolo di riprogrammazione degli spettacoli saltati l’anno scorso. Il programma fino al 31 dicembre è dettagliatamente definito e prevede che non ci si fermi mai. Salta il paradigma della stagione ma vale il fatto che qualsiasi momento buono per alzare il sipario sarà sfruttato per incontrare il pubblico. Non vediamo l’ora, noi siamo pronti”.