AGI - Eccolo di nuovo, Nicolò Govoni, il ragazzo di Cremona che ha mollato tutto per dedicarsi ai bambini nati dalla parte sfortunata del pianeta, quei piccoli che fuggono dalla fame, violenza, guerra, che con le famiglie o da soli, viaggiano per mare su un barcone rischiando di affogare.
Dopo la prima esperienza in India, in un villaggio dove con il ricavato del libro “Bianco come Dio” ha potuto contribuire alla costruzione di una biblioteca per bambini, ha proseguito il percorso a Samos, isola greca, denunciando le violenze proprio di quell’hotspot recentemente martoriato dagli incendi e dal terremoto.
Da quell’esperienza, tremenda, è nata Mazi, la scuola per i bambini profughi e con essa Still I Rise, Onlus di cui è presidente. La storia di Mazi e tutto il sentimento che l’accompagna, è ben descritta nel libro “Se fosse tuo figlio”, i cui proventi sono serviti per avviare un’altra scuola in Turchia e per il progetto di aprirne altre in altri paesi difficili come la Siria e il Kenya.
Eccolo di nuovo Nicolò, perché stavolta a far da protagonista è ancora Mazi che ad effetto domino, con la realizzazione del volume “Attraverso i nostri occhi” edito da BUR Rizzoli, aiuterà a mandare a scuola, la scuola di Still I Rise, i bambini della Siria. In mezzo a tutto questo, c’è la passione per la fotografia di Nicoletta Novara, giunta a Mazì alcuni anni fa per collaborare con Nicolò e gli altri ragazzi del team solo per alcuni mesi, ma poi diventata in tempi rapidissimi, insegnante di fotografia per i piccoli profughi dell’hotspot di Samos.
E così è nato il progetto “Attraverso i nostri occhi”, come mostra allestita all’inizio a Mazì ma che poi ha girato oltre 36 paesi, e infine si è trasformata nel volume già disponibile in tutte le librerie.
“’Attraverso i nostri occhi – spiega all’AGI Nicolò Govoni - è soprattutto opera di Nicoletta Novara che ha iniziato a Mazì come semplice volontaria: doveva stare tre mesi ma è stata assunta come insegnante di fotografia e poi si è unita a noi. Due anni fa, eravamo nella nostra piccola scuola e cercavamo di trovare un modo per dare ai ragazzi presenti la possibilità di esprimersi. Una delle grandi problematiche dell’immigrazione infatti, riguarda le storie, i racconti personali che non vengono mai raccontati. Di solito è chi accoglie che racconta le storie dei profughi, quasi mai loro stessi. Quella volta si pensò ad un modo per lasciar esprimere i bambini. Così, a completamento di un percorso fotografico fatto fare ai bambini con Nicoletta, a tutti loro è stata data un kodak usa e getta e gli è stato detto di fotografare la loro vita dentro e fuori il campo".
"Il risultato di tutto questo – aggiunge Govoni – è stato un documento di grande valore, dove veniva rappresentata da un lato, la lotta per la sopravvivenza, quella del campo profughi, dall’altra la vita, quella dei bambini che andavano al mare, a fare la spesa al supermercato. Ad aprile del 2019, è stata così allestita una mostra nella scuola, abbiamo invitato gli amici dell’isola, ricordo bene il discorso della 16enne afgana che spiegò cosa vuol dire essere profughi…. vieni ignorato. E dopo Mazì, l’esposizione ha iniziato a girare, è arrivata in tanti paesi del mondo e su giornali molto importanti. Da qui l’idea di trasformare tutto in un libro. Un libro realizzato a tante mani dove io ho scritto la ‘favola di Nur e suoi amici’, un racconto di fantasia ispirato alla vita all’hotspot di Samos.
Ma dentro, poi ci sono le foto dei bambini”. Foto emblematiche che gridano sconcerto e vita insieme. Ognuna di esse è accompagnata da un pensiero dell’autore dello scatto. “La risata di questo ragazzo – scrive Anita, autrice della foto – mi ha dato molto coraggio. Mi ha aiutata a capire che non importa dove ci si trovi, è possibile trovare qualcosa per cui ridere anche nelle situazioni piu’ difficili”. E la foto ritrae un ragazzino che ha acceso un fuoco di fortuna fra tende e sporcizia, per scaldarsi.
Il libro, presentato il 5 novembre alle ore 18 con uno speciale evento online sul sito della libreria Il Giardino dei Libri ha previsto la partecipazione di una delle piccole autrici delle fotografie, che porta la propria testimonianza al fianco di Nicolò Govoni e Nicoletta Novara e di Pietro Bartolo, Vicepresidente Commissione LIBE al Parlamento Europeo.
L' occasione permette di lanciare anche il primo episodio della web-serie “Attraverso i nostri occhi”: un documentario che permette ancora di più al pubblico di capire e conoscere la realtà quotidiana vissuta dagli adolescenti profughi.
Il libro si apre quindi con la favola scritta da Nicolò Govoni, prosegue con i contributi di Nicoletta Novara che introduce le due sezioni pre e post pandemia, per poi arrivare al cuore pulsante del progetto: le fotografie dei bambini e ragazzi profughi sull’isola, che raccontano una quotidianità divisa tra gli orrori di un campo profughi disumano e lo splendido stupore nella scoperta della cultura europea, in cui si immerge la loro speranza di un domani migliore.
“A Mazì abbiamo usato la fotografia per restituire loro la prima persona singolare. Non volevamo che qualcun altro parlasse per loro, ma abbiamo cercato di comprendere meglio, attraverso i loro occhi, la condizione di rifugiato», racconta Nicoletta Novara, insegnante del corso e curatrice del progetto. "L’hotspot di Samos - aggiunge - sembra lavorare sul filo sottile dell’annientamento umano, piuttosto che sul fronte dell’accoglienza. I nostri studenti combattono ogni giorno una battaglia personale di resistenza contro un sistema che non li percepisce come esseri umani in una condizione di fragilità quanto piuttosto come una entità scomoda e non degna di far parte della società civile».
E Nicolò Govoni, attualmente in Kenya per seguire il progetto di apertura di un’altra scuola per bambini profughi e svantaggiati, dopo quella aperta in Siria, (una è prevista anche in una località italiana), spera di poter quanto prima presentare il libro dal vivo, in un tour già organizzato in dicembre, pandemia permettendo. “L'autore della foto di copertina del libro (bambini che giocano sulla spiaggia di Samos con i piedi in mare) è di Faizuddin un ragazzino afgano di 11 anni, un mezzo genietto che parla bene inglese. È un bravo ragazzo - dice orgoglioso Nicolo' - sono molto felice di aver potuto pubblicare con Rizzoli. Sono sette anni che lavoro per raggiungere questo obiettivo: permettere a bambini che vivono ignorati di raccontarsi senza intermediari, senza filtri, senza strumentalizzazioni. Mettere la mia voce e la mia piattaforma al loro servizio è l’onore della mia vita. Aspettiamo con fiducia la fine della pandemia”.