AGI - "Attrici facili e infedeli, un’erudita insaziabile, una nipote avida e ingrata": sono gli amori di Voltaire, gli intrecci segreti del filosofo faro dell'Illuminismo europeo, i protagonisti del nuovo libro di Claudio Guidi, sesto volume del suo monumentale lavoro sugli aspetti inediti dei grandi protagonisti del Settecento francese. In "Voltaire in salsa amorosa", il giornalista e studioso abruzzese affronta i complessi rapporti della vita privata di Voltaire, in particolare quello con le donne che ha amato, ma anche il conflittuale sodalizio intellettuale e umano con Federico il Grande.
I tradimenti al "cornuto contento"
Protagonista di parecchie avventure amorose con diverse attrici dal cuore volubile, che lo hanno spesso visto nella veste del “cornuto contento”, come con raffinata ironia amava definirsi, Voltaire è passato dall’amore profondo per una donna di incredibile erudizione come Mme du Châtelet, traduttrice dei Principia di Newton, che lo ha ricoperto di corna e di debiti, ma che non esitava a mostrarsi nuda davanti al suo lacchè, a quello ugualmente contrastato con sua nipote. Con un linguaggio punteggiato da un turpiloquio spesso scioccante, quando da cortigiano di Luigi XV si lamenta di essere confinato “vicino al più puzzolente cacatoio di Versailles”, il patriarca di Ferney non esita ad incoraggiare il più grande libertino di Francia momentaneamente all’estero, l’amico duca di Richelieu, a rientrare a Parigi, dove troverà ad aspettarlo parecchi “culi sodi”. Non meno sconvolgente è la vasta corrispondenza in italiano con la nipote Mme Denis, a cui dichiara: “Vorrei essere il solo a potervi fottere, nipote mia”.
Il lato oscuro del filosofo
Questo genio così multiforme non esiterà nel corso della sua vita a compiere azioni moralmente a dir poco riprovevoli, come quella di offrirsi come spia Prima si offre come spia al governo francese per svelare le intenzioni del re di Prussia suo amico o di speculare con compagnie che partecipano alla tratta degli schiavi. Non a caso e pur ammirandone in maniera sconfinata la genialità, proprio Federico il Grande non esiterà a definirlo “maligno come una scimmia” e “uno scimpanzé che merita solo la frusta”, ma anche “il più grande scellerato dell’universo”, chiedendosi alla fine cosa si possa fare per “rendere Voltaire meno filibustiere”.
Quella frase tollerante mai pronunciata
Il volume, tra l'altro, smaschera poi con un’ampia documentazione l’ancora radicato luogo comune della frase ripresa ad ogni piè sospinto “detesto ciò che dite, ma darei la mia vita affinché possiate avere il diritto di dirlo”, che Voltaire non ha mai pronunciato, né tantomeno scritto. In realtà in fatto di tolleranza verso i suoi nemici il patriarca di Ferney si è sempre dimostrato implacabile, prova ne è la chiusa di tutte le sue lettere ai suoi allievi enciclopedisti, in cui in riferimento alla Chiesa di Roma li invita continuamente a lottare con i loro scritti contro di essa, in modo da écraser l’Infâme, schiacciare l’infame, come definisce la religione cattolica. L’altra rivelazione riguarda gli ultimi mesi di vita di Voltaire, abbandonato dall’avida nipote nelle mani di due megere chiamate a fargli da badanti, che invece preferiscono stare attaccate alla bottiglia e lo torturano lasciandolo nel più completo abbandono. A questo riguardo il volume rivela infine che il patriarca di Ferney si sarebbe suicidato, lasciandosi morire di fame, come conferma un suo parente, nel constatare che è “oltremodo doloroso vedere un uomo suicidarsi con la sua ostinazione, mentre avrebbe potuto vivere ancora quindici anni”.