"Mi dispiace aver dovuto dedicare tante pagine alla falsa accusa di cui sono stato vittima, ma la cosa ha portato acqua al mulino dello scrittore, aggiungendo un suggestivo elemento drammatico a una vita altrimenti abbastanza banale". Col suo solito umorismo Woody Allen spiega, alla fine della sua autobiografia 'A proposito di niente', uscita in formato digitale per 'La nave di Teseo', perché una buona parte del libro sia dedicato alla replica alle accuse di molestie mossegli da Mia Farrow e dalla figlia Dylan.
L'altro figlio della coppia (unico naturale), Ronan Satchel Farrow, giornalista e paladino del movimento MeToo è diventato il grande accusatore di Allen riuscendo a bloccare la pubblicazione dell'autobiografia (e autodifesa) da parte del Gruppo Hachette ( leggi sul blog Settima Arte l'articolo: "Woody Allen deve morire. In silenzio").
Ora un altro editore - Arcade Publishing - è subentrato negli Usa e il regista avrà voce anche laggiù. Intanto 'parla' in Italia. E lo fa con un libro come sempre molto acuto e ricco di aneddoti, dove la parte dedicata all'autodifesa è consistente e significativa.
Stavolta parla Woody Allen
E' la prima volta che Woody Allen parla diffusamente e in dettaglio delle accuse di molestia e si difende accusando. Ovviamente Mia Farrow, colpevole a suo dire di aver plagiato di due figli piccoli - Dylan di 7 anni, convincendola che era stata molestata dal padre adottivo, e Ronan di 5 anni a cui aveva fatto "il lavaggio del cervello" convincendolo che il padre era un orco - che si era voluta vendicare del tradimento di Allen con la figlia adottiva Soon-Yi Previn. Accuse che sono state cavalcate dal movimento MeToo per cui Woody Allen è diventato un simbolo del molestatore e - forse - del predatore sessuale. Di minori, per giunta.
Ci sono dei mentecatti
"Ci sono ancora dei mentecatti che pensano che io abbia sposato mia figlia, che Mia fosse mia moglie, che io avessi adottato Soon-Yi e che Obama fosse americano. Ma non c’è mai stato nessun processo. Non sono mai stato accusato di nulla perché, com’è stato chiaro agli inquirenti, non è mai successo nulla", spiega il regista raccontando gli esiti del processo.
Secondo le accuse di Mia Farrow, che cita una baby-sitter, il 4 agosto del 1992 Woody Allen avrebbe praticato un abuso sessuale sulla figlia adottiva di 7 anni Dylan. Il 7 ottobre del 1993, 14 mesi dopo le due cause intentate dallo Yale New Haven Hospital e dallo Stato di New York, le accuse contro il regista vengono ritirate perché, come notificato dalla lettera giudiziaria, "non ci sono prove credibili" e le "accuse sono infondate".
Basta l'accusa per essere colpevole
"La gente crede in quello in cui ha bisogno di credere, per motivi di cui a volte non si rende conto", scrive Woody Allen poi cita Alan Dershowitz che ne suo libro 'Guilt by Accusation' sostiene che "basta essere accusati per essere ritenuti colpevoli". "Se ne ho scritto - spiega il regista in 'A proposito di niente' - è solo perché nella mia vita ha avuto una parte così drammatica. Spero che darà coraggio alle persone oneste che hanno fatto la scelta giusta schierandosi dalla parte della verità".
Perché non ha mai replicato alle accuse
Quindi spiega perché, pur venendo attaccato, di rado abbia replicato o sia sembrato troppo sconvolto. "Bene, se l’universo è un caos maligno e insensato - scrive - che importanza può avere una piccola, falsa accusa nell’ordine delle cose? In secondo luogo, essere un misantropo ha i suoi vantaggi – la gente non può mai deluderti. Per finire, se sei innocente hai una prospettiva molto diversa rispetto a come vedresti le cose se fossi colpevole. Anziché temere le indagini, non vedi l’ora che vengano fatte, perché non hai niente da nascondere. Sei felicissimo di fare il test della macchina della verità anziché scansarlo".
Poi aggiunge, tirando fuori quell'arguzia comica che lo ha reso famoso, "non essendo mai stato interessato a quello che verrà dopo di me, che cosa posso dire? Ho ottantaquattro anni; sono quasi arrivato a metà della mia vita. Alla mia età, ormai ho poco da perdere. Non credendo in un aldilà, non vedo che cosa possa cambiare se verrò ricordato come un regista o come un pedofilo. Chiedo solo - aggiunge in perfetto stile Woody Allen - che le mie ceneri vengano sparse vicino a una farmacia".
Ronan e Dylan manipolati da Mia Farrow
Nell'autobiografia Allen non se la prende mai con i figli. Anzi, li giustifica. Dylan, scrive, "è cresciuta con la convinzione assurda di essere stata vittima di molestie. E lo stesso e successo a Satchel. Bambini di sette e cinque anni, facilmente suggestionabili e dipendenti unicamente da una madre manipolatrice".
Poi cita la 'lettera aperta' scritta da Dylan in cui sosteneva che il padre adottivo l’aveva molestata. Una lettera scritta, secondo Allen, col solo scopo di gettare fango su di lui come da indottrinamento della madre.
Le verità di Dylan e Ronan Farrow
Da quella lettera sono iniziati i guai per Woody Allen. "Con l’avvento dell’era di #MeToo, la lettera poteva essere spacciata come un esempio di 'donna che fa sentire la propria voce', approfittando di un movimento del tutto legittimo - scrive il regista -. Il fatto che una falsa accusa si ritorcesse contro le donne realmente molestate sembrava essere secondario". E Ronan Satchel Farrow? "E' sempre stato un paladino del diritto delle donne di far sentire la propria voce - scrive - ma, quando Soon-Yi (sorellastra e moglie di Woody Allen da oltre 20 anni, ndr) ha raccontato la propria versione dei fatti, non gli e piaciuto quello che ha sentito. A lui, certo, sta bene che le donne dicano la verità, basta che sia la verità approvata dalla mamma".
La parte relativa all'autodifesa è dettagliata e rigorosa (anche con molte citazioni dal processo e dalle perizie psichiatriche), e Woody Allen non manca di fare un'amara considerazione: "Tanti, nel mondo dello spettacolo, dicevano in privato, a me e ai miei amici, di essere allibiti per l’ingiusto e disgustoso trattamento che ricevevo dai media, e che erano dalla mia parte; ma quando poi si chiedeva loro perché stessero zitti, ammettevano di temere ripercussioni sul lavoro".
I miei amici hanno paura
"Ironia della sorte - commenta con amarezza il regista - era lo stesso motivo per cui le donne per anni non avevano denunciato chi le molestava: la paura che le loro carriere venissero danneggiate". E ringrazia chi, invece, non ha avuto paura di difenderlo: tra loro Alec Baldwin, Javier Bardem, Scarlett Johansson, Diane Keaton, Ray Liotta, Catherine Deneuve, Charlotte Rampling, Jude Law, Isabelle Huppert, Pedro Almodóvar, Alan Alda.
Pensiero a parte per Timothée Chalamet, protagonista di 'Un giorno di pioggia a New York' (film uscito in Italia con la Lucky Red, ma mai distribuito negli Usa): "Ha manifestato il rammarico di essere comparso in un mio film e l’intenzione di versare il suo cachet in beneficenza - scrive Allen - ma a mia sorella ha giurato di averlo dovuto fare perché era in lizza per l’Oscar con 'Chiamami col tuo nome', e lui e il suo agente avevano pensato di avere maggiori chance di vincere prendendo le distanze da me".
Dedicato a Soon-Yi
Malgrado la parte dedicata alla sua autodifesa sia corposa, il volume di oltre 400 pagine contiene molto altro ed è ricco di aneddoti personali e battute fulminanti. Allen racconta la sua vita, i suoi amori, come nascono i suoi film, il rapporti con le sue fobie che poi diventano la chiave comica dei suoi film. Parla del suoi amore per Soon-Yi a cui dedica il libro ("A Soon-Yi, la migliore. Pendeva dalle mie labbra e poi mi ha avuto in pugno"), delle loro due figlie adottive e traccia un bilancio della sua vita concludendo alla sua maniera: "Come riassumere la mia vita? Tanti stupidi errori compensati dalla fortuna. Il mio rimpianto più grande? Che ho avuto milioni per fare film in totale libertà e non ho mai girato un capolavoro".
'A proposito di niente', che da oggi ‘La nave di Teseo’ rende disponibile su tutte le piattaforme autorizzate al prezzo di 15.99 euro, dal 9 aprile dovrebbe arrivare nei negozi in versione cartacea - se le disposizioni del governo in materia di coronavirus lo consentiranno - al prezzo di 22 euro.