E ra il pomeriggio del 29 ottobre del 1927. In posa, per la foto di rito, 29 persone (una sola donna, Marie Curie). Diciassette erano o sarebbero diventati premi Nobel, per la fisica o la chimica. Una foto destinata a fare storia, scattata a Bruxelles poco prima della cena di chiusura della V Conferenza di Solvay (fondati dall'industriale belga Ernest Solvay, i congressi di Solvay sono una serie di congressi scientifici che si tengono nella capitale belga ogni tre anni, a partire dal 1911), il più importante raduno di studiosi e scienziati che in autunno si ritrovavano chiamati dal mecenate e grande amico di Alfred Nobel. In questa foto e a quella cena si svolse il più importante ritrovo di cervelli della storia. Albert Einstein chiamò quei giorni 'witches’ Sabbath', il convegno delle streghe. Di quella sera non è rimasto granché: non un libro ufficiale, non un blocco degli appunti, solo frasi sparse qua e là nelle lettere che i protagonisti si scambiavano, ma che nessuno ha mai ritenuto importante pubblicare fino a poco tempo fa. La più importante cena di sempre della fisica quantistica si aprì, dopo 5 giorni di congresso, alla Taverne Royale, presenti i reali del Belgio, con una prima portata con 'crème de volaille à l’ancienne', annaffiata da Chȃteau St. Pierre del 1916 e terminerò con una 'bombe glacée nelusko, fruits et desserts, accompagnati da Monopole Heidesieck, 1915. In tutto sette portate. Tutto questo racconta Gabriella Greison in 'L'incredibile cene dei fisici quantistici'.
In piedi, in terza fila: A. Piccard, E. Henriot, P. Ehrenfest, E. Herzen, Th. de Donder, E. Schrödinger, J.E. Verschaffelt, W. Pauli, W. Heisenberg, R. Fowler, L. Brillouin; Nella fila centrale: P. Debye, M. Knudsen, W.L. Bragg, H.A. Kramers, P.A.M. Dirac, A.H. Compton, L. de Broglie, M. Born, N. Bohr; Seduti davanti: I. Langmuir, M. Planck, M. Skłodowska-Curie, H.A. Lorentz, A. Einstein, P. Langevin, Ch.-E. Guye, C.T.R. Wilson, O.W. Richardson
Gli scienziati (leggi qui le biografie dei 29 partecipanti) si erano ritrovati al Congresso Solvay per presentare le loro nuove scoperte, che avrebbero posto le basi dell fisica e della meccanica quantistica. Ma soprattutto, tutti andarono a Bruxelles per assistere allo scontro annunciato tra Einstein e Bohr. I due si stimavano, ma non andavano d’accordo praticamente su nulla. Bohr era più preparato, quello era il suo campo di studi, mentre Einstein era più influente e veniva interpellato per qualunque questione concernente la fisica (e non solo). Ma soprattutto, Einstein era in grado di smontare le argomentazioni dell’avversario con esempi ingegnosi a cui era difficile controbattere.
Lo scontro tra Einstein e Bohr
Durante le sedute tematiche del congresso, leggiamo su Oggi Scienza, i due non risparmiarono critiche e provocazioni, ribattendo a ogni stoccata dell’avversario come in un incontro di tennis: Bohr “da fondo campo”, elegante e garbato, Einstein “a rete”, sempre energico e instancabile. Il meglio, però, non venne in quei momenti, ma durante la cena di gala alla Taverne Royale, alla presenza della famiglia reale del Belgio.
"Negli anni Venti l’Europa viveva un periodo di stabilità e i nazionalismi non minacciavano ancora gli equilibri geopolitici del continente. Gli scienziati potevano dunque viaggiare e incontrarsi per scambiare idee sul tema che li assillava di più: la meccanica quantistica. Stava nascendo questa nuova disciplina, che avrebbe permesso di capire i segreti dell’atomo e di usarli per realizzare nuovi strumenti. A discutere di tutto questo erano fisici teorici e sperimentali che avevano avuto (o avrebbero avuto nell’immediato futuro) l’onore di ricevere un premio Nobel: Niels Bohr, mente della cosiddetta interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica, Albert Einstein, padre della teoria della relatività, Wolfang Pauli, ideatore del principio di esclusione, Werner Heisenberg, a cui si deve il principio di indeterminazione, e tanti altri ancora". Leggi qui l'articolo integrale.
Sono passati 90 anni esatti dallo scatto di quella fotografia in bianco e nero. Una foto a cui la storia scientifica dell'umanità deve tutto, e quindi anche noi oggi. Questa fotografia è stata l'ossessione per una fisica dei giorni nostri, Gabriella Greison (anche scrittrice e attrice teatrale), che ha deciso tre anni fa di prenderla in mano e mettersi a raccontarla, nei suoi libri e a teatro. È andata a Bruxelles, e ha ricostruito l'intera settimana che questi fisici hanno passato insieme, e dalle sue ricerche in archivi e le traduzioni delle lettere, ha trovato così tanto materiale da scrivere un romanzo “L'incredibile cena dei fisici quantistici” (Salani editore), diventato bestseller lo scorso anno, in cui racconta con dettagli minuziosi il menù della serata, la disposizione degli invitati a tavola e anche le manìe, i tic e le insofferenze di questi fisici del XX Secolo che hanno fatto la storia.
Uno spettacolo teatrale itinerante
“Questa fotografia mi ha ossessionato fin da piccola. La vedevo ovunque, durante i miei anni di fisica all’università di Milano, e poi dopo quando ho lavorato all’ecole polytecnhique di Parigi, era una gigantografia all’ingresso…ho trovato pace soltanto quanto ho iniziato a raccontare tutti gli aneddoti legati a questi uomini straordinari che hanno cambiato il mondo”, dice Greison, che da due anni porta in giro nei teatri italiani “1927 Monologo Quantistico”, uno spettacolo che interpreta sul palco e affascina tutti riempiendo platee, al punto da continuare anche quest'anno con il tour, senza fermarsi mai (qui le date). Il monologo è prodotto dal Teatro Menotti e ha la regia di Emilio Russo.
“Nella fotografia si riconosce subito Einstein, la cui immagine è più famosa di qualsiasi altra icona pop, da Che Guevara a Madonna, ci sono anche Heisenberg, Schroedinger, Niels Bohr, e l'unica donna è Marie Curie”. Proprio a Marie Curie, la Greison dedica un tributo, il giorno in cui si festeggiano in tutto il mondo i 150 anni dalla nascita, con una data unica di un suo nuovo monologo, chiamato “Due donne ai Raggi X – Marie Curie e Hedy Lamarr, ve le racconto io” (regia Giampiero Cicciò, con cui l'ha scritto), il 7 novembre 2017 al Teatro Sala Umberto di Roma. Un giorno importante, e lei ha voluto renderle omaggio.
“Sì, avevo la necessità di raccontare Marie Curie in uno spazio tutto suo, è troppo importante come donna, come scienziata e per tutte le vicende che ha vissuto, non solo quelle più conosciute, come i 2 Nobel vinti, ma anche per i suoi baratri, le sue paure. E specchiandoci nelle sue paure possiamo capire anche le nostre”, dice la Greison, che conclude: “A 90 anni dalla foto che mi ha ossessionato da una vita, sono felice di tutto il lavoro che sto costruendo intorno, ma sono solo all'inizio. I fisici del XX Secolo a quei tempi erano delle vere e proprie rockstar: ho ancora tanto da dire su di loro. Il prossimo che affronto sarà Niels Bohr e la sua Copenaghen".