“Cammino a mezzo metro da terra, perché ogni mio romanzo è come un sogno che vive nella mia mente e vedere il mio “Tre piani” che diventa un film è un sogno che si materializza. Sul set di Nanni Moretti ho spento il cellulare, perché volevo immergermi completamente nel momento”. Così lo scrittore di Tel Aviv Eshkol Nevo, 48 anni, nipote del terzo primo ministro israeliano, il laburista Levi Eshkol (i genitori gli hanno dato come nome il suo cognome ma aveva solo due anni quando è morto) racconta il suo primo incontro con il regista che per il suo nuovo film, il primo non nato da un suo soggetto originale, ha scelto di guardare verso Israele, affidandosi a “Tre piani” il suo ultimo romanzo uscito in Italia nel 2017.
Per il suo “Tre piani” cinematografico Moretti trasporta in un condominio romano le tre storie e le relative passioni, solitudini, e fragilità che si intrecciano in una palazzina borghese vicino a Tel Aviv, con un cast dove accanto a lui spiccano Margherita Buy, Riccardo Scamarcio e Alba Rohrwacher. Al primo piano abita una famiglia con due figlie, una delle quali viene spesso affidata a un’anziana coppia di vicini. Al secondo vive quella che chiamano “la vedova” sposata con un uomo che viaggia sempre per lavoro lasciandola sola ad occuparsi dei figli. Al terzo piano c’è una giudice in pensione, vedova per davvero che cerca di instaurare un dialogo con il marito morto attraverso una vecchia segreteria telefonica ed è in rotta da anni con l’unico figlio.
Nevo, scrittore “cult" della nuova generazione letteraria israeliana, pubblicato in Italia da Neri Pozza, era a Roma il 26 giugno per l’intervista pubblica con il direttore della Stampa Maurizio Molinari che ha chiuso la dodicesima edizione del Festival internazionale “Ebraica”, e ha approfittato dell’occasione per una visita sul set di Moretti. Era la prima volta che si vedevano, ha raccontato a Molinari, dopo un lungo carteggio via mail: “Due anni fa ero sul divano di casa mia a Tel Aviv quando mi è arrivata la prima mail di Moretti. Diceva semplicemente: “Mi è piaciuto il tuo romanzo, vorrei farne un film, è ok per te?”. Inizialmente ha pensato che si trattasse “di una fake mail”. Per smascherare quello che credeva il finto Nanni Moretti gli ha chiesto qual era la sua visione del libro e del film: “Quando lui mi ha risposto con una mail lunga e dettagliata mi sono convinto”. Ma il primo incontro dal vivo con il regista sarà anche l’ultimo sul set, ha chiarito poi Nevo al telefono con l’AGI durante il suo viaggio in treno per Milano, dove il 27 giugno ha dialogato con Malcom Pagani alla biblioteca Sormani di Milano, per poi spostarsi a Como alla libreria Ubik con Marco Balzano.
Non le piace frequentare i set?
“Mi piace, è stata una grande emozione per me. Ma non voglio interferire. Mi fido totalmente di Moretti, mi piace il suo lavoro, è molto famoso in Israele, soprattutto per “Caro diario” e “La stanza del figlio” che ho amato molto, e sono felice che al di là delle differenze, i libri uniscano le culture. Ma la mia policy personale non prevede coinvolgimenti negli adattamenti (la sceneggiatura del film è firmata da Moretti, Federica Pontremoli e Valia Santella ndr). È la prima volta che un mio romanzo diventa un film ma i miei libri sono stati già portati a teatro e anche in quel caso non ho voluto immischiarmi in una forma d’arte diversa dalla mia. Tornerò a Roma in ottobre, per presentare il mio nuovo libro “The last interview” e probabilmente rivedrò Nanni. Ma allora il film sarà finito e sarà bene così, perché non voglio decidere nulla.”
Che dobbiamo aspettarci da “The last interview”?
“Non voglio anticipare molto. Posso solo dire che è molto politically uncorrect, ma non sarà un romanzo politico. Ed è anche il mio libro più buffo e più triste nello stesso tempo. Quando è uscito in Israele sono stato sommerso dalle mail dei lettori”.
Moretti a parte, il cinema italiano che influenza ha su di lei?
"Mi sono abbeverato a Federico Fellini e, soprattuto a Ettore Scola. E tra i registi contemporanei, Moretti a parte, sono rimasto molto colpito da Paolo Genovese e dal suo “Perfetti sconosciuti”, perché racconta un rapporto di amicizia simile a quelle che si instaurano in Israele, per i segreti in qualche modo affini a quelli del mio “Tre piani” e anche per l’uso smodato del telefonino e dei social media. Perfino con i miei amici de “La simmetria dei desideri” (il romanzo uscito nel 2010 in Italia che l’ha consacrato sulla scena internazionale ndr) ormai ci parliamo solo via messaggini. E non è la stessa cosa, la tecnologia ci sta rovinando, rendendoci meno umani. Ho dovuto usare i mezzi pubblici per tre mesi perché mi avevano ritirato la patente: a Tel Aviv sono pieni di gente che parla al telefono a voce alta e ho ascoltato storie di mariti abbandonati dalle mogli, liti furibondi e anche dettagli di operazioni militari. Una miniera per me e per il mio lavoro, ma mi chiedo se esiste ancora qualcosa di privato”.
Personalmente che rapporto ha con smartphone e social media?
“Non utilizzo personalmente i social media, altrimenti non avrei tempo per scrivere, ma la mia scuola di scrittura creativa di Jaffo che ho fondato nel 2014 e dirigo con la poetessa Orit Gidali, ne è dotata. Quando lavoro ai miei romanzi , essenzialmente al mattino, dalle 9 al ritorno a casa per pranzo della prima delle mie tre figlie, metto il cellulare in un’altra stanza e non mi concedo neanche una sola occhiata al web. Ho bisogno di una concentrazione assoluta”.
Lo sa vero che, adesso che Moretti l’ha scelta, i suoi lettori italiani si moltiplicheranno…
Ho un rapporto speciale con i lettori italiani. Sono “amazing”, davvero appassionati, intervengono entusiasti ai vari festival letterari. Non è così scontato negli altri paesi. A Milano tempo fa una signora mi si è avvicinata dicendomi che la lettura del mio “Tre piani” le aveva permesso di perdonare se stessa. Non ha specificato il motivo, ma dopo quelle parole io mi sono sentito uno scrittore felice. All’Italia poi sono personalmente molto legato: anni fa ha tenuto un corso intensivo di scrittura creativa alla Holden di Torino, tra i miei scrittori preferiti ci sono Italo Calvino, Natalia Ginzburg, Elena Ferrante e Paolo Giordano di cui, proprio in questo momento sto leggendo “Divorare il cielo”.
E del calcio italiano cosa ne pensa visto che il pallone è un collante dell’amicizia tra i protagonisti del suo “La simmetria dei desideri”?
“Sono appassionato di calcio, nonostante le squadre israeliane vincano molto poco e agli ultimi campionati mondiali, dove Israele non si era qualificata, ho tifato Italia”.
Lei fa parte degli scrittori israeliani critici verso il governo Netanyahu, come vede il ritorno in campo per le elezioni del 17 settembre, appena annunciato, dell’ex premier Ehud Barak, l’ultimo di centrosinistra, con un nuovo partito di opposizione?
“È troppo presto per esprimere un’opinione. Certo è che questo non è un buon momento e oggi in questa fase così piena di attriti e divisioni Israele ha davanti a sé una grande sfida alla quale noi scrittori possiamo partecipare: oggi che in tanti puntano alla deumanizzazione del nemico, noi invece dobbiamo avviare un processo inverso: umanizzandolo, dimostrando che siamo tutti vulnerabili allo stesso modo e che dobbiamo unirci”.