In occasione del 50° anniversario del 1968, Agi Agenzia Italia ha ricostruito l’archivio storico di quell’anno, recuperando il patrimonio di tutte le storiche agenzie italiane e internazionali, organizzando una mostra fotografica e multimediale che sarà allestita al Museo di Roma in Trastevere dal 5 maggio al 2 settembre 2018. Si chiama "Dreamers. 1968: come eravamo, come saremo”. Nel catalogo della mostra, i contributi di alcuni dei protagonisti e degli studiosi di quell'anno così fondamentale nella storia del Ventesimo secolo. Quello che segue è l'intervento di Giulia Morini, direttrice di Radioimmaginaria.
Quando sento parlare del ’68, mi accorgo di non saperne abbastanza. Penso che faccia parte di quella lunga serie di argomenti che non si affrontano mai nel programma di storia, a scuola, ma che effettivamente sarebbero quelli più importanti da sapere, che ci aiuterebbero a capire molto di più del mondo in cui viviamo oggi.
Un’immagine che mi viene in mente sempre quando si parla del Sessantotto è la folla di persone, studenti, operai e altre fasce della società, riempire le strade. Persone che stavano in piedi e protestavano per qualcosa che non andava bene, che volevano cambiare. Molto spesso a noi adolescenti viene proprio fatto notare questo: che se anche una cosa non ci piace, se una legge non è giusta, se siamo contro un’idea o un partito politico, l’idea di trovarci per far casino, per protestare, non ci viene in mente. Sembra che non ce ne importi nulla. In realtà non è così.
Washington, la folla della “March for our lives” contro l’uso delle armi negli Stati Uniti, 24 marzo 2018.
Io faccio parte da tanti anni di Radioimmaginaria, un network europeo che mette davanti a tutto la parola di noi adolescenti. E non scendiamo in piazza a protestare, non aspettatevi che mai lo faremo, perché non è nelle nostre corde, non è una modalità che ci appartiene. Ma la nostra voce la facciamo sentire, attraverso la radio, attraverso il nostro pensiero non intrappolato nelle immagini, nei video e nei social. Sembrerà assurdo, ma ci siamo presi il compito di fare una piccola rivoluzione, come tanti hanno fatto nel ‘68, e far capire a tutti che un mondo senza adolescenti non deve più esistere, che per costruire un futuro migliore è importante ascoltare anche noi, perché vorremmo essere influenti sulle questioni che ci riguardano.
Perché, anche se non possiamo ancora votare, siamo noi quelli che abiteranno il futuro. In questi giorni in America tantissimi ragazzi di ogni scuola stanno protestando contro l’uso non regolamentato delle armi. Stanno creando un movimento potentissimo e lottano per la vita. Ho letto articoli, mi sono informata e mi è dispiaciuto non essere stata lì con loro a condividere e far sentire la mia voce. E forse quello che ci accumuna, noi e quelli che nel 68 c’erano, è proprio questo sentimento di unione sotto un unico obiettivo: far valere le nostre idee, anche se a volte sembra difficile avere la sensazione di diventare influenti.
"Quelli che hanno fatto il 68” come dice mio nonno, hanno cambiato il mondo in cui viviamo, e finché anche noi continueremo a combattere per i nostri sogni, un legame con noi io ce lo vedo. Questo è la sensazione che mi rimane del Sessantotto. Nel mio piccolo, spero di portare un po’ di rivoluzione anche nella mia vita.
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