D ov'è (e, soprattutto, chi è) Banksy, lo street artist inglese più famoso del mondo, che in quasi 20 anni di ‘carriera’ ha portato la sua graffiante ironia sui muri di tutto il mondo? Se un libro ci svela dove sono o dove erano le opere più conosciute dell’artista, nessuno ancora sa rispondere alla domanda ‘chi è Mr Banksy?’. Chi si nasconde dietro il cappuccio della felpa che Banksy indossa sempre mentre crea le sue opere per le strade delle città?
Nel corso degli anni si sono succedute ipotesi di vario genere, da Damien Hirst con il quale ha più volte collaborato, al writer francese Thierry Guetta, passando per l’artista di strada Robin Gunnigham fino all’ipotesi che Banksy possa essere anche una donna. Ma una gaffe del dj Goldie, mentre disquisiva con il conduttore della trasmissione sulla facilità con sui si vendono le opere di Banksy, ha fatto ricadere i sospetti su Robert Del Naja, frontman della band trip-hop Massive Attack.
Un libro per raccontare Mr Banksy
Il libro, dal titolo ‘Ma dov’è Banksy?’ ed edito da L’ippocampo, cerca di ripercorrere tutta la carriera di Banksy nel mondo della street art, dagli esordi nel 1999 a Dismaland (2015) e fino alle creazioni più recenti realizzate nel 2016 e nel 2017 come ‘The Walled Off Hotel’ a Betlemme.
Un’immagine fotografica e un’analisi approfondita presentano in modo cronologico ogni opera, la sua genesi e i molteplici livelli di significato. Una serie di mappe con le coordinate geografico e gli anni dei suoi lavori documenta l’evolversi di questo fenomeno planetario, dagli interventi nei musei alle aste memorabili di alcuni suoi pezzi. Seppur la sua identità rimane un mistero, Banksy spesso si diverte a monopolizzare le prime pagine di cronaca spiazzando tutti con un concentrato di genialità. Il libro, inoltre, cerca di far capire come nelle opere dell’artista di Bristol si fondino la critica sociale con la denuncia dell’autorità costituita, la lotta al pregiudizio con la mera satira. Un modo per accompagnare il lettore a scoprire da vicino i luoghi dove Banksy, maestro di camaleontismo, ha messo in luce attraverso le proprie opere: verità nascoste o ignorate, o semplicemente troppo reali per essere affrontate apertamente.
Il mistero sulla sua identità svelato?
“Dammi una scritta da graffiti, mettila su una maglietta e scrivici ‘Banksy’ e siamo a posto. Possiamo venderla subito (…) Non voglio mancare di rispetto a Rob, penso che sia un artista brillante. Penso che abbia ribaltato il mondo dell’arte”. Sono queste le parole di Dj Goldie che hanno fatto il giro del mondo e hanno convinto sempre più fan che il Rob di cui si parla è Robert Del Naja. Il legame, quello tra Banksy e Del Naja, è rivendicato già da tempo: entrambi di Bristol, entrambi graffitari e lo stesso Banksy ha confessato più volte di aver subito l’influsso artistico di Del Naja, che in alcuni casi ha con lui anche collaborato.
I primi anni di Banksy
Un estratto del libro parla proprio dei primi anni di Banksy, di quando ancora viveva a Bristol prima di trasferirsi a Londra e delle sue influenze artistiche: “Dei primi anni si sa pochissimo. Banksy frequenta diversi writer di Bristol come Inkie e Robert Del Naja. I primi tempi usa lo stencil solo per la firma. Poi comincia a usarlo per il disegno del graffito, introduce l’elemento della satira e dello humour, e Bristol si innamora di The Mild, Mild West. Quando va a Londra, si mette in moto una valanga inarrestabile. Là, Banksy per la prima volta si serve della street art per veicolare messaggi politici”.
Il 2002, l’anno della sua opera più famosa
“La tentazione - si legge nel libro - di considerare il 2002 un anno fondamentale nella formazione di Banksy è forte: è l’anno in cui amplia in modo prepotente la sua gamma artistica, introducendo un gran numero di temi sui quali tornerà negli anni a venire. Questo pezzo, ancora oggi uno dei più conosciuti (si fa riferimento all’opera della bambina con il palloncino a forma di cuore ndr), se vogliamo usare come metro di misura le vendite di tele e di t-shirt, denota una forte sensibilità e un uso di grande effetto della figura infantile. I bambini, con la loro capacità di suscitare un forte impatto emotivo, sarebbero diventati una vena molto ricca nella produzione banksiana. Il pezzo è molto ben costruito. Guardando i capelli della bambina si intuisce che il forte vento le ha strappato di mano il palloncino. Lei lo vede volare via incredula: Banksy cattura magnificamente l’innocenza con cui la piccola si affida alla speranza che il palloncino torni indietro. Noi invece sappiamo che non lo riavrà. Oppure è stata proprio la bambina a lasciar andare il palloncino, e gli sta augurando buona fortuna...".
La forma a cuore del palloncino è più difficile da spiegare. Sicuramente aumenta il pathos dell’immagine. Qui Banksy non intende comunicare nulla di eccessivamente specifico o esplicito: si limita a catturare un’emozione. Tocca allo spettatore interpretarla. A noi piace pensare che si riferisca alla dolcezza dell’infanzia che il tempo fa volare via, ma che in un modo o nell’altro è destinata a restare, un ricordo da amare. Banksy è bravissimo a ricreare l’atmosfera idilliaca dell’infanzia inglese, con la sua tipica ambientazione anni ’50, le bambine con lo scamiciato e i bambini vestiti da monelli".
"È un Banksy in modalità vintage - si legge ancora nel libro - con un’eco degli illustrati Ladybird, delle scarpe Start-rite e della serie di racconti per bambini Janet and John. Segno di quant’è originale il suo talento, indifferente alle mode”.