d i Gaia Vendettuoli
Roma - "Ma che aspettate a batterci le mani, a metter le bandiere sul balcone. Sono arrivati i re dei ciarlatani, i veri guitti sopra il carrozzone"... Cantava così Dario Fo nella 'colonna sonora' di quel 'Mistero Buffo' scritto negli anni della contestazione (1968-69) con la compagna di vita e di scena Franca Rame, e replicato migliaia di volte nelle piazze e nei teatri di decine di città italiane. Una "giullarata popolare del '400", uno sberleffo a ogni convenzione che mette in scena brani ispirati dai vangeli apocrifi e dalle storie popolari sulla vita di Gesù, e ogni volta arricchita di monologhi tratti da fabliaux del Medioevo italiano ed europeo che raccontano di papi tronfi e astuti villani. Il tutto in una lingua reinventata, una miscela di molti linguaggi - il 'grammelot' - fortemente onomatopeica e arricchita di parole e suoni inventati e privi di significato o presi in prestito dalle lingue padane locali.
Come dimenticare la resurrezione di Lazzaro o gli aneddoti satirici e anticlericali su papa Bonifacio VIII, interpretati con il suo inconfondibile stile irriverente da perfetto cantastorie? Come quello della 'lenguada', ovvero - secondo Fo - l'usanza dispotica del pontefice di far appendere per la lingua, alle porte delle rispettive città d'appartenenza, quei religiosi che denigravano la sua immagine. O l'aneddoto sull'orgia che Bonifacio VIII avrebbe organizzato, con una gran quantità di prostitute, proprio il giorno di Venerdì Santo. Con 'Mistero buffo' Fo cercò di dimostrare che esiste un teatro popolare di grande valore, per niente succube o derivato da testi della tradizione erudita ed espressione della cultura dominante. Al centro, una cultura popolare da sempre sottovalutata in cui il punto di vista dello spettatore viene rovesciato e gli avvenimenti storici sono letti e interpretati in chiave satirica e grottesca, tra sacro e profano. Un teatro alternativo 'di piazza' , per qualcuno scandaloso ma che ebbe da subito un grandissimo successo (arricchito da numerose e diverse integrazioni nel corso degli anni) e che non poco contribuì all'assegnazione del Nobel nel 1997. Un 'Mistero buffo' che ha calcato le scene per quasi mezzo secolo: l'ultima interpretazione risale all'estate scorsa, nonostante i 90 anni suonati del maestro e nonostante il fiato gli mancasse sempre più spesso. Tanto da essere costretto a rinviare di un mese e mezzo la data romana di giugno alla Cavea dell'Auditorium per una laringotracheobronchite. "Venite tutti in piazza tra due ore - cantava il giullare Fo nel '69 come nel 2016 - vi riempirete gli occhi di parole, la gola di sospiri per amore e il cuor farà tremila capriole". (AGI)