R oma – Oggi è il giorno in cui si riscrive la storia, almeno per quanto riguarda il mondo della scienza. Dopo mesi di rumors e di fughe di notizie via social network, sarà ufficializzata con una conferenza mondiale a Pisa e Washington la scoperta delle onde gravitazionali, che gli scienziati non esitano a definire "la scoperta del secolo". E cento anni sono trascorsi da quando Albert Einstein ne teorizzò l'esistenza, provata solo ora per la prima volta dai dati effettivi raccolti dall’osservatorio interferometrico LIGO (Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory) sulla loro osservazione diretta.
A riuscirci – per ben due volte - un gruppo di ricercatori internazionale al quale partecipano anche alcuni italiani impegnati nel progetto VIRGO presso i laboratori dello European Gravitational Observatory (EGO) di Pisa.
Cosa sono le onde gravitazionali
Le onde gravitazionali – spiega Emilio Santoro dell'Unità Tecnica Tecnologie e Impianti per la Fissione e la Gestione del Materiale Nucleare dell'ENEA - sono delle increspature, delle onde appunto, prodotte nel tessuto spazio-tempo prodotte da lontane e immani catastrofi cosmiche.
Una delle previsioni della teoria della relatività generale è infatti l’azione della massa sulla geometria dello spazio-tempo. Immaginiamo quest’ultimo come un foglio elastico a due dimensioni e poggiamo su di esso una sfera di un certo peso: osserveremo la curvatura del foglio prodotta dalla presenza di questa massa. Lanciando sul foglio una sfera più piccola e più leggera, questa comincerà a ruotare attorno alla massa più grande, spiraleggiando lentamente per poi fermarsi contro quest’ultima, effetto dovuto all’azione gravitazionale della terra sulla quale viene effettuato l’esperimento e all’attrito con il foglio.
I pianeti ruotano attorno al sole per questo motivo: Einstein ha di fatto reinterpretato la gravitazione in senso geometrico attribuendo alla sua azione la “varietà” geometrica dello spaziotempo prodotta dalla presenza di massa. Se sul foglio bidimensionale poggiassimo una sfera pesantissima, si produrrebbe una sorta di pozzo, di imbuto dal quale altre sferette non riuscirebbero mai a uscire. Se immaginassimo tutto questo nello spazio ordinario a tre dimensioni e utilizzassimo la luce invece delle sferette esploratrici, quando dal pozzo gravitazionale nemmeno quest’ultima riuscirà più a emergere, si sarà prodotto quello che viene comunemente chiamato “buco nero”.
Ora immaginiamo il collasso di quelle grandi strutture geologiche che sono le linee di faglia, dove immani tensioni si accumulano fino a quando non si riassestano producendo terremoti. Se questi movimenti avvengono nelle piattaforme oceaniche, le onde sismiche saranno trasmesse all’acqua sovrastante, producendo onde che si propagheranno negli oceani a velocità di parecchie centinaia di chilometri l’ora, innalzandosi in prossimità delle coste con effetti devastanti (tsunami).
L'osservazione di LIGO
L’osservatorio interferometrico LIGO (Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory) – spiega ancora Santoro -pare abbia registrato la traccia di queste onde trasmesse nello spaziotempo da un cataclisma gravitazionale prodotto dalla fusione di due buchi neri rotanti, onde di dimensioni infinitesime che si traducono in oscillazioni della lunghezza dello spazio dell’ordine di un miliardesimo del diametro dell’atomo di idrogeno (“tsunami” di ben altro ordine di grandezza rispetto a quelli terrestri!).
Le risposte
La scoperta e l'osservazione aiuterebbe a rispondere alle domande sulla nascita dell'Universo, quando le onde, secondo gli studiosi, erano già presenti. Ma più che rispondere a quesiti ne aprirebbe molti altri, da quelli sui buchi neri e al comportamento della materia molto compressa. (AGI)