“Metti a frutto ogni minuto; sarai meno schiavo del futuro, se ti impadronirai del presente”: Carlo Verdone vota Seneca e le sue lettere a Lucilio, più efficaci di un ansiolitico. Antonello Venditti si schiera con Menenio Agrippa, il console della Repubblica che riconciliò patrizi e plebei. Due ex sindaci di Roma scelgono gli imperatori, il filosofo Marco Aurelio per Francesco Rutelli e il fondatore dell’Impero, Augusto, per Gianni Alemanno. In tempi di crisi economica e morale, l’Italia riscopre le sue radici affondate nell’Antica Roma. E tra i personaggi di quell’epopea, ognuno trova la sua musa tramandata dagli studi classici o rintracciata in uno dei tanti volti che fecero della Città Eterna il faro del mondo. Agi.it ha condotto un mini-sondaggio tra storici e personalità della cultura, della politica, dello spettacolo e dallo sport e ne è emerso un arco di risposte ampio e variegato quanto l’Urbe e la sua storia.
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Si scava in un passato glorioso anche per cercare un antidoto ai guai della Roma di oggi, alle prese con Mafia capitale e le buche nelle strade, sì proprio quelle strade che furono il vanto di un Impero che ne lastricò 100.000 chilometri in tre continenti. Un romano doc come Antonello Venditti intravede questo antidoto nei secoli virtuosi della “prima Repubblica”, in quel console Menenio Agrippa a cui il cantautore ha dedicato una canzone, “Brucia Roma”. Di lui si ricorda soprattutto l’apologo del 494 a.C. con cui convinse i plebei a trovare un accordo con il Senato dopo la secessione dell’Aventino: “Mi sembra un gran discorso, degno e lungimirante anche per la Roma di oggi”, spiega l’autore di ‘Roma Capoccia’.
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Il direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci, ex ministro dei Beni culturali, guarda a Marziale e ai suoi epigrammi “feroci, sulfurei” contro “la Roma trucida, cialtrona dei suoi giorni, così simile alla Roma del ‘mondo di sotto’ di oggi”. Rita Dalla Chiesa invoca con una provocazione Nerone, che “potrebbe bruciare metaforicamente tutte le bruttezze della Città Eterna, a partire dagli effetti nefasti della corruzione dilagante”. L’imperatore è anche la scelta dell’attore Edoardo Sylos Labini, interprete a teatro di 'Nerone, duemila anni di calunnie', ma con la motivazione opposta: "Fu la prima vittima della macchina del fango e fu grande amante dell'arte e della cultura". E di fronte al degrado della politica,il Soprintendente per il Colosseo e l'Area archeologica di Roma, Francesco Prosperetti, vota per il console Cincinnato che “con molta dignità seppe ritirarsi dalla vita pubblica” dopo il trionfo sugli Equi.
Ci sono poi convergenze inconsuete. L’imperatore-filosofo Marco Aurelio, quello dei ‘Colloqui con sé stesso’, mette d’accordo un esponente del Pd come Francesco Rutelli e Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia. “Autorità e saggezza del potere”, sintetizza l’ex sindaco di Roma. “I suoi scritti rappresentano l'essenza della civiltà greco-romana, l'eredità più grande che i nostri avi ci hanno regalato”, gli fa eco l’ex ministro della Gioventù, “sono convinta che chi legge Marco Aurelio diventi una persona migliore. E che se gli uomini conoscessero il suo pensiero, vivremmo in un mondo migliore”.
Il presidente della Lazio, Claudio Lotito,va invece a braccetto con un ultrà romanista come il produttore Enrico Vanzina nella preferenza per Cicerone. “Per le sue opere letterarie e filosofiche, modello della letteratura latina classica”, spiega il dirigente biancoceleste che attinge spesso ai classici per le sue citazioni in latino. "E' l'uomo normale, l'uomo di tutti i giorni che col buon senso ha risolto molte cose”, gli fa eco Vanzina, “sono 25 anni che lavoro a una serie tv da proporre agli americani, la sua figura è attualissima. Basti pensare che subì una sorta di processo per mafia, uno per brogli elettorali, uno per corruzione nella politica: sembra che sia vissuto oggi".
L’antagonista per eccellenza di Cicerone, Catilina, è il preferito di Massimo Fini, autore di un libro su Nerone che in qualche modo raccolse l’eredità. "’Ho assunto come mio costume la causa generale dei disgraziati”, ricorda il politologo citandone la lettera al Senato. “E' la storia di un grande aristocratico romano che potrebbe vivere in agi e lussi e che invece lascia la sua classe di appartenenza, attacca i senatori latifondisti e prende le parti della plebe con un programma preciso di ridistribuzione delle terre, un uomo che va fino in fondo alla sua storia pur sapendo che al fondo di quella storia c'è solo la morte. Un uomo con le palle, insomma, un tipo che manca oggi”.
Anche la più famosa famiglia di divulgatori scientifici della tv italiana si divide sul personaggio. Piero Angela cita Plinio il Vecchio "per gli importanti studi sulla natura e per il coraggio dimostrato nell'eruzione del Vesuvio quando, da comandante della flotta tirrenica di stanza a Miseno, si precipitò in soccorso della gente e ci rimise la pelle". Il figlio, Alberto Angela, un divulgatore scientifico e saggista altrettanto apprezzato, preferisce Traiano, “famosissimo ma poco ricordato in Italia”, per la sua “visione estremamente moderna”. E poi perché “era umile, camminava per strada e, quando andava nel Circo Massimo, si sedeva in mezzo alla gente. Oltre ad aver esteso l’impero dai confini dell’Iran alla Scozia, fu un filantropo: non avendo figli, assieme a sua moglie, creò un fondo per bambini bisognosi mettendoci solo soldi propri".
Plinio il Vecchio è il preferito pure del presidente della Treccani, Massimo Bray, quale “precursore dell'organizzazione del sapere in formato "enciclopedico" con la sua Naturalis Historia”.
Alla galleria non poteva mancare Giulio Cesare. “Un uomo completo: condottiero, umanista e romantico”, spiega Bruno Vespa. Ernesto Galli della Loggia è affascinato dal suo coraggio politico per aver “difeso in qualche modo Catilina e i suoi congiurati contro la stragrande maggioranza del Senato, guidata in quell’occasione da Cicerone”. Per il politologo e saggista fu “uomo di parte, capofazione nella guerra civile, ma, una volta vincitore, capace di alta intelligenza politica nel cercare una soluzione per il proprio potere personale quanto più inclusiva e condivisa possibile”.
Anche la storica e saggista Eva Cantarella sceglie il “Divo Giulio”, accanto alla poetessa Sulpicia. Di Cesare, “personaggio chiave nel passaggio dalla Repubblica all’Impero”, apprezza “il fascino intellettuale, oltre che fisico” e “la vita per molti aspetti anticonformista” che lo rende molto umano. Sulpicia “scrisse alcune bellissime elegie, che sono giunte sino a noi ma che, sino a non molti anni or sono, le letterature latine ignoravano” attribuendole a Tibullo perché “nessuno ammetteva che poesie di tale fattura potessero essere di mano femminile”. Un’altra donna che ispira è Cornelia, la preferita di Lina Wertmuller. “La madre di Tiberio e Caio Gracco è il simbolo di una mamma e di una donna molto forte”, spiega la regista.
Gianni Alemanno sceglie il successore di Cesare, Ottaviano Augusto. Per l’ex sindaco di Roma “rappresenta il massimo splendore dell'Impero con capacità di comando, equilibrio e grandezza di visione, è il sogno di un Impero che restaura l'età dell'oro di Esiodo”.
L’Antica Roma non ci ha lasciato solo grandi statisti e condottieri, ma anche uomini di pensiero che sono alla base di tutta la cultura occidentale. Seneca ha stregato Carlo Verdone che suggerisce di leggere due pagine al giorno del grande filosofo di Cordova:
“Ci renderebbe tutti migliori, soprattutto i politici”, assicura il regista romano. "Sul mio comodino ci sono le 'Lettere di Seneca a Lucilio'”, spiega, “credo che questo grande pensatore sia più efficace di una pasticca di ansiolitico o di antidepressivo. Le sue parole accendono il cuore”. Vota Seneca anche Corrado Augias, giornalista e autore di diversi libri su Roma: “Lo scelgo per la sua geniale doppiezza: ha saputo mescolarsi ai più sordidi aspetti del potere e riscattarsi con alcuni degli scritti più profondi e attuali del mondo classico", osserva. Marcello Veneziani guarda a Plotino, “il filosofo della Grande Bellezza, perché fondò a Roma - che era allora città del fare (i cesari) e del dire (i Cicerone) - la città dell'essere e del pensare, dando vita a una scuola di filosofia come poi non si sono più viste a Roma”.
Agli uomini di lettere guardano Vittorio Sgarbi e Edward Luttwak. Il critico d’arte sceglie Catullo “perché è stato il primo poeta di un amore che non è idealizzato, ma che indica un’emozione”. “Potremmo dire che Catullo fu la Patty Pravo di quell'epoca”, semplifica Sgarbi, “in lui c'è una carica di modernità che pochi hanno”. Il politologo americano vota Tacito, lo storico della Roma imperiale che definisce “il grande sottovalutato”. “La riscoperta dei suoi testi ha lanciato la guerra globale contro la tirannia”, osserva Luttwak, autore di un interessante saggio sulla strategia dell’Impero romano e sulle lezioni geopolitiche che possono trarne gli Stati Uniti.
Infine, c’è chi preferisce rifugiarsi nei miti della Roma antica: Vincenzo Salemme indica Romolo e Remo. "Ai personaggi storici”, spiega l’attore e regista napoletano, “preferisco quelli mitologici, per il simbolismo e la loro forza poetica. I miei preferiti sono i due gemelli perché c'è dietro la storia della fratellanza ma anche quella della tragedia, dell'omicidio. Due personaggi che sono al contempo drammatici e poetici".