Whatsapp ha un problema: si chiama pedo-pornografia. Sull'app ci sono decine di gruppi aperti che condividono immagini di abusi sui minori. Lo afferma un rapporto di due Ong israeliane, Screen Savers e Netivei Reshet. I contenuti, come ha potuto verificare Agi, sono facilmente rintracciabili e accessibili, da chiunque e senza alcun controllo.
I gruppi “liberano” la pedo-pornografia
È un effetto collaterale di una funzione, lanciata nel 2016, che consente di invitare un utente a un gruppo condividendo un link. L'app lo ha fatto per espandere le conversazioni, visto che una concorrente come Telegram fa proprio dei gruppi aperti uno dei propri punti di forza. In teoria, il sistema ha delle limitazioni: non si può entrare fino a quando non si riceve o non si conosce il link per accedere. Whatsapp sa che i gruppi possono essere complicati da controllare. Lo dimostra il fatto che non ha sviluppato un motore di ricerca interno per rintracciarli e ha fissato un limite di membri a 256.
Sono però proliferate app, presenti anche su Google Play, che fanno da archivio. Cercando “Group for Whatsapp” o chiavi di ricerca simili, se ne hanno a disposizione centinaia, organizzate per sezioni: dalla tecnologia al business, dagli appuntamenti ai video virali. Quasi tutte le app di questo tipo hanno una sezione riservata agli “Adulti” o “Vietata ai minori di 18 anni”. Un divieto farlocco, perché nessuno può controlla l'identità dell'utente. Basta quindi trovare l'argomento che interessa e con un clic si viene ammessi al gruppo.
Anche ad alcuni che contengono immagini pedo-pornografiche. Scovarle non è sempre semplice, anche perché le conversazioni sono protette da crittografia end-to-end: solo chi invia e riceve i messaggi può leggerle. Non è in dubbio la necessità della crittografia: una sua modifica mirata a fermare i pedofili – ha fatto sapere un portavoce di Whatsapp a TechCrunch – minerebbe la privacy di centinaia di milioni di utenti. Il problema, semmai, è un numero di moderatori troppo esiguo se confrontato con l'enorme quantità di messaggi spediti ogni giorno.
Le indagini di due Ong
Le Ong israeliane si sono mosse dopo alcune segnalazioni dello scorso luglio. Al termine dell'indagine si sono rese conto che non si trattava di casi isolati ma di “migliaia” di gruppi. Il rapporto ha registrato la condivisione di materiali che incitano alla pedofilia, autoscatti di minori, interazioni tra adulti e bambini. Lo scorso 4 settembre, Screen Savers e Netivei Reshet hanno scritto ai vertici israeliani di Facebook, senza ricevere risposta. Il giorni dopo, hanno inviato una nuova mail, aggiungendo in copia il comitato parlamentare per la tutela dei minori. E questa volta la risposta è arrivata, anche con i fatti. Whatsapp ha rimosso quasi tutti i gruppi che, sin dal nome, indicavano contenuti pedo-pornografici. Il problema, però, sottolineano le organizzazioni, è che nuovi gruppi vengono aperti di continuo.
Pochi occhi per molti utenti
Facebook ha sottolineato di avere “tolleranza zero” nei confronti di contenuti di questo tipo. Come sul social network, anche su Whatsapp viene utilizzato un sistema di ricerca che combina intelligenza artificiale e occhio umano. Il primo confronta le immagini postate con un database nelle mani delle forze dell'ordine. Non sempre c'è corrispondenza, come ha dimostrato il caso di Tumblr: alcune immagini pedo-pornografiche hanno bucato i controlli. L'app è stata punita con una sospensione dall'App Store (il negozio digitale di Apple). La Mela non è stata così rigorosa con Whatsapp.
Quando l'intelligenza artificiale non trova corrispondenza tra immagini pubblicate e già incriminate, serve un intervento manuale: il guardiano più affidabile è ancora l'uomo. Ed è qui il problema: dopo le accuse legate a interferenze russe, bullismo, fake news e contenuti violenti, nel 2018 Facebook ha accelerato lo sviluppo dell'intelligenza artificiale, ma ha anche raddoppiato lo staff dei revisori umani, da 10.000 a 20.000 persone. Whatsapp è gestita con una struttura dotata di ampia autonomia, costituita da appena 300 dipendenti. Decisamente poco per un'app da 1,5 miliardi di utenti.