Quando si decide di dare un taglio con Facebook possono succedere cose strane: per esempio ricevere su Instagram (anche lui di proprietà della stessa società, quella di Mark Zuckerberg) pubblicità di prodotti da donna pur essendo uomini.
Brian Chen scrive di tecnologia per il New York Times dal 2011; lo scorso ottobre ha deciso di eliminare il suo account su Facebook: a distanza di cinque mesi ha fatto un bilancio della sua esperienza lontano dal social di Menlo Park.
Disorientare la pubblicità è possibile
Certo, Facebook promette di “rimanere in contatto con le persone della tua vita”: il compagno di scuola di un tempo, il gruppo di amici conosciuti in vacanza, gli ex colleghi di lavoro. E poi i conoscenti più stretti, quelli che si contano sulle dita di una mano e con cui i rapporti sono stretti anche offline.
Chen assicura però che, da questo punto di vista, non ci sono stati gli effetti disastrosi temuti da chi abbandona la piattaforma social: il cosiddetto “Fomo”, acronimo che sta per “fear of missing out”, cioè la “paura di essere tagliato fuori”, lui non l’ha patita. Le sue relazioni personali, in altre parole, non hanno subito ripercussioni significative.
Ciò che invece ha invece vissuto una profonda trasformazione sono gli annunci che si è visto recapitare online: Facebook “utilizza le informazioni che raccoglie sui suoi utenti per rivolgere alle persone gli annunci più pertinenti”, scrive Chen. Per farlo ha messo a punto diversi metodi: uno di questi si chiama Pixel e si rivolge ai brand che intendono farsi conoscere. Pixel consiste nell’aggiungere una stringa di codice al sito desiderato e consente di monitorare i comportamenti eseguiti dagli utenti sul web. Una volta raccolte le informazioni, Facebook le rende disponibili ai marchi che così possono rivolgersi ai potenziali clienti in maniera più personalizzata.
La società di Zuckerberg ha due miliardi e mezzo di account nel mondo: è diventato un annuario online oramai enorme, una miniera di informazioni a disposizione dei brand. Rimuovere il proprio account è il primo passo per diventare un bersaglio meno facile da colpire. "I siti e le app ci inviano informazioni sulle persone che li visitano indipendentemente dal fatto che quella persona abbia un profilo Facebook – la dichiarazione di Facebook riportata dal New York Times – Se non sei un utente non sappiamo chi sei e non possiamo profilarti”. Ma, aggiunge Chen, per essere sicuri di bloccare annunci personalizzati è meglio seguire anche altri passi (li ha spiegati in dettaglio in un altro articolo).
Il risultato? Il giornalista del Nyt ha cominciato a ricevere pubblicità che non hanno nulla a che fare con lui, compresi i famigerati prodotti di bellezza per donne e annunci di borse e accessori.
Meno annunci uguale meno spesa: un bel risparmio economico
L’altro aspetto sottolineato da Chen è il risparmio economico: vedere annunci poco interessanti gli ha consentito di evitare un bel po’ di acquisti online. “Tra ottobre e metà marzo – il periodo di astinenza dai social – ho speso 341 dollari di vestiti e 1.100 dollari in acquisti su Amazon”, racconta lui.
Nello stesso periodo dell’anno precedente ne aveva spesi poco meno di 2.600: quasi il doppio. La morale del reporter? Siamo così abituati a ricevere annunci ritagliati su di misura che la sensazione di vederne di irrilevanti risulta “divertente: mi fanno venire qualche idea per i prossimi regali”. La fidanzata magari ne sarà felice, le aziende che investono in pubblicità forse un po’ meno.