Vittoria è la nona città per popolazione della Sicilia e ospita il Mercato ortofrutticolo più importante del Sud Italia, il secondo d’Italia. Una polveriera, l’ho più volte definita. Baricentrica per molteplici interessi che abbracciano l’intero Paese.
Da qui, da questo splendido lembo di terra, vengono immesse nella filiera nazionale frutta e verdura che poi arrivano sulle nostre tavole, tramite il “triangolo dell’ortofrutta” dei mercati, Milano, Fondi e Vittoria.
Grazie a questa “triangolazione” arriva un pomodoro ciliegino, una melanzana o un frutto, sulla tavola di un milanese, di un veneto, di un romano. Indistintamente.
Provengono dal lavoro e dal sudore della fronte di imprenditori e di braccianti agricoli che, per la stragrande maggioranza, sono onesti lavoratori, ma la contaminazione mafiosa inizia dalla base, sin dalla raccolta, con i caporali.
Il patto che reggeva la pax mafiosa
Le mafie fanno “squadra” e non si fanno la guerra. Così nel ragusano – ed a Vittoria in particolare – si è passati da centinaia di morti ammazzati negli anni novanta, agli accordi di ferro dei nostri anni. Sono diventate una vera e propria holding: stidda e cosa nostra si dividono gli affari locali, la ‘ndrangheta gestisce la cocaina e la camorra (sarebbe più giusto parlare dei casalesi) gestiscono i trasporti (come dimostrano le recenti operazioni di polizia.
L’attenzione delle istituzioni per questo territorio è stata ad “ondate”, così si è passati dal negazionismo o, ancor peggio, dal riduzionismo, fino alla grande attenzione a seguito della strage di San Basilio (2 gennaio 1999). Poi, passati quegli anni, nuovamente poco o nulla. Negli ultimi tre anni, dopo le condanne a morte dei clan vittoriesi nei miei confronti, una nuova ondata di arresti. Ogni operazione aveva sempre come protagonisti i mafiosi inseriti fra la filiera del mercato e la politica, un bubbone che tardava ad esplodere.
La pace viene rotta. Dalla Dia
Tutto cambia nel bel mezzo delle ultime elezioni Amministrative del 2017 quando, dopo il primo turno e prima del ballottaggio, la Finanza di Catania irrompe nella tranquillità del ragusano. Ad essere interessati dagli avvisi di garanzia l’ex sindaco Giuseppe Nicosia, il fratello Fabio (già consigliere provinciale e primo degli eletti al Comune), i due candidati alla carica di primo cittadino, Francesco Aiello (che poi verrà archiviato dalle accuse) e l’attuale sindaco, Giovanni Moscato. Oltre a loro i boss Giovambattista Puccio e Venerando Lauretta, entrambi già condannati per associazione mafiosa, e due pluripregiudicati considerati “vicini al clan” dagli inquirenti.
I pentiti raccontano: c’è un accordo con la politica
Dal lavoro dei finanzieri, per delega della Distrettuale Antimafia di Catania, è emerso con chiarezza l’intreccio affaristico-politico-mafioso. “Ha condizionato e orientato le scelte elettorali anche prima delle elezioni amministrative del 2016”. Si leggeva nel decreto del Giudice delle Indagini Preliminari. A suffragare il quadro, le parole di alcuni collaboratori di giustizia.
I fratelli Nicosia avrebbero ricevuto a Vittoria il sostegno elettorale della “Stidda” sia nelle amministrative del 2006 e 2011, sia nelle regionali e nazionali del 2008 e 2012. Il convogliamento dei voti, secondo quanto venne accertato dalle indagini, sarebbe stato ricompensato con l’assegnazione di appalti e posti di lavoro. Soprattutto negli affari della nettezza urbana e nella filiera del Mercato.
A volte sbagliano. Ma avviene di rado
Un “patto scellerato”. Così che venne definito dagli inquirenti quello con la politica. Mafia che, negli ultimi anni, ha sempre favorito le elezioni dei diversi candidati: prima con Giambattista Ventura e Venerando Lauretta (i due reggenti del clan che mi volevano morto e per questo condannati), poi con Giambattista Puccio (detto “Puccio u ballarinu”). In elezioni in cui venivano candidati proprio i pregiudicati, come il caso di Raffaele Giunta che si ritirò dall’ultima contesa per il consiglio comunale dopo una mia inchiesta giornalistica. Eppure nelle intercettazioni Giunta, nonostante il ritiro, tranquillizzava l’ex sindaco che non avrebbero perso i suoi voti: “per votare a Nicosia io gli do anche il culo… e te lo dico ora… e lo dico sempre”. E Nicosia, indirizzandolo verso il fratello candidato in una lista civica, gli spiegava “dillo che devono votare Nuove idee, no Partito democratico… a volte sbagliano”. A volte sbagliavano, appunto. Ma non sbagliarono.
Il primo sindaco di destra
Vinse il primo sindaco di destra della storia della città, Giovanni Moscato, che per telefono rassicurava gli “amici” dei Nicosia. “Tu gli puoi dire ai picciotti che in questo momento votare me non è tradire i Nicosia è solo stare tranquilli con la famiglia punto e basta”. Con la famiglia, appunto.
Ed infatti i Nicosia, secondo l’accusa, “avrebbero appoggiato Moscato in virtù di un accordo politico con lo stesso, al fine di mantenere la propria egemonia sulle decisioni amministrative”.
Lo scambio politico-mafioso
Tutto fino a giugno di quest’anno quando arrivò l’avviso di conclusione indagine per gli indagati: confermata l’ipotesi di reato relativa allo scambio elettorale politico-mafioso per tre degli indagati fra cui il fratello dell’ex sindaco della città.
Per gli altri politici coinvolti, ovvero l’ex sindaco Nicosia, l’attuale sindaco Giovanni Moscato e due dirigenti del Pd locale, furono contestati episodi di corruzione elettorale. E con l’avviso di conclusione indagini si concluse anche il lavoro della commissione d’accesso al Comune che, nella relazione finale, chiese lo scioglimento per l’ente.
Oggi arriva una risposta
Troppo forti le collusioni con politici che avevano fatto patti con il diavolo, cioè i clan mafiosi. Quei politici che spesso hanno attaccato il lavoro giornalistico di chi cercava di fare solo il proprio dovere. Troppo spesso in solitaria.
Si, perché la mafia in quella zona della Sicilia, la più ricca, non esiste. Quindi come può fare accordi con la politica?
Una domanda che trova la risposta oggi, con la notizia dello scioglimento del Comune, “in ragione delle riscontrate ingerenze da parte della criminalità organizzata”. Così come recita il comunicato stampa ufficiale del Consiglio dei Ministri.