Le controversie relative alle condizioni di attribuzione e alla misura dell'indennità parlamentare e degli assegni vitalizi per gli ex parlamentari "non possono che essere decise dagli organi dell'autodichia, la cui previsione risponde alla medesima finalità di garantire la particolare autonomia del Parlamento".
Lo scrivono le sezioni unite civili della Cassazione, dichiarando inammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione presentato dal professor Paolo Armaroli, il quale - dopo avere impugnato davanti al Consiglio di Giurisdizione della Camera la delibera del luglio scorso dell'ufficio di presidenza di Montecitorio, per effetto della quale il suo vitalizio da ex parlamentare era stato decurtato del 44,41% - chiedeva che fosse dichiarata la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario o, in subordine, di quello amministrativo.
Con un'ordinanza depositata oggi, la Suprema Corte ha bocciato il ricorso sottolineando che è "da escludere che in questa sede vi sia spazio per l'esame di una qualsiasi censura riguardante la misura e l'attribuzione degli assegni vitalizi degli ex parlamentari": secondo i giudici di piazza Cavour, "non si profila l'eventualità che l'organo di autodichia al quale il ricorrente si è rivolto possa non decidere la controversia e che quindi l'attività già svolta in quella sede dal ricorrente possa risultare inutile".
Infatti, si legge ancora nell'ordinanza, "l'esistenza di una sfera di autonomia speciale garantita alle Camere in cui va inserita l'autodichia in oggetto" non esclude "la legittimazione degli organi di autodichia a sollevare questioni di legittimità costituzionale delle norme di legge cui le fonti di autonomia effettuino rinvio".