Una casa famiglia di Caresana, in provincia di Vercelli, è stata chiusa perché chi la gestiva non ha fatto nulla per impedire che vi fossero commessi stupri di gruppo. Con questa accusa la procura di Vercelli ha eseguito il sequestro preventivo della struttura e vietato ai cinque educatori di esercitare qualunque attività professionale a contatto con minori.
Per gli inquirenti i cinque sarebbero responsabili di "condotte omissive in relazione a presunte violenze sessuali di gruppo avvenute tra le mura della struttura". Poco dopo le 8 i due pulmini della Squadra Mobile di Vercelli hanno lasciato la sede della Casa Famiglia dove restano al momento, oltre ai ragazzi ospitati, alcuni degli agenti per completare sopralluoghi e perquisizioni.
Tutto è partito dal racconto di una ragazza, sedicenne, che aveva provato a riferire alle coordinatrici e agli operatori quello che stava subendo, senza che le credessero. Anzi, avevano dato a lei la colpa: "Ti vesti in modo provocante, te la vai a cercare". Per la giovane la vita dentro la comunità per minori "Casa Vittoria" era diventata un inferno: molestie, abusi sessuali, umiliazioni continue e anche botte.
Fino al giorno in cui, esasperata, è dalla struttura e si erifugiata dalla sorella, cui ha raccontato tutto. È partita da qui, dalla denuncia della sorella, l'indagine condotta dagli uomini e dalle donne della seconda sezione della Squadra Mobile di Vercelli, coordinati da sostituto procuratore Davide Pretti.
La ragazza ha potuto finalmente raccontare nel corso dell'audizione protetta il dramma nel quale era precipitata e per il quale i suoi aguzzini sono ora indagati, dalla Procura dei Minori di Torino, per violenza sessuale. Sono a loro volta minori: ragazzi tra i 14 e i 16 anni, tutti con un passato difficile.
Secondo quanto spiegato dal magistrato nella conferenza stampa di questa mattina in Procura a Vercelli, nel registro individuale, gli operatori della Comunità avevano effettivamente annotato i racconti delle violenze, ma senza prendere alcun tipo di provvedimento e senza avvertire né i servizi sociali, né la Polizia.
Eppure gli episodi si ripetevano, di notte e di giorno, come documentato anche dalle telecamere piazzate nella Casa famiglia dopo un primo accesso della Mobile. In un diario personale sequestrato alle vittima, inoltre, emerge l'amarezza per le richieste di aiuto fatte alla coordinatrice e rimaste del tutto inascoltate. Le intercettazioni telefoniche evidenziano il comportamento delle coordinatrici che, invece di intervenire, cercavano in tutti i modi di insabbiare la vicenda.
Un comportamento che è stato definito omissivo, quello tenuto dal personale: per questo la Procura ha emesso cinque misure cautelari a carico di altrettanti operatori, tutti residenti nel vercellese.
I cinque, quattro donne e un uomo, tutti di età compresa tra i 28 e i 52 anni, devono rispondere di concorso omissivo in violenza sessuale di gruppo, reato che prevede pene massime superiori a 12 anni di carcere. Sono stati interdetti dalla professione e la comunità è stata posta sotto sequestro. I 6 ragazzi ospitati in una struttura in gestione a una cooperativa di Casale Monferrato, sono stati ricollocati altrove.