Serve un sostegno per aiutare tutte le donne vittime di violenza e la campagna 'Libera puoi' - promossa dal dipartimento per le Pari Opportunità - vuole ricordare che "lo Stato c'è". Lo sottolinea la ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, in un'intervista all'AGI.
Lunedì 25 novembre è la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999: si celebra ormai da 20 anni ma i femminicidi continuano ad esserci e anzi ad aumentare. La politica che cosa può fare?
"I dati sono preoccupanti e ci impongono di assicurare il massimo sostegno alle donne vittime di violenza. La gravità del fenomeno chiede un'assunzione di responsabilità collettiva, che per le Istituzioni vuol dire innanzitutto favorire reti di supporto e di relazioni che aiutino le vittime ad uscire dalla violenza. Dobbiamo rendere consapevoli le donne e la società civile tutta che un sostegno comunitario e di rete a vari livelli può realmente rappresentare la strada per il recupero di una prospettiva di speranza e della propria libertà.
Le donne vittime di violenza devono sapere che lo Stato c'è e le sostiene - sottolinea - è questo il senso della campagna 'Libera puoi', che abbiamo voluto promuovere con il Dipartimento per le Pari Opportunità in occasione del 25 novembre. Per sensibilizzare ma soprattutto per attivare nuove sinergie e progetti di sostegno in collaborazione tra centri antiviolenza, enti locali, associazioni, terzo settore".
È un problema di matrice culturale? A parte le leggi, che non sembrano aver inciso in modo significativo, come si può cercare di imprimere un'inversione di rotta?
"C'è un'emergenza e c'è bisogno, per farvi fronte, di una profonda trasformazione culturale che accompagni l'efficacia delle leggi è il Paese che ne ha bisogno. Perché si superino discriminazioni, stereotipi, pregiudizi e si abbattano muri di silenzio. L'inversione di rotta è possibile nell'azione quotidiana, proteggendo le vittime e promuovendo ogni possibile forma di prevenzione e di educazione, a tutti i livelli della società e con il contributo di tutte le parti sociali.
Il ruolo della comunità è fondamentale nella cura delle vittime, sia in termini di responsabilità che di azione. Dobbiamo però anche lavorare - aggiunge ancora - alla costruzione di una cultura del rispetto, che è fatta anche di parole. C'è un intero vocabolario che dobbiamo avere la volontà di strutturare insieme, nello spazio pubblico, riconoscendo che solo nella presenza paritaria degli uomini e delle donne e nella compenetrazione della diversità dei loro sguardi possiamo avere una prospettiva compiuta della realtà e anche un orizzonte di futuro. Serve determinazione e capacita' di cooperare: ciascuno puo' fare la propria parte, le Istituzioni in prima linea".
Lei è ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia ed è proprio nella famiglia che la quasi totalità dei femminicidi viene commessa, come si può arginare questo fenomeno violento? Ha in mente qualche iniziativa ad hoc?
"E' un tema che necessita, come tutti i fenomeni complessi, di risposte ampie e strutturate tutte le iniziative in cantiere, la stessa Cabina di regia appena riattivata lo conferma, devono proporre in forma integrata diversi elementi. C'è un elemento di prevenzione che deve realizzarsi nell'educazione, già a partire dalle giovani generazioni. Lo sforzo educativo è il centro di ogni politica al servizio della comunità. E sull'educazione abbiamo appena annunciato un bando da trenta milioni.
Ma c'è anche il tema della valorizzazione di quelle reti sociali capaci di individuare le situazioni di fragilità e di riconoscerle come potenziale violenza prima che sia troppo tardi. In questa azione un ruolo fondamentale e' quello svolto da tutti gli operatori che a vario titolo già attivano fiducia nei confronti dello Stato. Questa cooperazione è fondamentale ed è la strada per tutte le azioni che dovremo intraprendere, con decisione e spirito di coesione", conclude.