AGI - “Pu***na arrogante, chissà quanti po***ni hai fatto per essere qui”. Un messaggio shoccante pubblicato sul proprio account Instagram, vincendo timori e vergogna. E poche righe più in basso: “Ho subito molestie in un’agenzia in cui ho lavorato”.
Quello di Tania Loschi, copywriter e creativa, è un messaggio che ha scoperchiato il vado di Pandora e che ha registrato, a cascata, decine di segnalazioni di molestie perpetrate con regolarità nel mondo delle agenzie pubblicitarie milanesi.
Dopo il #Metoo di stampo americano, hashtag nato nel 2017 per contrastare la diffusione di violenze sessuali e molestie subite dalle donne nel mondo del cinema (in quel caso a dare il là erano state le rivelazioni pubbliche di accuse di violenza sessuale contro il produttore cinematografico Harvey Weinstein), ora nasce un nuovo Metoo. Tutto italiano e in molti casi legato al mondo ipercompetitivo delle agenzie pubblicitarie milanesi.
É bastato un post su Instagram per raccogliere decine e decine di segnalazioni di molestie, atteggiamenti e frasi sessiste, discriminazioni, umiliazioni quotidiane vissute da donne, in particolare neoassunte o stagiste. Persone che proprio per consegnare il già precario posto di lavoro hanno cercato di sopportare e digerire situazioni al limite del tollerabile, senza denunciare.
Pietra dello scandalo è stata una chat sessista esistente all’interno della nota agenzia di comunicazione We Are Social dove diversi uomini commentavano e votavano quotidianamente il seno, le gambe, il fondo schiena di giovani stagisti che anagraficamente sarebbero potute essere loro figlie.
Dopo lo scandalo We Are Social ha fatto sapere di aver dato incarico ad una società terza di svolgere una indagine interna. Ma la vicenda resta, offese e molestie restano impresse nella mente di chi le ha subite. E un altro Metoo si sta consumando. L’ennesimo.