“Era una sconfitta più che annunciata, certo le proporzioni non possono essere in alcun modo minimizzate” ma “le alleanze si valutano alla fine di un percorso comune, non all’inizio” e in ogni caso “si valutano sempre e comunque coinvolgendo i territori”. “No si possono calare dall’alto”. In un intervista a Il Messaggero è piuttosto drastico il giudizio del capogruppo Pd al Senato Andrea Marcucci. Ma la domanda di merito è anche un'altra, a suo avviso: ovvero c’è da chiedersi se nelle prossime competizioni elettorali in Emilia e in Calabria “Pd e M5S in quelle regioni hanno qualcosa in comune” e se la loro alleanza “è credibile”?
Quanto al governo, Marcucci spera che il voto umbro non rifletta contraccolpi negativi, anche perché “che la destra fosse forte nel Paese, non possiamo scoprirlo all’indomani della batosta”, e poi il governo “ha un solo obbligo: è nato per affrontare un’emergenza e deve dimostrare con i fatti che è in grado di portare buoni risultati per il Paese”. E poi “non ci siamo assunti la responsabilità di fare un governo, nella situazione economica che attraversa l’Italia, per vivacchiare”. Conte, Zingaretti, Di Maio, Speranza arriveranno al 2023? “Saranno i risultati a dircelo, sarà l’efficacia di ogni singolo provvedimento” risponde Marcucci.
Sugli errori del partito il capogruppo Pd a Palazzo Madama non si pronuncia, ma a Zingaretti dà solo un consiglio: “Di misurare un po’ più le parole: il Pd non ha ‘l’obbligo morale’ di provare l’alleanza organica con il M5S” anche perché “non possiamo farci dettare l’agenda, essere al traino di altri” e ritrovare “una vocazione maggioritaria”, “tenere insieme tutti i migliori riformismi”, “assumere sempre una posizione netta”, “dettare l’agenda”, “imporre i temi” per non rischiare “di contraddistinguerci per una vocazione minoritaria”. Parole che suonano come una critica al segretario Zingaretti.