Un uomo ha sparato nel pomeriggio a Roma a Fabrizio Piscitelli, conosciuto come Diabolik, ex ultras della Lazio. L'agguato è avvenuto in un parco della Tuscolana, alla periferia della Capitale. Il colpo a distanza ravvicinata ha ferito alla testa Diabolik, implicato in precedenza in una vicenda di droga. Sul posto la Polizia di Stato.
Piscitelli è stato colpito a freddo, di spalle, con uno sparo in testa all'altezza dell'orecchio che gli è stato fatale. L'uomo si trovava al Parco degli Acquedotti, storica area verde in zona Tuscolano. Gli inquirenti sono al lavoro per individuare l'autore o gli autori dell'agguato, e per scoprire il movente di un omicidio che sembra pianificato.
A quanto si apprende da fonti investigative, Piscitelli era seduto su una panchina al parco con un altro uomo non identificato, quando è stato avvicinato alle spalle dal killer che ha esploso un colpo alla nuca, uccidendolo sul colpo. L'uomo che era con lui dopo l'agguato si è dileguato, ed è ovviamente ricercato in queste ore.
Decine di persone, tra amici e ultras della Lazio, si sono ritrovate dove poco dopo le 19 è avvenuto l'agguato. Sul posto anche i poliziotti della Squadra Mobile e quelli del commissariato Tuscolano. In corso i rilievi della Polizia Scientifica. L'aggressore era a piedi, vestito da runner, per confondersi tra i tanti che nel pomeriggio fanno jogging al Parco Acquedotti
Chi era "Diabolik"
Era uno dei volti più noti della Curva Nord, quella degli ultras della Lazio, Fabrizio Piscitelli detto Diabolik, morto questa sera dopo esser stato raggiunto da un colpo di pistola alla testa mentre si trovava al parco degli Acquedotti, a Roma. La carta d'identità segnava quei 53 anni anni spesi a tifare per i colori biancocelesti, nel corso dei quali il suo nome era stato più volte al centro di vicende giudiziarie legate al tifo per la squadra capitolina ma anche ad indagini sul traffico internazionale di stupefacenti. Piscitelli viene menzionato anche nelle carte dell'inchiesta Mafia Capitale.
A gennaio 2015 Piscitelli era stato condannato, assieme ad altri 3 capi ultrà, a 3 anni e 6 mesi nell'ambito processo di primo grado per il tentativo di scalata alla Lazio che nel 2006 aveva coinvolto anche l'ex bomber icona del primo scudetto biancoceleste, Giorgio Chinaglia. Secondo la ricostruzione dei pm Rocco Fava, Vittoria Bonfanti ed Elisabetta Ceniccola, gli imputati avrebbero compiuto una "campagna" intimidatoria e di pressioni sul presidente del club Claudio Lotito finalizzata a fargli cedere il club ad un gruppo farmaceutico ungherese che sarebbe stato interessato all'acquisto e di cui Chinaglia sarebbe stato il portavoce.
Nel 2016 invece Piscitelli aveva subito il sequestro di oltre 2 milioni di euro, compresa anche una villa a Grottaferrata (provvedimento poi annullato dalla Cassazione) dopo le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia che lo vedevano coinvolto in un traffico internazionale di sostanze stupefacenti provenienti dalla Spagna.
Secondo gli inquirenti che indagavano all'epoca sulla vicenda, Piscitelli era ritenuto un soggetto "pericoloso" da oltre 25 anni, "vissuto costantemente all'insegna della prepotenza e della sopraffazione sul prossimo, indifferente ai numerosi provvedimenti di polizia adottati nei suoi confronti" e si sarebbe "dedicato al crimine organizzato finanziando numerose importazioni di sostanze stupefacenti".