Ogni qualvolta un militare, un carabiniere, balza agli onori delle cronache per qualche reato commesso, sentiamo parlare di giustizia militare. Ma cos’è la giustizia militare? La magistratura militare italiana indica quella parte della magistratura che, ai sensi dell’ordinamento giudiziario militare e secondo la Costituzione, ha giurisdizione circa i reati militari commessi dagli appartenenti alle forze armate sia in tempo di pace che di guerra. “La giustizia militare è attualmente una giustizia che non ha grandi numeri statistici e che però svolge il suo lavoro con rapidità ed efficienza”, spiega all’Agi il Procuratore militare di Roma, Marco De Paolis.
De Paolis, dopo sette anni alla guida della Procura Militare di La Spezia (2002 – 2008) e otto della Procura capitolina (2010 – 2018) lascia oggi l’incarico. “La modestia del prodotto – spiega – non è ascrivibile ad una sua colpa, ma è l’effetto di una latitanza normativa del legislatore, che nel tempo le ha sottratto una buona parte di quelle competenze che le spetterebbero secondo la Costituzione (art. 103), tenendola in uno stato di non dignitosa sotto-occupazione”.
A Sant’Anna di Stazzema la strage nazista più atroce
Il Procuratore De Paolis ha sostenuto l’accusa in tutti i processi celebrati a carico dei responsabili di una serie impressionante di stragi di civili italiani, commesse dai reparti tedeschi in ritirata – SS e Wehrmacht – durante l’estate del 1944 tra Toscana e Emilia Romagna. Tra questi, anche il processo per la strage di Sant’Anna di Stazzema, forse la più atroce.
Il 12 agosto 1944 circa duecento militari del 2° Battaglione del 35esimo Reggimento della XVI Panzerdivision SS, Reichsfuerer trucidarono oltre 400 civili inermi (la cifra non è mai stata accertata con certezza) nelle frazioni di Sant’Anna di Stazzema, sulle Alpi Apuane, in Versilia.
Casi contesi
Passato ma anche presente. Spesso conteso con la Giustizia ordinaria. “L’ultimo episodio di cronaca avvenuto qualche giorno fa ci riporta a questa annosa questione. Il grave ferimento di una giovane caporale infermiera dei paracadutisti avvenuto nel corso di una esercitazione militare a fuoco al poligono di Carpegna – spiega De Paolis – ha generato due procedimenti di indagine da parte delle due magistrature: quella militare procede per danneggiamento di cosa mobile militare e violata consegna, mentre quella ordinaria per lesioni colpose”.
I Marò, i migranti annegati e gli altri
L’elenco di casi “contesi” fra magistratura ordinaria e militare è lungo, spesso coinvolge casi mediatici come “quello dei “Marò” in India (2012 – 2015); il caso del carabiniere accusato di omicidio di un superiore carabiniere durante un servizio, a Spoleto tre anni fa; vari suicidi di militari in luoghi militari e/o durante servizi militari (a cominciare dal famoso caso “Scieri” del 1999, di cui si è anche occupata recentemente una commissione parlamentare di inchiesta, per finire a quelli degli ultimi anni: ad esempio il caso “Drago” nel 2014 o quello di due ufficiali dell’esercito (l’uno nel 2010 in Afghanistan, Capitano Marco Callegaro, e l’altro, quello del suo ex superiore, il Colonnello Antonio Muscogiuri, nel 2017 in Bolzano) o ancora il caso della omissione di soccorso in mare, contestata ad alcuni militari della Marina Militare, da cui sarebbe derivata la morte nell’ottobre 2013 di circa 260 naufraghi (fra cui circa 60 bambini), nel mar Mediterraneo. La specialità dei casi – di tutta evidenza – è la ragione principale che legittima e spiega la cognizione del giudice militare. Specialità che è alla base della esistenza della giustizia militare – conclude De Paolis – nella quasi totalità degli stati europei e nelle principali potenze economiche mondiali”.
Competenze negate, una funzione essenziale
Eppure spesso si parla di abolizione della giustizia militare. Per il procuratore militare di Roma, “qualora oggi venisse meno la giustizia militare e si trasferissero tutte le competenze al giudice ordinario, anche tralasciando le tradizionali e fondamentali ragioni di indirizzo politico che regolano il nostro ordinamento giuridico, ciò che oggi viene assicurato dalla giustizia militare verrebbe completamente meno per la semplice ed evidente ragione che verrebbe travolta dagli effetti negativi della prescrizione.
In estrema sintesi, l’abolizione della magistratura militare determinerebbe i seguenti irreversibili danni: potrebbe scomparire di fatto il controllo di legalità sulla criminalità militare poiché la magistratura ordinaria, a causa dei noti problemi che la affliggono per il sovraccarico di lavoro e le risorse inadeguate (presso il solo distretto della Corte di Appello ordinaria di Roma nello scorso 2016 si sono prescritti oltre 22.000 processi penali), potrebbe non essere in grado di garantirlo, in quanto i reati militari andrebbero comunque in coda a quelli comuni più gravi e dunque si prescriverebbero praticamente tutti; risulterebbe inoltre compromessa l’azione di comando delle FF.AA., vero perno di tutta l’organizzazione militare – spiega De Paolis – che, per la sua peculiare natura e per la specialità e delicatezza delle vitali funzioni assolte, necessita in modo essenziale di una giustizia rapida, a garanzia e tutela, appunto, di esse”. “Per uscire dallo stallo in cui versiamo tutt’oggi ed evitare inutili duplicazioni di procedimenti tra noi e gli ordinari, inutili e inopportuni conflitti di giurisdizione e soprattutto per far uscire la magistratura militare dalle secche della sterilità, l’unica strada percorribile è quella di rispettare la Costituzione e restituire alla giustizia militare almeno quella parte di reati militari che oggi inspiegabilmente sono trattati dalla giustizia ordinaria”.