A Pavia, trenta chilometri a sud di Milano, c’è un team internazionale di scienziati e di ingegneri che studia i terremoti e sviluppa strumenti utili a ridurre il rischio sismico a livello globale. È Gem (Global Earthquake Model), una fondazione non profit sostenuta anche dalla Protezione Civile, che ha appena pubblicato tre mappe che descrivono la pericolosità e il rischio sismico di tutto il mondo.
“Sono strumenti che aiutano a fare confronti tra le aree con diversi valori di pericolosità sismica e consentono di conoscere i livelli di rischio – spiega il geologo Marco Pagani, coordinatore del gruppo di pericolosità sismica di Gem - le nostre mappe possono essere usate per ridurre gli effetti dei sismi attraverso la prevenzione e predisponendo adeguati interventi di mitigazione del rischio”. Cioè decidere dove e come costruire abitazioni e infrastrutture.
Un lavoro interamente open-source
Per capire il lavoro di Gem occorre fare un passo indietro e spiegare che cosa sono pericolosità e rischio sismico. La prima esprime “l’intensità del fenomeno sul terreno, cioè la probabilità che un terremoto colpisca una determinata area in un certo periodo di tempo con determinati livelli di scuotimento”, illustra Pagani. Con rischio, invece, si intendono “gli effetti che un sisma produce su cose o persone”, cioè “il numero di vittime attese e le perdite economiche di uno Stato”.
Tra i due concetti c’è una correlazione rappresentata dall’intervento dell’uomo sull’ambiente: “A parità di pericolosità, per esempio, il rischio in due aree differenti è determinato dal tipo di costruzioni esistenti”, spiega Pagani. Gli effetti del terremoto, insomma, dipendono da caratteristiche come la qualità delle infrastrutture, il grado di progettazione anti-sismica, oltre che naturalmente dalla densità demografica dell’area interessata.
Come detto in precedenza, Gem ha reso note tre mappe: una sulla pericolosità (“Hazard Model”), una sull’esposizione (“Global Exposure”) che mostra la disposizione e il numero degli edifici nel mondo, e la terza sul rischio (“Risk Model”). “Ci abbiamo lavorato dal 2015 e i risultati sono open-source, cioè liberamente riutilizzabili”, prosegue Pagani. Le mappe di pericolosità e rischio sono state calcolate con Open Quake Engine, un software aperto sviluppato da Gem: “Per preparare la mappa di pericolosità abbiamo usato una trentina di modelli esistenti e li abbiamo omogenizzati, descritti cioè in uno stesso formato che li rendesse comparabili e riutilizzabili da altri scienziati.
Il nostro obiettivo ora è aggiornare le mappe di anno in anno, mentre il codice di calcolo è disponibile a tutti”. Anche le nuove mappe nazionali preparate dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), per esempio, sono calcolate proprio con quel codice, l’Open Quake Engine.
Collaborazioni internazionali e studio delle immagini satellitari
Oltre che in collaborazione con agenzie governative internazionali come lo United States Geological Survey e il giapponese National Research Institute for Earth Science and Disaster Resilience, la mappa di pericolosità è stata messa a punto anche sfruttando progetti già avviati come quello europeo Share. Laddove i modelli non erano disponibili, come nel caso di alcune aree dell’Africa o della Russia, Gem ne ha prodotti in proprio. Il lavoro si è poi concentrato sugli edifici: “Abbiamo preso in considerazione circa 500 tipologie costruttive studiandone la vulnerabilità ai terremoti. Abbiamo mappato tutto il mondo grazie alle informazioni dei catasti e sfruttando le immagini satellitari, analizzando anche la distribuzione delle luci notturne. In questo modo abbiamo definito la distribuzione geografica delle costruzioni”.
Incrociando tutte queste informazioni è nata la mappa di rischio, la prima “con questo livello di dettaglio a scala globale”, che combina dunque i dati geologici (la pericolosità) con la distribuzione degli edifici e la loro vulnerabilità.
L’India e l’Indonesia le aree più pericolose, e in Italia?
Oggi le faglie conosciute – cioè le strutture geologiche che generano i terremoti - “sono circa 25 mila in tutto il mondo su un totale di 3 milioni e mezzo di sorgenti sismiche”, prosegue Pagani. Gli esiti del lavoro di Gem hanno svelato le aree più pericolose e quelle a maggior rischio: “Rispetto a studi precedenti abbiamo notato che i picchi di pericolosità sismica si concentrano lungo le aree di subduzione come le coste attorno all’Oceano Pacifico e nell’Himalaya”, spiega il geologo. Il rischio, di conseguenza, si riflette soprattutto in aree come India e Indonesia. E l’Italia? “Nel nostro Paese la pericolosità va da intermedia a elevata. Ci sono un centinaio di faglie e il rischio dipende soprattutto dalle caratteristiche delle città e dagli edifici che abbiamo, in particolare quelli storici”.