Da quando lo scorso dicembre i Nas hanno ‘bocciato’ lo chef Antonino Cannavacciuolo per non aver segnalato nel menu i prodotti surgelati, nessun blitz ha più avuto la risonanza dello scivolone del giudice di MasterChef. Eppure denunce e multe continuano a riempire le pagine della cronaca italiana con l’ultimo episodio avvenuto in un ristorante di Cagliari. Il risultato è spesso una totale confusione (almeno per i consumatori) sulla qualità dei prodotti surgelati e sull’importanza di vederli segnalati sul menù. Perché in alcuni casi non si tratta solo di una questione di correttezza ma anche di sicurezza alimentare, come accade per esempio per il carpaccio. Ma proviamo a fare chiarezza.
La sentenza della Cassazione
Dallo scorso luglio, i ristoranti che servono cibi surgelati, senza che questa qualità sia indicata nel menu, commettono un reato di frode in commercio. Non solo, il reato di tentata frode c’è anche se nel freezer ci sono alimenti surgelati, non indicati nel menu. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, respingendo come inammissibile il ricorso di un ristoratore, condannato sia dal Tribunale di Milano sia dalla Corte d’appello, che contestava il reato di tentata frode, non essendoci avventori nel locale e non essendo iniziata alcuna contrattazione. Ed è proprio per questa nuova legge che lo chef Cannavacciuolo è stato pizzicato nel suo Bistrot Torino. Sui menù del suo ristorante mancava l’indicazione degli alimenti congelati. Secondo i carabinieri, quindi, alcuni alimenti venivano presentati come freschi, ma non lo erano. E sono stati infatti ritrovati all’interno di un congelatore. Inoltre, alcune materie prime non erano tracciate. Risultato? Due denunce e una multa di 1.500 euro.
Le ‘ragioni’ dei ristoratori
Questo tipo di reato, si legge sul sito Alimenti e Sicurezza, un po’ per ignoranza e un po’ per volontà dei ristoratori, è molto diffuso nella ristorazione e l’orientamento della giurisprudenza italiana è ormai pressochè stabile da anni nel considerarlo come un “tentativo di frode in commercio ”. Spesso gli avvocati nel difendere i loro clienti si appellano al fatto che non di rado possa nascere una contrattazione tra il ristoratore e il cliente in merito all’offerta di alimenti costituiti da materie prime fresche (spesso refrigerate) o a lunga conservazione (congelate o surgelate) oppure alla considerazione che l’indicazione nel menù della freschezza di alcuni ingredienti/alimenti non per forza rappresenti una proposta agli avventori di tipo irreversibile. Altre volte la difesa si appella alla valutazione del fatto che può capitare che gli alimenti/ingredienti freschi indicati nel menù potrebbero non essere in quel momento disponibili (perché terminati in quanto stagionali, ecc.) e quindi, sempre informando il cliente, si potrebbero usare i loro sostituti congelati/surgelati. Nessuna di queste motivazioni è valida.
Carpaccio, tartare e sushi: il caso del pesce crudo
Non importa se è stato appena pescato in acque pulitissime, c’è solo un modo per mangiare il pesce crudo in tutta sicurezza: passarlo nell’abbattitore. Solo in questo modo si riduce (e annulla in alcuni casi) il rischio di contrarre specifiche zoonosi parassitarie causate da Anisakis, Pseudoterranova, Diphyllobotrium latum, Opisthorchis, ecc. E non è solo una questione di buonsenso, lo stabilisce la legge nero su bianco: il Regolamento (CE) 853/04 (Allegato III, Sezione VIII, Capitolo VII), per i prodotti della pesca che vanno consumati crudi o praticamente crudi, impone un trattamento ad una temperatura non superiore ai -20°C in ogni parte della massa per almeno 24 ore. Gli OSA (i ristoratori) per ottenere queste temperature devono possedere l’abbattitore termico, ovvero uno strumento in grado di abbassare rapidamente – 60/90 minuti, a seconda della pezzatura - la temperatura degli alimenti sino al cuore di questi.
Il cliente va educato. Anche col menu
Spesso i ristoratori che servono pesci crudi o preparati con tecniche che non preservano dalle zoonosi ittiche (marinatura, ecc.) sono restii a inserire nei loro menù l’indicazione dell’abbattimento termico in quanto pensano che molti clienti possano ritenere tale processo la causa di una perdita di qualità organolettica (odore, colore, consistenza e soprattutto del sapore) e non come una forma di garanzia igienico-sanitaria. Tale comportamento non solo viola la normativa sulla segnalazione di cibo congelato, ma contribuisce ad alimentare una scorretta informazione e sensibilizzazione della clientela che di conseguenza continuerà a credere che il pesce crudo, o poco cotto, non porti con sé dei potenziali rischi.
Che ne sarà delle proprietà nutritive?
Secondo Elena Orban, nutrizionista del Centro di Ricerca Alimenti e Nutrizione CRA-NUT, “va sfatata l’idea che i cibi freschi, una volta surgelati, perdano il loro potere nutrizionale”. L’importante - ha spiegato sul magazine delle Fondazione Veronesi - è saperli scegliere o conservare, soprattutto se questo viene fatto in casa, in maniera adeguata. Infatti “se il procedimento di surgelazione è corretto ed i cibi freschi vengono portati a una temperatura di -18°C in tempi molto rapidi, l’acqua contenuta al loro interno forma dei cristalli di ghiaccio molto piccoli e ugualmente distribuiti che causano alle cellule dell’alimento lesioni irrilevanti, mantenendo una buona tessitura e la qualità originaria”.
Non va poi dimenticato che “le basse temperature bloccano anche l’attività di enzimi e batteri che, a temperatura ambiente, decompongono invece l’alimento. Pertanto la surgelazione si può ritenere la migliore tecnologia di conservazione da un punto di vista igienico e nutrizionale”.