In un’intervista sulle pagine della Cultura di la Repubblica il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti annuncia che “la traccia storica sarà ripristinata nelle prove scritte della maturità” e non avrebbe potuto “ignorare il Manifesto firmato da una parte rilevante della società italiana. E ne ho condiviso la preoccupazione di fondo: solo la conoscenza del passato può permetterci di costruire il futuro”.
E il titolare del dicastero di viale Trastevere a Roma annuncia anche che “questo è solo il primo passo di un percorso che prevede il rafforzamento dello studio della storia nelle scuole di ogni ordine e grado” anche se resta un problema da affrontare, e cioè “il modo in cui si insegna la disciplina”. Perché la storia, dichiara il ministro, “non può essere solo una sequela di date e di battaglie da mandare a memoria, ma il racconto di una evoluzione umana in ambiti che ancora ci riguardano come il progresso sociale, la conquista dei diritti civili, la partecipazione democratica”.
Per questo, aggiunge poi, “anche i libri di testo dovrebbero cercare di essere meno didascalici per offrire strumenti stimolanti agli occhi di un insegnante invogliato a essere più dinamico”. E su questo aspetto del problema il ministro fa un appunto all’editoria di settore che “non incoraggia una manualistica che spiazza i docenti, rassicurati da un’impostazione più tradizionale”. Fioramonti poi assicura che sulla valorizzazione sociale ed economica dei professori “stiamo puntando molto” in quanto le considera “figure fondamentali della comunità scolastica e territoriale” e proprio per questo “occorre investire nella formazione”.
E occorre pure rimettere mano ai programmi di Storia, assicura, “aprendo un dialogo con i professori” proprio su questo terreno: “Il mio obiettivo – spiega – è ottenere una periodizzazione diversa che consenta agli insegnanti dell’ultimo anno di dedicare le lezioni di storia all’intero Novecento: non solo le due guerre mondiali con fascismo, comunismo e nazismo, ma anche il periodo che resta sempre nell’ombra ossia il secondo dopoguerra, il processo di industrializzazione, il boom economico, la globalizzazione”.
E per questo obiettivo ha “chiesto un tavolo di confronto perché tutti i vari cicli vengano integrati in un disegno unitario” ridisegnando l’architettura complessiva dell’insegnamento della Storia, perché “nell’ultimo anno il Novecento deve acquistare centralità, ma non può essere trascurato il percorso storico precedente”.
Novità il ministro le annuncia anche per la formulazione del tema storico all’esame di maturità, affinché entrino “nelle tracce i testi dei grandi storici italiani” come Benedetto Croce o Salvemini “per spingere gli studenti verso una disciplina che troppo spesso viene vissuta come una pesante enciclopedia estranea alla vita”. La conseguenza di tutto ciò sarò anche un aumento delle ore di Storia” Sul punto il ministro risponde che “è un argomento spinoso” e per il momento “cerchiamo di utilizzare al meglio le ore che già ci sono, magari valorizzando la conoscenza storica come asse portante di tutte le discipline scolastiche”.
Poi un ultima domanda sul fatto che la conoscenza storica è anche una “bussola civile” e a tale proposito il suo predecessore, l’ex ministro Bussetti, il 25 aprile è restato a casa, in ossequio alle direttive del segretario della Lega che ha liquidato la festa della Liberazione come un derby tra rossi e neri. All’osservazione del quotidiano, il ministro assicura che lui il prossimo 25 aprile lo trascorrerà “in piazza, insieme a coloro che la considerano una data fondativa della democrazia italiana, ossia la liberazione di un popolo dalla dittatura fascista e dall’occupazione nazista”. “Come ho sempre fatto” chiosa, perché “ogni Paese ha il suo calendario civile: rinnegare questi legami significa disintegrare una comunità”.