Il 'Mondo di mezzo' non era un'associazione di stampo mafioso. Lo ha sancito la Cassazione nel processo su Mafia Capitale. La Cassazione, come già era avvenuto nel processo di primo grado, ha riconosciuto l'esistenza di due distinte associazioni a delinquere semplici, non di stampo mafioso. Per alcuni 'reati fine' e la relativa rideterminazione della pena ci sarà un nuovo processo d'appello.
Che succede ora? Per Carminati e Salvatore Buzzi, presidente della cooperativa 29 giugno, nonché per altri imputati che si erano visti contestare l'associazione di stampo mafioso, ci sarà un processo d'appello bis nella Capitale per rivedere le pene, alla luce della riqualificazione del reato in associazione per delinquere semplice.
Il nuovo processo d'appello dovrà rideterminare le pene anche per Riccardo Brugia, Claudio Caldarelli, Matteo Calvio, Paolo di Ninno, Alessandra Garrone, Luca Gramazio, Carlo Maria Guarany, Roberto Lacopo, Carlo Pucci, Fabrizio Testa e Franco Panzironi.
Con la sentenza della Cassazione diventano definitive, per reati minori, le condanne solo per otto dei 32 imputati del processo al 'Mondo di Mezzo'. Si tratta di Mirko Coratti (4 anni e mezzo), Andrea Tassone (5 anni), Guido Magrini (3 anni), Marco Placidi (5 anni), Franco Figurelli (4 anni), Mario Schina (4 anni), Giordano Tredicine (2 anni e mezzo) e Claudio Turella (6 anni), l'unico ad aver patteggiato in appello.
Buzzi è stato assolto "perché il fatto non sussiste" da due capi di imputazione riguardanti una turbativa d'asta e un episodio di corruzione, mentre per Carminati la Suprema Corte lo ha assolto con la stessa formula da una contestazione di "intestazione fittizia di beni"
"Il reato di mafia è caduto per manifesta infondatezza. Finalmente c'è un giudice a Berlino". Lo ha dichiarato l'avvocato Francesco Tagliaferri, difensore dell'ex esponente Nar Massimo Carminati.
"Una cosa è certa: la mafia in questo processo non esiste, è un'invenzione giuridica fatta a freddo". Lo ha dichiarato Valerio Spigarelli, difensore di Luca Gramazio, l'ex consigliere regionale Pdl al quale in appello era stato riconosciuto il reato di associazione di stampo mafioso.
"Cos'era, un'associazione di volontariato?"è stato il commento ironico del leader leghista Matteo Salvini, a Porta a Porta.
"Questa sentenza conferma comunque il sodalizio criminale. E' stata scritta una pagina molto buia della storia della nostra città. Lavoriamo insieme ai romani per risorgere dalle macerie che ci hanno lasciato, seguendo un percorso di legalità e di rispetto dei diritti. Ai nostri concittadini dico: andiamo avanti a testa alta" ha detto il sindaco di Roma, Virginia Raggi, cui ha subito replicato Francesco Storace. "Altro che Mafia Capitale. La banda Raggi è arrivata in Campidoglio grazie ad un'inchiesta che con la mafia non c'entrava nulla. E chieda scusa ad una città che ha contribuito ad infangare in questi anni". ha scritto su Twitter.
"Ci sono i vivi sopra e i morti sotto e noi in mezzo, un mondo in cui tutti si incontrano. Il mondo di mezzo è quello dove è anche possibile che io mi trovi a cena con Berlusconi". È da una frase (intercettata dal Ros) di Carminati, che distingueva i colletti bianchi (Mondo di Sopra) dai criminali (Mondo di Sotto), che nasce l'inchiesta sul 'Mondo di Mezzo', mediaticamente più conosciuta come 'Mafia Capitale'.
Un'indagine, firmata dalla procura guidata all'epoca da Giuseppe Pignatone, che deflagra il 2 dicembre del 2014 con decine di arresti e centinaia di indagati e chiama in causa pezzi importanti della politica romana, sia di destra che del centrosinistra, con due personaggi principali sullo sfondo: Carminati, per l'appunto, con i suoi uomini di fiducia, e il responsabile della cooperativa '29 Giugno' (che dà lavoro ad ex detenuti) Salvatore Buzzi, assieme ai suoi collaboratori.
Per i pm, i due avrebbero messo in piedi un sodalizio criminoso che si accaparrava gli appalti (leciti e non) per la manutenzione urbana (come punti verdi e piste ciclabili) e per il sociale (business degli immigrati, 'in primis'), una torta da milioni di euro ogni anno, coinvolgendo anche i vertici di Ama, l'azienda municipalizzata per i rifiuti. In primo grado, dopo 240 udienze celebrate a carico di 46 imputati nell'aula bunker di Rebibbia e diluite in 20 mesi, il tribunale fa cadere l'accusa di associazione di stampo mafioso e non riconosce l'aggravante del metodo mafioso. Per il collegio giudicante presieduto da Rosanna Ianniello, c'erano a Roma due associazioni per delinquere semplici, una capeggiata da Carminati e l'altra dallo stesso ex militante di destra assieme a Buzzi. La Corte d'appello, invece, ribalta tutto e recepisce l'impostazione originaria della procura.