Aggiornato alle ore 18,50 del 13 giugno 2019.
"Sea Watch non sbarcherà i naufraghi in Libia. Tripoli non è un porto sicuro": lo scrive su Twitter la stessa Ong, confermando che la nave con 52 naufraghi a bordo non si dirigerà verso il porto della capitale libica. "Riportare coattivamente le persone soccorse in un Paese in guerra, farle imprigionare e torturare, è un crimine. È vergognoso - conclude Sea Watch - che l'Italia promuova queste atrocità e che i governi Ue ne siano complici". Il Viminale ha replicato con una direttiva preventiva con la quale diffida l'imbarcazione a dirigersi verso l'Italia.
La nave Sea Watch ha rifiutato di approdare a Tripoli per sbarcare i 52 migranti soccorsi ieri al largo delle coste libiche, come offerto, per la prima volta, dalle autorità del paese nordafricano. Il porto libico, secondo la Ong, non è dunque sicuro. Per questo la nave ha virato dapprima verso la Tunisia, per poi dirigere decisamente verso Lampedusa, da cui la separano un centinaio di miglia.
Una scelta, quella di non sbarcare i migranti in Libia, che aveva suscitato in mattinata l'ira del ministro Matteo Salvini: "La nave illegale, dopo aver imbarcato 52 immigrati in acque libiche, si trova ora a 38 miglia dalle coste libiche, a 125 miglia da Lampedusa, a 78 miglia dalla Tunisia e a 170 miglia da Malta. Le autorità libiche hanno assegnato ufficialmente Tripoli come porto più vicino per lo sbarco. Se la nave illegale Ong disubbidirà, mettendo a rischio la vita degli immigrati, ne risponderà pienamente".
Le ore passate al largo della Libia senza sbarcare hanno poi suscitato l'allarme del Viminale: "Inutili sofferenze per gli immigrati a bordo della Sea Watch: da ore - senza motivo - sono fermi in mezzo al Mediterraneo". Malgrado avesse chiesto e ottenuto da Tripoli un permesso allo sbarco, sottolineavano in mattinata fonti del ministero, la nave "ha appena modificato la rotta dirigendosi verso la Tunisia anziché verso Sud. Si trova a 69 miglia da Zarzis, a 48 da Tripoli, a 124 da Lampedusa e a 176 da Malta. C'e' preoccupazione per le persone a bordo - aggiungono le stesse fonti - tra cui alcuni bambini che potrebbero sbarcare al piu' presto come richiesto dalla stessa Sea Watch".
Infine, il nuovo cambio di rotta: la nave da ovest si è diretta verso nord, ossia verso Lampedusa. Con il successivo tweet: È vergognoso che l'Italia promuova queste atrocità e che i governi Ue ne siano complici".
La direttiva del Viminale
Le autorità di polizia dovranno porre in essere "ogni possibile forma di diffida, nonché di intimazione di divieto di ingresso e transito nelle acque territoriali, in caso di eventuale avvicinamento dell'imbarcazione in acque di responsabilità italiane", prevede una direttiva preventiva diffusa dal Viminale, che dispone "di vigilare affinché il comandante e la proprietà della nave Sea Watch 3 si attengano alle vigenti normative nazionali ed internazionali in materia di coordinamento delle attività di soccorso in mare; rispettino le prerogative di coordinamento delle Autorità straniere legittimamente titolate ai sensi della vigente normativa internazionale al coordinamento delle operazioni di soccorso in mare nelle proprie acque di responsabilità dichiarate e non contestate dai paesi costieri limitrofi; non reiterino condotte in contrasto con la vigente normativa nazionale, europea ed internazionale in materia di soccorso in mare, di immigrazione, nonché con le istruzioni di coordinamento delle competenti Autorità".
Peraltro, si legge nella direttiva, "un eventuale transito della nave Sea Watch 3 nell'area marittima di competenza italiana in violazione delle disposizioni in materia di immigrazione si configurerebbe, necessariamente, quale passaggio "non inoffensivo".
Il Viminale rileva inoltre che l'attività della nave "può determinare rischi di ingresso sul territorio nazionale di soggetti coinvolti in attività terroristiche o comunque pericolosi per l'ordine e la sicurezza pubblica, in quanto trattasi nella totalità di cittadini stranieri privi di documenti di identità e la cui nazionalità e' presunta sulla base delle rispettive dichiarazioni". E la stessa Sea Watch, "battente bandiera diversa da quella italiana, ha, in più occasioni, svolto le descritte attività in aree che non rientravano nella responsabilità SAR (Search and rescue) italiana, operando d'iniziativa, così di fatto sottraendosi al coordinamento SAR delle Autorità straniere legittimamente responsabili ai sensi della vigente normativa internazionale, ovvero non ottemperando alle istruzioni emanate dalle competenti Autorità".
Il rifiuto di sbarcare a Tripoli, si legge ancora nella direttiva, può far evincere "l'intenzione dell'assetto navale di condurre attività analoghe alle precedenti condotte finalizzate al preordinato trasferimento in Italia di migranti in condizione di irregolarità, per le quali pendono procedimenti penali per il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina"