Rami Shehata ha 14 anni e a chi gli chiede se si sente un eroe risponde candido: "Un po' sì, ma non l'ho fatto per sentirmi un eroe, l'ho fatto per salvare i miei compagni". È nato nel 2005 "in Italia" sottolinea il padre Khaled, "mentre noi siamo arrivati in Italia del 2001". Una famiglia semplice, padre operaio e due figli: uno che va alle medie e uno che va alle superiori.
Nessuno dei due però ha ancora la cittadinanza: "Sono orgoglioso di mio figlio, spero che l'Italia gli dia la cittadinanza, e spero di prenderla anche io, perché a me piace questo Paese, è la mia seconda patria". Rami quando racconta i momenti concitati del salvataggio, mentre Ousseynou Sy dirottava il bus da Crema verso Milano, intenzionato ad andare a Linate: "Ho nascosto il telefono, facendo finta di consegnarglielo ma poi tornando indietro. Cosi' ho chiamato i carabineri".
Rami ha riconosciuto bene la direzione che stava prendendo il bus: "Eravamo sulla Paullese, me ne sono reso conto". E grazie a questa informazione le pattuglie dei carabinieri, coordinate a San Donato Milanese dal tenente Valerio Azzone, sono riuscite ad arrivare sul posto e bloccare lo scuolabus. "Tutto il bus era ormai pieno di benzina, lui aveva la pistola, il coltello e due accendini, poi ho sentito due colpi".
Eppure, "nonostante tanta paura" Rami è riuscito a rimanere lucido, ha chiamato anche a casa e ha tranquillizzato i suoi compagni che si trovavano nel retro del bus: "Dicevo loro di stare tranquilli, che non ci avrebbe fatto del male". E lo faceva per tenere tranquillo anche il dirottatore, tanto che si è rivolto anche a lui: "Gli ho chiesto perchè stava facendo quella cosa, ma lui mi ha guardato e non mi ha risposto".
Nella seconda media della scuola di Crema che Rami frequenta, su 22 alunni quelli di origine straniera sono 6, ma nel momento in cui "doveva salvare 51 vite non ho pensato a queste cose". Ai giornalisti che gli chiedono se si senta italiano, risponde: "Si', metà e meta'".