La laurea sembra interessare poco gli italiani, solo il 18% la raggiunge se si considera la fascia di età che va dai 25 ai 64 anni. Così l’Italia è destinata a posizionarsi negli ultimi posti della classifica dei Paesi Ocse, dove la media dei laureati si attesta al 36%, esattamente il doppio. I livelli più alti di laureati sono raggiunti dal Regno Unito (46%), dagli Stati Uniti (46%) e dalla Svizzera (41%). A rivelarlo è il rapporto Ocse ‘Education at a Glance 2017- Uno sguardo sull’educazione’ che ha analizzato 40 Paesi in tutto il mondo.
A vincere sono le discipline umanitarie
L’amore degli italiani per l’arte e la letteratura si nota anche nella scelta dell’università: le discipline preferite sono quelle umanistiche. Non a caso il 30% ha una laurea umanistica ed è la percentuale più alta di tutti i Paesi Ocse, pari solo a quella degli Stati Uniti. Le stesse scelte vengono fatte anche dai più giovani, i neolaureati in discipline umanistiche sono il 39%. Ciò è poco legato ai bisogni emergenti dell'economia ed ha conseguenze negative sul tasso di occupazione. A farne le spese sono soprattutto le donne, il 71% di loro è laureata in discipline che hanno pochi sbocchi professionali.
Orientare meglio le nuove generazioni
I dati dell’analisi dell’Ocse che riguardano l’Italia fanno capire meglio perché molti laureati hanno difficoltà a trovare un impiego che corrisponda al loro titolo di studio. In Italia è difficile trovare le cosiddette competenze ‘Stem’ (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). Per questo - sempre secondo lo studio Ocse - bisognerebbe rendere più consapevoli gli studenti sui bisogni emergenti, per esempio modulando le tasse di iscrizione, le borse di studio o coinvolgendo esperti del mercato del lavoro nell'orientamento alle superiori. Inoltre sarebbe utile rafforzare i legami tra insegnamento universitario ed economia, tra università e imprese.
Lazio la regione con più laureati, in coda Puglia e Sicilia
A peggiorare la situazione italiana sono le differenze geografiche dei livelli d’istruzione: le regioni del Centro sono mediamente più istruite rispetto al resto d'Italia. In particolare il Lazio è la regione con il più alto tasso di laureati (23%), considerando la fascia di età che va dai 25 ai 64 anni. Umbria ed Emilia Romagna sono a pari merito con il 21%, seguite dalla Toscana e Liguria con il 20%. A metà classifica due regioni del Nord: il Piemonte e il Veneto, rispettivamente con il 17% e il 16%. In fondo ci sono la Puglia e la Sicilia con la percentuale più bassa (13%). Nelle regioni del Centro la percentuale media e' del 20%, nel Nord del 18% e nel Sud e nelle Isole del 15%. La situazione cambia però se ci si riferisce solo ai giovani tra i 25 e i 34 anni: in questo caso - sempre secondo i dati del rapporto Ocse - la Provincia di Trento è quella più virtuosa, con oltre il 30% di laureati.
In Italia un giovane su quattro è un Neet
E' sempre più preoccupante in Italia il numero dei Neet, acronimo inglese che indica i giovani tra i 15 e i 29 anni che non sono impegnati nello studio, nel lavoro e nemmeno nella formazione. Il 26% dei giovani italiani fa parte di questa categoria, quasi il doppio della media dei Paesi Ocse (14%). La situazione è più grave in Campania, Sicilia e Calabria, dove un giovane su tre è un Neet. Se si guarda la classifica del rapporto Ocse, il nostro Paese si posiziona al penultimo posto, subito prima della Turchia con il 28%. Ai primi posti ci sono i Paesi Bassi e la Danimarca con un tasso dell'8%, seguiti dalla Svizzera (9%), dalla Germania (10%) e dall'Austria (11%).
Boom di frequenze per la scuola dell’infanzia, Italia supera la media Ocse
L’unica nota positiva del rapporto Ocse per l’Italia arriva dalle scuole per l’infanzia. Le frequentano il 90% dei bambini tra i 3 e i 5 anni (il 16% già a 2 anni), percentuale che supera la media Ocse che non raggiunge l’80%. La spesa delle istituzioni pubbliche per queste scuole è di circa 7.500 dollari per ogni bambino, leggermente sotto la media degli altri Paesi. Va leggermente meglio degli altri anche per quanto riguarda la copertura della spesa: l’84% proviene dal settore pubblico (la media Ocse è dell’83%) e le famiglie devono occuparsi del restante 16% (la media Ocse è del 17%).