Dietro la formula 'Salva-Roma' si cela in realtà il grande buco - stimato attualmente in 12 miliardi di euro - dentro cui sono finiti quasi cinquant'anni di debiti della Capitale. L’altro volto della questione è rappresentato dai tentativi di risolvere il dramma economico-finanziario della Capitale, che è tra le altre cose anche il principale agglomerato urbano del Paese e rappresenterebbe, qualora la questione esplodesse e si arrivasse a quello che in America chiamerebbero lo shutdown, una vera e propria bomba sociale.
Nel 2008, subito dopo l'elezione a sindaco di Gianni Alemanno, il governo di Silvio Berlusconi con Giulio Tremonti alle Finanze venne in soccorso del centrodestra appena arrivato per la prima volta alla guida del Campidoglio.
Così dieci anni fa è stata creata la gestione commissariale del debito storico del Comune di Roma, che raccoglie i passivi maturati dalle casse comunali dalla fine degli anni Cinquanta fino al 2008. Sulla cifra di partenza i pareri restano discordanti, si è parlato più volte di circa 20 miliardi di euro di 'rosso'.
Più chiare invece le modalità con cui i commissari che si sono succeduti hanno rinegoziato l'importo del debito, tramite un finanziamento di 500 milioni di euro annui, 300 forniti dallo Stato e 200 dal Campidoglio tramite l'addizionale Irpef allo 0,4% (la più alta in Italia) e una sovrattassa di 1 euro per ciascun passeggero in partenza dai due aeroporti romani.
Tutta la storia di Roma in un buco
Nel grande calderone dei debiti comunali c'è un po' la storia degli ultimi decenni di attività politica cittadina, diluita in circa 1.500 contratti di mutuo. Si parte da poste contabili di natura non del tutto certa legate a dei contenziosi per espropri di terreni effettuati dal Campidoglio in previsione delle Olimpiadi del 1960, si finisce con i prestiti contratti per realizzare le opere in funzione del Giubileo del 2000.
E poi una serie di manovre contabili effettuate tra Comune e gestione commissariale. Di fatto il debito restante è composto al momento da 9 miliardi di componente finanziaria e 3 miliardi di parte commerciale, quest'ultima riguarda per 1 miliardo espropri, per 600 milioni contenziosi e 300 di pagamenti ai fornitori.
In previsione di una possibile crisi di liquidità a partire dal 2022 per le casse del commissario al debito, governo e Campidoglio avevano trovato una nuova formula per liquidare i vecchi debiti di Palazzo Senatorio.
Le casse statali si sarebbero fatte carico principalmente del pagamento degli interessi di un Bond aperto da Palazzo Senatorio con scadenza nel 2048, mentre al Comune sarebbe spettata la liquidazione dei debiti commerciali.
Da questa nuova ripartizione il Campidoglio stimava di ottenere risparmi per 2,5 miliardi nel periodo compreso fino alla scadenza del 2048, ovvero circa 90 milioni di euro l'anno, con cui diminuire progressivamente l'addizionale Irpef, la più alta d'Italia.
Gli esiti dell’ultimo consiglio dei ministri hanno vanificato l’idea. Ma quando si tratta di Roma, si sa che i tempi sono lunghi. Lo dimostra la Storia.