Un mese dopo la sollevazione di alcuni residenti e militanti di estrema destra, che ha portato una famiglia rom a rinunciare alla casa popolare che il Campidoglio le aveva assegnato a via Cipriano Facchinetti, a Casal Bruciato, la stessa scena da ieri si ripete a poche centinaia di metri di distanza, in via Satta.
Stavolta però, almeno per ora, l'epilogo sembra differente: la famiglia rom di origine bosniaca assegnataria dell'appartamento, composta da 14 persone e proveniente dal campo nomadi della Barbuta, sembra intenzionata a resistere e rimanere nello stabile. Questo nonostante alcuni dei bimbi siano particolarmente scossi dall'accoglienza fatta di insulti e minacce loro riservati da alcuni residenti del complesso di case popolari.
Di fatto, dopo Torre Maura è la terza sollevazione di questo tipo in due mesi. A dispetto delle proteste di oggi pomeriggio, con alcuni momenti di tensione legati al presidio contemporaneo di CasaPound nel cortile sotto il palazzo e dei movimenti lotta per la casa e Usb nella strada adiacente, i rom vogliono provare a non cedere alle contestazioni.
Il Campidoglio da parte sua ha inviato a sostegno la presidente del Municipio IV Roberta Della Case e l'assessore al Patrimonio Rosalba Castiglione per portare il messaggio che non si torna indietro rispetto alla linea che gli alloggi popolari si assegnano in base alle graduatorie, a prescindere dalla nazionalità degli aventi diritto. Mentre la sindaca Virginia Raggi ha parlato della situazione con il prefetto e con il questore.
Domani si annuncia una nuova giornata di passione a Casal Bruciato, nel pomeriggio alle 16 i movimenti per il diritto all'abitare si ritroveranno a via Satta per "impedire a CasaPound di sfilare impunemente per il quartiere". Mentre il movimento di estrema destra ha annunciato un presidio alle 17.30 a piazza Balsamo Crivelli per rivendicare le case popolari "per gli italiani e non per i nomadi".
Un nuovo capitolo di una 'guerra tra poveri' che sembra destinata a proseguire nei prossimi mesi, con il Campidoglio che intende chiudere i campi nomadi assegnando abitazioni di edilizia popolare ai residenti dei campi che ne hanno diritto e i residenti storici delle periferie romane che non intendono condividere gli stessi caseggiati con loro, accusandoli di essere portati a delinquere.