Sono circa 25 mila (lo 0,04% della popolazione italiana) i rom e sinti che vivono "in condizione di segregazione abitativa", ovvero in baraccopoli formali e informali. Questi gli ultimi dati disponibili, secondo il report annuale dell'Associazione 21 luglio onlus, nel giorno in cui il ministro dell'Interno Matteo Salvini ha firmato una circolare indirizzata a tutti i prefetti per chiedere una relazione sulla presenza di insediamenti rom, sinti e caminanti entro due settimane.
Il 60% dei nomadi censiti - pari a circa 25 mila - vive in 127 "insediamenti formali", ovvero nelle baraccopoli istituzionali presenti in 74 comuni italiani, equamente distribuiti sul territorio nazionale, con una prevalenza nelle periferie delle grandi città.
Tutti gli altri, un numero compreso all'interno di una forbice stimata tra le 8.600 e le 10.600 unità, vivono invece in "insediamenti informali" che, per effetto di ripetuti interventi di sgombero, finiscono con il diventare micro insediamenti abitati da due o tre famiglie.
Nel corso del 2018, così come nell'anno precedente, si è registrato un sensibile aumento di queste baraccopoli informali - presenti in 17 regioni - dovuto per lo piu' al "declassamento" di insediamenti in passato riconosciuti come istituzionali: è il caso, tra gli altri, dei campi di Scampia e Giugliano. L'aspettativa di vita è di 10 anni inferiore a quella della popolazione italiana.
Il 55% ha meno di 18 anni; almeno il 44% dei rom e sinti presenti nelle baraccopoli istituzionali ha la cittadinanza italiana. Il 73% dei rom ospitati dalle baraccopoli informali sono di origine romena, i rimanenti sono originari dell'ex Jugoslavia (il 20%) e cittadini italiani (7%).
Le più grandi baraccopoli informali sono concentrate in Campania; la città con il maggior numero di baraccopoli istituzionali (16) è Roma. Le aree urbane con il maggior numero di micro insediamenti informali sono sempre la Capitale (circa 300) e l'area metropolitana di Milano (circa 130).
Sono 22 le principali comunità ascrivibili all'universo romanì presenti in Italia: i rom italiani di antica immigrazione suddivisi in 5 gruppi (rom abruzzesi, rom celentani, rom basalisk, rom pugliesi, rom calabresi); i sinti, all'interno dei quali ci sono 9 gruppi (sinti piemontesi, sinti lombardi, sinti mucini, sinti emiliani, sinti veneti, sinti marchigiani, sinti ga'ckane, sinti estrekha'ria, sinti krana'ria); i rom balcanici di recente immigrazione comprensivi di almeno 5 gruppi (rom harvati, rom kalderasha, rom xoraxane', rom sikhane', rom arlija/siptaira); i rom bulgari; i rom romeni; i caminanti, originari di Noto.
Dal 2012 esiste una Strategia Nazionale per la loro inclusione che però, denuncia l'Associazione, "a due anni dal suo termine naturale, non è riuscita a promuovere alcun significativo impatto". Nel solo 2018, sono stati quasi 200 gli sgomberi forzati promossi dalle autorità e che hanno riguardato insediamenti informali abitati da rom di origine romena e si è registrato un totale di 125 episodi di discorsi d'odio nei confronti di rom e sinti, di cui 38 (il 30,4% del totale) classificati di una certa gravità.
Numeri che potrebbero cambiare dopo la firma da parte del ministro dell'Interno Matteo Salvini della circolare indirizzata a tutti i prefetti per chiedere una relazione sulla presenza di insediamenti rom, sinti e caminanti. L'obiettivo - riderisce il Viminale - è quello di verificare la presenza di realtà abusive per predisporre un piano di sgomberi. Il Viminale si aspetta di avere il quadro definito della situazione entro due settimane.