"Al 22 settembre, i rimpatri effettuati dal nostro Paese sono stati 5.244, di cui 5.044 forzati e 200 volontari assistiti". Lo ha reso noto il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, riferendo alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Politiche europee in vista del Consiglio Ue Giustizia e Affari Interni in programma il 7 e 8 ottobre. "Nel 2017 - ha ricordato il ministro - i rimpatri forzati erano stati 6.514 e quelli volontari assistiti 869, per un totale di 7.383; nel 2018 i rimpatri forzati erano stati 6.820 e quelli volontari assistiti 1.161, per un totale di 7.981".
"Il tasso dei rimpatri di chi non ha titolo a restare in Europa - ha ammesso il ministro - resta basso in tutta l'Unione europea, è necessario farlo crescere nel rispetto dei diritti fondamentali. Bisogna promuovere ogni iniziativa a livello europeo per favorire nuovi accordi di riammissione con i Paesi di origine dei flussi e implementare quelli già in vigore".
Tra il 2018 e il 2019, "su 855 migranti sbarcati in Italia e da ricollocare in diversi Paesi europei, le offerte di accoglienza hanno riguardato solo 673 persone. Di queste, e il dato è particolarmente significativo, solo 241 sono state effettivamente trasferite". La volontarietà, ha chiarito il ministro, riguarda solo la rotazione degli sbarchi, non la ripartizione dei migranti tra i Paesi aderenti, che è obbligatoria. "Quella sottoscritta a La Valletta - ha ricordato Lamorgese - è una dichiarazione di intenti, importante anche perché niente affatto scontata: il primo passo di un percorso lungo, un progetto pilota che potrà essere corretto se e dove necessario. Ma avere messo per scritto che la ripartizione è obbligatoria entro quattro settimane è estremamente importante".
"Il clima collaborativo riscontrato a La Valletta - ha proseguito Lamorgese - l'impegno comune dei ministri dell'Interno dei Paesi presenti, la volontà delle istituzioni comunitarie lasciano sperare nell'apertura di spazi importanti per la definizione di una seria politica europea dell'immigrazione. L'Italia sta facendo la sua parte, ha saputo gestire numeri impressionanti in passato ed è da questa capacità che dobbiamo partire per azioni propositive. Si tratta di un lavoro lungo, duro e paziente, al quale non possiamo sottrarci e nel quale crediamo fermamente".
Nella gestione del fenomeno migratorio, ha aggiunto il ministro, "solo una risposta coordinata e condivisa a livello europeo permetterà di elaborare una strategia comune in grado di coniugare il rigore nella lotta al traffico di esseri umani e il rispetto dei diritti umani e della solidarietà, base dell'integrazione".
Quest'anno più di mille migranti sono morti nel Mar Mediterraneo aveva comunicato ieri l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). "L'Unhcr chiede urgentemente un aumento della capacità di ricerca e salvataggio, compreso un ritorno delle navi statali dell'Ue nelle operazioni di ricerca e salvataggio e un riconoscimento del ruolo cruciale delle imbarcazioni delle Ong nel salvare vite in mare", ha detto affermato il portavoce, Charlie Yaxley. Almeno 15 mila persone hanno perso la vita nelle traversate del Mediterraneo dal 2014.
E proprio sul ruolo delle Ong sempre ieri era intervenuta Luciana Lamorgese, per la quale "devono valere delle regole, credo che si debba ripartire dal Codice di comportamento del ministro Minniti. "Serve un 'contratto' tra lo Stato e chi svolge attivià di salvataggio in mare, che pure rappresenta una priorità - ha aggiunto il ministro - La guardia costiera libica? Opera nelle acque Sar di propria competenza come e' giusto che sia, non possiamo pensare di andare a proteggere i confini di altri".