Da dieci anni la politica romana si interroga su dove situare una possibile discarica di servizio per la città. Il 31 dicembre scorso la giunta M5s di Virginia Raggi ha indicato, un poco a sorpresa, l'area di Monte Carnevale.
Il sito, una ex cava, si trova nella Valle Galeria, a meno di 10 chilometri da Malagrotta, che per quasi 50 anni (fino al 2013) ha ospitato la maxi discarica della Capitale, la più grande d'Europa. Una scelta che ha fatto nuovamente esplodere la rabbia della zona, già provata da decenni di lotte contro miasmi e rischio di inquinamento delle falde acquifere.
Dopo le proteste, il Campidoglio - se le carte raccolte dal Municipio XII dovessero valutare l'area non idonea - starebbe già lavorando ad una possibile retromarcia che smentirebbe in pochi giorni la decisione assunta. La necessità di individuare velocemente un invaso di servizio negli ultimi mesi è diventata stringente, vista la chiusura il 15 gennaio della discarica di Colleferro, che accoglie un terzo della differenziata prodotta ogni giorno a Roma.
Ma il dibattito sulla discarica si trascina dal 2009, finora sempre senza esito, ha attraversato l'intera consiliatura di Gianni Alemanno, quella rimasta a metà di Ignazio Marino ed i tre anni e mezzo della gestione Raggi.
Negli anni si sono succedute le ipotesi più disparate, fuori e dentro il territorio comunale, come possibile sede di un invaso: Monti dell'Ortaccio, Allumiere, Riano, Corcolle, Pian dell'Olmo, Falcognana, Tragliatella. Si tratta di zone accomunate dal trovarsi in località meno densamente abitate e vicino a grandi vie di comunicazione. Ma ogni volta che è stata anche solo ventilata l'ipotesi di aprire una discarica ciascuno di questi territori ha manifestato apertamente la sua opposizione riuscendo a stoppare le intenzioni del Campidoglio o della Regione Lazio.
Nel frattempo la raccolta differenziata è raddoppiata dal 20,6% del 2009 al 42,9% del 2018 - dati Ispra - senza che però sul fronte impiantistico venissero fatti passi in avanti. I Tmb restano appena 3 - uno a Rocca Cencia di proprietà di Ama e destinato almeno sulla carta a chiudere; 2 a Malagrotta del Colari; quello del Salario di Ama è andato distrutto dalle fiamme a novembre 2018 e comunque ne era già stata fissata la chiusura - specchio di un ciclo con una decisa carenza impiantistica.
Il sistema di raccolta e smaltimento è fragile, la prima criticità in uno degli impianti porta all'accumulo per giorni fiori dai cassonetti, e necessita di trasporti nel resto del Lazio cosi' come in altre Regioni. E per il 2020 si sta studiando nuovamente il bando per conferire parte dei rifiuti anche all'estero. Così, nell'attesa di passi avanti sull'impiantistica, che necessiteranno comunque di alcuni anni, si ritorna al nodo discarica, che ogni volta scatena le prevedibili proteste dei territori.