Marco Gasparinetti, avvocato, friulano, a Venezia da 18 anni “per scelta”, è il portavoce del Gruppo 25 aprile, data della Liberazione e di San Marco, una delle sigle civiche che si batte per il Sì alla separazione della città dalla terraferma. E se l’esito fosse positivo, quali vantaggi per Venezia?
“Frenare lo spopolamento, non essere condannati all’irrilevanza, dare rappresentanza anche politica alle istanze della città” risponde l’avvocaro. “Il crollo demografico di Venezia, che ci pone su un piano inclinato, in cui nella Venezia insulare rischia di non esserci più nessuno di questo passo se non si inverte la tendenza – prosegue –, fa pensare che qualunque sia il colore politico del candidato sindaco, i voti nel Comune attuale si cercano sempre e solo a Mestre dove vivono 180 mila abitanti sui 260 che siamo. E i soldi che arrivano in nome di Venezia si spendono sempre là dove sono gli elettori.
Veneziani penalizzati per favorire i mestrini?
“L’esperienza della Legge Speciale parla chiaro: i soldi vengono spalmati per soddisfare le esigenze elettorali. E il sindaco Brugnaro lo conferma quando dice che ‘il futuro di Venezia è a Mestre dove c’è la gente che vive’. Cosa significa? Che dove c’è la gente che vive c’è anche la gente che vota… E la gente che conta e sa contare conta i fatturarti in base ai voti… Non si scampa. Il messaggio ai veneziani è chiaro: andate a Mestre, affittate le vostre case ai turisti e lasciatemi gestire Venezia come un parco a tema. Via libera al biglietto d’ingresso per chi vuole entrare in città, che noi non vogliamo perché ci condannerebbe a esser soltanto un’attrazione turistica. La cosa di cui più abbiamo bisogno è di un sindaco che viva tra di noi e che condivida gioie e dolori di questo posto unico al mondo”.
E quali vantaggi immediati avrebbe la città?
“Che i soldi che il contribuente italiano, e sono tanti, pensa di versare a Venezia finalmente verranno spesi qui per la città e non altrove. O per fare le rotatorie di Mestre. Quindi ci sarebbe un rinnovo radicale della classe dirigente della città, perché nel Comune unico molti di noi non intendono neanche candidarsi per non fare i soprammobili. Venezia è usata come vetrina, una vacca da mungere. Infine, sui flussi turistici, un’amministrazione dedicata potrebbe finalmente esercitare una qualche forma di controllo anche sulla proliferazione di esercizi che stanno letteralmente uccidendo la città. Ci sarebbe maggiore controllo sulle attività, le residenze. E battere gli interessi di chi gestisce le case a Venezia standosene a Mestre”.
E sulle Grandi Navi?
“Paradossalmente, il referendum non cambia quasi nulla perché si tratta di decisioni nazionali, che attengono al ministero dei Trasporti e delle infrastrutture. Su questo non voglio imbrogliare. Come sull’acqua alta. Ci sono problemi che richiedono interventi nazionali o regionali. Così su porto e aeroporto. Ci sono materie che non sono mai state delegate al Comune. Ma con un sindaco che ci rappresenta direttamente le cose potrebbe essere diverse e cambiare… Va detto anche che il referendum non è la panacea di tutti i mali. È solo la condizione sufficiente e necessaria per affrontare e risolvere tutta una serie di problemi”.
Non c’è il rischio che con la divisione si acuiscano i conflitti, a partire dalla spartizione dei beni come nei migliori divorzi matrimoniali…?
“Però il Casinò per legge resta a Venezia. La succursale in terraferma, a Ca’ Noghera, salta…”.
Però è quella che guadagna mentre Ca’ Vendramin sul Canal Grande perde abbondantemente…
“Ma Ca’ Noghera si può smontare e rimontare altrove, anche al Tronchetto dove si arriva con le macchine. Storicamente la sede del Casinò era al Lido…”.
E Porto Marghera?
“Porto Marghera non è di nessuno. La competenza territoriale, per quel che riguarda il Piano regolatore, è di Mestre, ma le aree da bonificare sono tutte proprietà privata. In realtà per Porto Marghera non cambia nulla. E comunque non sarà come in Kramer contro Kramer con i coniugi che si picchiano…”.