Il processo per il rapimento della modella Ayling è finito con una condanna a 16 anni
Il processo per il rapimento della modella Ayling è finito con una condanna a 16 anni

Il processo per il rapimento della modella Ayling è finito con una condanna a 16 anni

manuela d'alessandro
 Chloe Ayling
 Facebook -  Chloe Ayling
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È stato un sequestro di persona a scopo di estorsione e non simulato, come ipotizzato dalla difesa, quello ai danni della ventenne modella inglese Chole Ayling. Lo hanno stabilito i giudici della Corte d'Assise di Milano condannando a 16 anni e nove mesi Lucasz Herba, il 30enne polacco di Birmingham arrestato nel luglio dell'anno scorso per avere rapito la ragazza con la complicità del fratello Michal Konrad Herba, fermato in Italia e in attesa di essere estradato.

All'imputato sono state riconosciute le generiche che gli hanno consentito di evitare una pena ben più severa, considerando che il reato, tra i più gravi per la nostra legge perché incide sulla libertà personale, viene punito col carcere tra i 25 e i 30 anni, in assenza di attenuanti. Prima che i giudici si riunissero in camera di consiglio, il legale di Herba, l'avvocato Katia Kolakowska, ha ipotizzato che il sequestro sarebbe stato ispirato, in accordo tra i due giovani, al film 'By any means'. Stando agli stessi autori della pellicola, uscita 8 settimane prima dei fatti, le somiglianze con la trama del film appaiono "infinite".

Di certo da questa vicenda è scaturita una 'sceneggiatura processuale' piena di colpi di scena che ha appassionato per mesi i tabloid britannici, presenti in forze in aula coi loro corrispondenti.

Un mitomane avventuriero

Così il pm Paolo Storari ha definito Lucasz Herba sostenendo che col sequestro, avvenuto tra l'11 e il 17 luglio dell'anno scorso, avrebbe voluto accreditarsi nel 'deep web' dove avrebbe minacciato di venderla all'asta. La ragazza, liberata dopo una richiesta di riscatto in un primo tempo di 300 mila e poi di 50 mila dollari, mai ottenuti, sarebbe stata costretta a "violenze fisiche e psicologiche", tra cui "l'ammanettamento", la narcotizzazione con una droga molto potente, la ketanina, e "il brutale trasporto dentro una valigia" fino a una baita in Piemonte.

In aula gli investigatori hanno spiegato che il "piano iniziale dei due fratelli era quello di sequestrare la modella a Parigi ma poi in quel periodo, nell'aprile del 2017, c'era stato l'attentato sugli Champs - Elysees e i due scelsero Milano perché era più sicura per portare a termine il rapimento". In alcune mail sequestrate, Herba, che aveva creato il sito 'Bleck Death', si presentava come un "guerrigliero" che aveva "già fatto vittime in Iran e Afghanistan e disposto anche a vendere donne". Per il rappresentante dell'accusa, che aveva anche sollecitato una perizia psichiatrica non ammessa dalla Corte, alla base del sequestro ci sarebbe stato un 'disturbo narcisistico di personalità'.

"Chloe è stata trattata come una cosa - ha argomentato - destinata a soddisfare i suoi bisogni di narcisismo maligno. Agli altri si presentava come un delinquente, vantandosi di altri sequestri, frutto della sua fantasia". Per questa sua fragilità psicologica e perché comunque ha poi liberato e accompagnato la ragazza al consolato inglese di Milano, Storari aveva chiesto di riconoscere l'attenuante della 'lievità del fatto', non concessa dai giudici.

La doppia versione di Herba

Herba ha raccontato due versioni talmente diverse da aver fatto esclamare al pm Storari, dopo avere ascoltato la ritrattazione: "Credo che non abbia tutte le rotelle a posto". Subito dopo l'arresto, ha spiegato di essere malato di leucemia e che, per procurarsi il denaro necessario alle cure, aveva iniziato a collaborare con "tre rumeni di Bimringham" che gli avrebbero affidato mezzo milione di sterline per affittare locali in varie città europee tra le quali Milano.

I locali avrebbero dovuto essere usati per rapire giovani modelle a scopo di riscatto e i rumeni, nell'ambito di questo disegno, lo avrebbero costretto a fare prigioniera Chloe, ma lui a un certo punto si sarebbe ribellato e l'avrebbe liberata.

Molto diverso il racconto fatto davanti ai giudici il 21 febbraio scorso: "Avevamo concordato di fingere il suo sequestro per guadagnarci dei soldi che poi ci saremmo divisi. Dico solo oggi la verità perché ero convinta che Chloe mi avrebbe aiutato e invece non è andata così. La messinscena è finita quando ci siamo accorti che i media non scrivevano di noi. A quel punto uscivano a fare shopping in paese e l'ho accompagnata al consolato perché avevo paura che si perdesse".

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