A distanza di ore dalla risoluzione del caso da parte dei Carabinieri, desta ancora sdegno la notizia che arriva da Molfetta, dove il padrone di un cane di piccola taglia ha sparato e ucciso un pitbull reo di avere attaccato, fino quasi ad ucciderlo, il suo cagnolino.
Sparare a un cane è considerato come un gesto inqualificabile e la legge in proposito è molto chiara: "L'uccisione dell'animale altrui costituisce reato solo ove avvenga senza necessità”. E' quanto stabilito da una sentenza della Corte di Cassazione, che si è trovata, nel 2010, a giudicare il caso di un uomo che ha sparato a un pastore tedesco per difendere la moglie che tentava di salvare il proprio cagnolino da un'aggressione.
In primo grado il Tribunale di Salò aveva condannato il marito, denunciato dal padrone del pastore tedesco, a pagare 140 euro di ammenda e al risarcimento del danni. La condanna fu però annullata dalla seconda sezione penale della Cassazione perché i Supremi decisero che l’uomo aveva agito per necessità e per “stato di necessità”, scrissero ai tempi, si intende: "ogni situazione che induca all'uccisione o al danneggiamento dell'animale per evitare un pericolo imminente".
Per declinarla in aktri termini, possiamo tranquillamente scomodare il concetto di “legittima difesa”. Tant’è che nel giugno del 2018, quando il governo affrontò una discussione molto accesa sulla legittima difesa e il diritto di aprire il fuoco su estranei colti in flagrante durante la violazione di una proprietà privata, l’Aidaa, l’associazione italiana difesa animali ed ambiente, chiese espressamente al ministro dell’Interno che il diritto a difendersi con le armi contro le intrusioni altrui non fosse limitato alla aggressione fisica alle persone, ma fosse esteso anche nei confronti di chi entra negli appartamenti o nelle case private con lo scopo di rapire o fare del male agli animali domestici.