"Gentile Ministro, è ammissibile per buonsenso e messaggio educativo che un docente aggredito, ingiuriato, minacciato e abbandonato a se stesso debba anche difendersi dal fuoco amico? Mi chiedo come mai la parola di minorenni diseducati e le minacce di famiglie aggressive mettano in discussione la serietà di chi ogni giorno lavora per costruire conoscenza e competenza ma anche le donne e gli uomini di domani".
Questo un passaggio della lettera che Giuseppe Falsone, il professore di matematica di una scuola media del trevigiano picchiato dai genitori di un alunno che aveva rimproverato, ha scritto al ministro dell'Istruzione, Valeria Fedeli, dopo che l'istituto dove insegna ha aperto contro di lui un procedimento disciplinare. Un atto dovuto, spiega la preside Paola Rizzo, dopo l'esposto presentato dai genitori dell'allievo, il quale, però, non è stato soggetto ad alcun provvedimento. I familiari del ragazzo, invece, sono sotto inchiesta per minacce e lesioni ai danni del docente quarantaduenne, che in quella scuola di Casteller di Paese ha trascorso gli ultimi otto dei quindici anni dedicati all'insegnamento.
"Una storia capovolta"
Incredulo e deluso, Falsone parla di una "storia capovolta". Una storia iniziata lo scorso 21 dicembre. "Era appena cominciata la ricreazione", racconta Falsone al Corriere, "che, da regolamento, gli alunni devono trascorrere all’aperto. Un ragazzino, di origini rom, con la tendenza a non rispettare le regole, non voleva uscire. Così gli ho posato una mano sulla spalla e l’ho accompagnato fuori". Un gesto non digerito dal ragazzo, che nei giorni successivi avrebbe ripetuto ai compagni che avrebbe fatto picchiare il docente dai suoi genitori. "Ho provato a parlarci. Gli ho spiegato che tutti i suoi compagni erano fuori e lui ha detto che faceva freddo e che non ne voleva sapere", ha detto a La Stampa, "gli ho messo una mano sulla spalla, mentre lui opponeva resistenza passiva. Un gesto in cui, secondo qualcuno, ci sarebbe stata violenza. Ma ci sono i testimoni e in ogni caso non mi permetterei mai".
"Vieni fuori, ti spezziamo le gambe"
Due giorni dopo, sabato 23, Falsone si trova di fronte il padre, la madre e il fratello sedicenne del riottoso allievo. "Si sentivano le urla dall’atrio - continua il docente - 'Vieni fuori, ti spezziamo le gambe', gridavano. Mi sono rifugiato in segreteria mentre la preside teneva a bada i tre, poi sono uscito, e il padre e il figlio mi hanno preso a pugni". Una colluttazione interrotta solo dall'arrivo dei Carabinieri e preceduta da telefonate minatorie. "Sono stato colpito. Prima dal fratello del 13enne e poi dal padre. Due colpi in testa che mi hanno anche fatto volare gli occhiali", aggiunge, "per fortuna non ho reagito altrimenti mi sarei rovinato la carriera".
"Quale messaggio educativo diamo ai nostri ragazzi?"
"Quando le scuole riaprono, a gennaio, Falsone chiede all’istituto come intenda muoversi per tutelarlo e scopre che sul suo conto è stata invece aperta una contestazione di addebito, cioè un procedimento disciplinare", leggiamo ancora sul quotidiano torinese, "passano i giorni e arriva la seconda doccia fredda: nei confronti dello studente non viene preso nessun provvedimento. 'A quel punto ho avuto un crollo, mi sono chiesto: ma io per chi sto lavorando? Chi mi tutela? È possibile che venga picchiato e sia l’unico a subire un provvedimento? Il cedimento mi è costato altri 10 giorni di salute, certificati dal medico. Le parole dei miei studenti in quei giorni mi sono servite a ripartire e a rientrare a scuola. Ora però, anche per gli altri insegnanti che si possono trovare nella mia situazione ho deciso di scrivere al ministro e di chiedere aiuto. La scuola così non funziona, quale messaggio educativo diamo ai nostri ragazzi?'."
"Le minacce di famiglie aggressive mettono in discussione la serietà di chi lavora per costruire la conoscenza e le donne e gli uomini di domani", recita un altro passaggio della lettera a Fedeli, "quando si sbaglia, si chiede scusa. Lo spieghiamo ai ragazzi. Ma cosa dobbiamo dire quando si viene calpestati per aver svolto il proprio dovere?". Una domanda che non può essere elusa: quella ai danni di Falsone non è l'unica aggressione ai danni di insegnati emersa dalle cronache in questi giorni.