A poco più di quattro mesi dall'operazione "Eclissi", realizzata da polizia e carabinieri e coordinata dalla Dda di Roma contro la mafia di Ostia, prende il via il processo nell'aula bunker di Rebibbia nei confronti di 27 imputati ritenuti, tra componenti e semplici affiliati, appartenenti al clan degli Spada che sul litorale da alcuni anni ormai ha preso il posto che fu dei Triassi e dei Fasciani.
Sarà la terza Corte d'assise, a partire dal 6 giugno prossimo, a valutare l'enorme materiale probatorio messo a disposizione in tempi record dai pm Mario Palazzi e Ilaria Calò, fatto di centinaia di intercettazioni telefoniche e ambientali e arricchito dalle dichiarazioni di almeno cinque collaboratori di giustizia (Michael Cardoni, Tamara Ianni, Paul Dociu, Antonio Gibilisco e Sebastiano Cassia) i cui racconti hanno consentito di "delineare in modo puntuale e convergente la storia degli ultimi 10 anni dell'organizzazione criminale che fa capo alla famiglia Spada a Ostia come associazione di tipo mafioso".
Così ha scritto il gip Simonetta D'Alessandro che il 25 gennaio scorso ha firmato un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per 32 esponenti del clan "il cui progetto criminale era finalizzato a rimarcare con metodi tipicamente mafiosi un vero e proprio controllo del territorio".
I leader dell'organizzazione
L'elenco degli imputati si apre con Carmine Spada, 51 anni, detto Romoletto, ritenuto da chi indaga "capo, promotore e vertice dell'organizzazione, responsabile di impartire ordini e direttive in ordine al controllo del territorio, ai fatti di sangue, alla gestione delle attività delittuose di estorsione, usura, traffico di stupefacenti e detenzione e porto di armi da sparo nonché del controllo delle attività economiche di balneazione, ristorazione e delle sale giochi nel litorale di Ostia gestite o direttamente o tramite prestanome dall'organizzazione".
A fargli compagnia, sul banco degli imputati, ci sono poi gli autori (attualmente sotto processo) dell'aggressione alla troupe Rai 'Nemo - Nessuno escluso' del 6 novembre scorso, e cioè il 43enne Roberto Spada, che condivide con il fratello Carmine le scelte strategiche del sodalizio ed è dotato di potere decisionale, e il suo complice Ruben Alvez del Puerto, attivo nel settore 'armi, violenza e intimidazione'.
Lunghissima la lista dei reati contestati dai magistrati: si va dall'associazione per delinquere di stampo mafioso "che si avvale della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva", a episodi di omicidio, estorsione, usura, detenzione, porto di armi e di esplosivi, incendio e danneggiamento aggravati, traffico di stupefacenti e attribuzione fittizia di beni.
Così il clan si è preso Ostia
Al centro degli accertamenti, tra l'altro, l'agguato (di grande valore strategico perché segnò l'ascesa del clan Spada) costato la vita a Giovanni Galleoni (detto Baficchio) e a Francesco Antonini ('Sorcanera') uccisi a colpi d'arma da fuoco in pieno giorno da killer a volto scoperto, in un bar del litorale romano, il 22 novembre del 2011 e, più in generale, l'acquisizione, in modo diretto e indiretto, la gestione e comunque il controllo delle varie attività economiche, oltre all'aggiudicazione di autorizzazioni e appalti.
Per gli investigatori non ci sono dubbi: "Quella degli Spada è mafia autoctona, cioè diversa da quella storica, ma pur sempre mafia". Un'interpretazione condivisa dal gip che ha parlato di "un'associazione che ha provocato un profondo degrado sul territorio, consentendo il dilagare di reati gravissimi e lesivi di beni primari": gli Spada, come poi ha confermato sostanzialmente anche il tribunale del Riesame, hanno messo in piedi "un sodalizio che ha fondato la sua potenza sull'organizzazione a base familistica e sulla ripartizione delle competenze.
Gli Spada, insomma, hanno fatto il bello e il cattivo tempo sul litorale, infiltrando attività economiche legali e seminando il terrore. Come è successo quando è stato lo stesso Carmine Spada, per ben due volte, a essere bersaglio di un attentato: in quel caso, non ha denunciato alcunché, ma ha pensato solo a come 'rifarsi', nonostante gli amici Fasciani lo avessero sconsigliato.