Il Comune di Torino si spacca sull'addio del Salone dell'Auto e quella che è una svolta in un fenomeno di costume diventa un fronte di scontro politico. E nello scambio di accuse, nella corsa di Luigi Di Maio a 'blindare' il sindaco Chiara Appendino, si perdono le vere ragioni di una frattura tra quello che è il simbolo della Torino produttiva e la città.
Non è la prima volta che il Salone lascia Torino per approdare a Milano - dove, la prossima edizione si svolgerà dal 17 al 21 giugno 202. Già la seconda edizione, quella del 1902, si era spostata nel capoluogo lombardo e poi dal 1920 era stata preferita alla città sabauda (con una breve parentesi romana nel 1929) fino al 1937.
Dopo uno iatus di 11 anni, le auto erano tornate a fare bella mostra di sé a Torino dal 1948, prima - per 28 anni - al Palazzo delle Esposizioni, poi per 16 anni (con cadenza biennale) al Lingotto. A Torino sono state presentate auto entrate nella leggenda, come la Lancia Aurelia, la Giulietta e la Lamborghini Countach.
Dopo l'edizione del Centenario - la 68esima in ordine cronologico - una lunga pausa durata 15 anni. La crisi del'auto spinse gli organizzatori a non organizzare quella del 2002 e solo nel 2015 si è tornati ad allestire il Salone, che ne frattempo aveva cambiato nome in 'Parco Valentino - Salone & Gran Premio', per cinque anni. Ma perché allora abbandonare una sede storica?
A sentire le parole del presidente della manifestazione, Andrea Levy, si capisce molto. Parla di "vocazione innovativa", "evento internazionale" e "spettacolare inaugurazione dinamica". Tutti slogan che fanno rima con Milano, specie in una stagione in cui, dopo il successo dell'Expo e l'assegnazione (in tandem con Cortina) delle Olimpiadi invernali - alle quali Torino non ha voluto nemmeno presentare la propria candidatura - il capoluogo lombardo sperimenta una vivacità senza precedenti.
Al sindaco di Torino Levy riconosce di "avere collaborato in questi 5 anni alla creazione di un evento di grande successo, capace di accendere sulla città i riflettori internazionali". Nonostate il successo dell'ultima edizione, che si è svolta nel Parco del Valentino - 54 case automobilistiche, 700 mila visitatori e oltre 2.000 vetture speciali - hanno pesato le esitazioni della giunta e l'aperta ostilità del vicesindaco Guido Montanari, anche lui M5s, che, come ricorda il Corriere, aveva detto: "Fosse stato per me, il Salone al Valentino non ci sarebbe mai stato. Anzi, nell'ultima edizione ho sperato che arrivasse la grandine e se lo portasse via. Sono stato io a mandare i vigili per multare gli organizzato".
Poche pre prima dell'addio proclamato da Levy, la Appendino aveva annunciato di voler votare contro una mozione firmata da alcuni consiglieri del M5s che chiedeva che il Parco del Valentino non fosse più utilizzato per eventi fieristici, un atto che avrebbe provocato lo spostamento del Salone dell'Auto. E a nulla era servito l'incontro, al quale aveva partecipato anche l'assessore al Turismo Alberto Sacco, per garantire "il pieno supporto da parte della città" alla manifestazione. Incluso un piano pluriennale di comunicazione che a questo punto resterà a prendere polvere in un cassetto.