Il pericolo più grande è quello di un’autocritica che non risolve nulla, un autodafè che, passata la fase dell'emozione collettiva, lascia tutto come era prima: orribile e impunito. "Il santo Popolo di Dio ci guarda e attende da noi non semplici e scontate condanne, ma misure concrete ed efficaci da predisporre. Serve concretezza” avverte Papa Francesco, che ha fortemente voluto questo incontro a Roma per discutere, senza remore e senza scappatoie, il fenomeno della pedofilia nella Chiesa cattolica.
Di fronte a lui i presidenti delle Conferenze Episcopali di tutto il mondo. "Dinanzi alla piaga degli abusi sessuali perpetrati da uomini di Chiesa a danno dei minori, ho pensato - ha spiegato il Papa - di interpellare voi, patriarchi, cardinali, arcivescovi, vescovi, superiori religiosi e responsabili, affinché tutti insieme ci mettiamo in ascolto dello Spirito Santo e con docilità alla sua guida ascoltiamo il grido dei piccoli che chiedono giustizia".
Francesco chiede coraggio e concretezza
Più che un atto di denuncia, la richiesta di un esame di coscienza collettivo. Francesco lo dice chiaramente: "Grava sul nostro incontro il peso della responsabilità pastorale ed ecclesiale che ci obbliga a discutere insieme, in maniera sinodale, sincera e approfondita su come affrontare questo male che affligge la Chiesa e l’umanità". E conclude, il pontefice, chiedendo “coraggio e concretezza", per sollecitare le quali non manca di far distribuire ai presenti un vademecum. Un “sussidio”, lo chiama. Insomma, un aiuto. "Mi permetto di condividere con voi alcuni importanti criteri, formulati dalle diverse Commissioni e Conferenze Episcopali”, dice illustrandone la funzione, “Sono delle linee guida per aiutare la nostra riflessione. Sono un semplice punto di partenza". La Chiesa cattolica inizia così un doloroso processo di soul-searching.
“È necessario applicare la giustizia”
Il primo atto della riflessione lo compie il cardinale Luis Antonio Tagle, che mette a fuoco quello che è stato un atteggiamento particolarmente diffuso, e criticato, delle gerarchie di fronte ai casi concreti di pedofilia. "Siamo preoccupati per il fatto che in alcuni casi vescovi e superiori religiosi siano tentati, a volte forse addirittura messi sotto pressione, di scegliere chi aiutare tra la vittima e l’abusatore”, riconosce, "La riflessione su giustizia e perdono porta alla risposta 'tutti e due'”, ma, "le vittime devono essere aiutate a guarire dalle loro ferite profonde e, per gli abusatori, è necessario applicare la giustizia”. Salta così il primo mattone del muro opposto per decenni alle richieste delle vittime, l’idea cioè che la priorità non fosse riconoscere la loro tragedia.
“Chi subisce non sa nemmeno se inizia il processo”
Ma la scarsa sensibilità nei confronti delle vittime è testimoniata anche da un altro fatto. "Attualmente le vittime non vengono nemmeno avvisate che inizia il processo e neanche gli viene detto se poi il colpevole è stato condannato e che pena ha avuto”, denuncia senza mezzi termini monsignor Charles Scicluna, ex pg della Santa Sede. Ora “è necessario che ci sia un curatore degli interessi delle vittime. Noi diciamo di ammirare il loro coraggio, ma a questa affermazione non seguono dei fatti".
Intanto rimbalza l’eco di un’altra polemica, quella del cardinale tedesco Walter Brandmueller che alla vigilia dell’avvio dei lavori ha indicato nell’omosessualità il primo grave problema da affrontare nella Chiesa. “Non ci sono condizioni come l'omosessualità e l'eterosessualità che predispongono al peccato”, risponde ancora Scicluna, “C'è la concupiscienza che riguarda entrambe le condizioni, dunque, non oserei mai indicare una categoria per dire che quella ha la propensione per peccare".
Il racconto shock di Don Vinicio
“Io mi sono salvato con questo pensiero: i vigliacchi erano loro non io. Non mi sono mai sentito vittima perché le persone malevoli, subdole e delittuose erano loro, adulti, presunti o veri educatori”. Arriva come un macigno la confessione di don Vinicio Albanesi, ospite dello speciale del ‘Diario di Papa Francesco’ su Tv2000 .Dagli studi dell’emittente della Cei il presidente della Comunità di Capodarco ha denunciato pubblicamente gli abusi subiti da ragazzo in seminario da parte di altri sacerdoti.
“Erano da mandare al diavolo perché non erano degni”, riferisce oggi, “tutto questo mi è rimasto dentro per 50 anni. Ma non ho avuto sensi di colpa e questo mi ha aiutato invece a guardare al sacerdozio con lo spirito aperto, solare, bello. Il messaggio di Cristo è un messaggio infinitamente propositivo. Sono a volte, non tutti per fortuna, alcuni ad averlo intristito e reso cattivo. Cristo ha difeso i bimbi, la samaritana, i ciechi, gli zoppi. Cristo ha guarito e c'è purtroppo invece chi con le parole provoca ferite e anche la morte”.
I 21 punti per ricominciare
Intanto circolano i contenuti del sostegno alla riflessione che Francesco ha fatto distribuire ai presidenti delle conferenze episcopali. Sono 21 punti. L’inizio della stagione della concretezza. Eccoli.
1. Elaborare un vademecum pratico nel quale siano specificati i passi da compiere a cura
dell’autorità in tutti i momenti-chiave dell’emergenza di un caso.
2. Dotarsi di strutture di ascolto, composte da persone preparate ed esperte, dove si esercita un
primo discernimento dei casi delle presunte vittime.
3. Stabilire i criteri per il coinvolgimento diretto del Vescovo o del Superiore Religioso.
4. Attuare procedure condivise per l’esame delle accuse, la protezione delle vittime e il diritto di difesa degli accusati.
5. Informare le autorità civili e le autorità ecclesiastiche superiori nel rispetto delle norme civili e canoniche.
6. Fare una revisione periodica dei protocolli e delle norme per salvaguardare un ambiente
protetto per i minori in tutte le strutture pastorali; protocolli e norme basati sui principi della giustizia e della carità e che devono integrarsi perché l’azione della Chiesa anche in questo campo sia conforme alla sua missione.
7. Stabilire protocolli specifici per la gestione delle accuse contro i Vescovi.
8. Accompagnare, proteggere e curare le vittime, offrendo loro tutto il necessario sostegno per una completa guarigione.
9. Incrementare la consapevolezza delle cause e delle conseguenze degli abusi sessuali mediante iniziative di formazione permanente di Vescovi, Superiori religiosi, chierici e operatori pastorali.
10. Preparare percorsi di cura pastorale delle comunità ferite dagli abusi e itinerari penitenziali e di recupero per i colpevoli.
11. Consolidare la collaborazione con tutte le persone di buona volontà e con gli operatori dei mass media per poter riconoscere e discernere i casi veri da quelli falsi, le accuse dalle calunnie, evitando rancori e insinuazioni, dicerie e diffamazioni.
12. Elevare l’età minima per il matrimonio a sedici anni.
13. Stabilire disposizioni che regolino e facilitino la partecipazione degli esperti laici nelle investigazioni e nei diversi gradi di giudizio dei processi canonici concernenti abuso sessuale e/o di potere.
14. Il Diritto alla difesa: occorre salvaguardare anche il principio di diritto naturale e canonico della presunzione di innocenza fino alla prova della colpevolezza dell’accusato. Perciò bisogna evitare che vengano pubblicati gli elenchi degli accusati, anche da parte delle diocesi, prima dell’indagine previa e della definitiva condanna.
15. Osservare il tradizionale principio della proporzionalità della pena rispetto al delitto commesso. Deliberare che i sacerdoti e i vescovi colpevoli di abuso sessuale su minori abbandonino il ministero pubblico.
16. Introdurre regole riguardanti i seminaristi e i candidati al sacerdozio o alla vita religiosa. Per costoro introdurre programmi di formazione iniziale e permanente per consolidare la loro maturità umana, spirituale e psicosessuale, come pure le loro relazioni interpersonali e i loro comportamenti.
17. Effettuare per i candidati al sacerdozio e alla vita consacrata una valutazione psicologica da parte di esperti qualificati e accreditati.
18. Indicare le norme che regolano il trasferimento di un seminarista o di un aspirante religioso da un seminario a un altro; come pure di un sacerdote o religioso da una diocesi o congregazione ad un’altra.
19. Formulare codici di condotta obbligatori per tutti i chierici, i religiosi, il personale di servizio e i volontari, per delineare limiti appropriati nelle relazioni personali. Specificare i requisiti necessari per il personale e i volontari, e verificare la loro fedina penale.
20. Illustrare tutte le informazioni e i dati sui pericoli dell’abuso e i suoi effetti, su come
riconoscere i segni di abuso e su come denunciare i sospetti di abuso sessuale. Tutto ciò deve avvenire in collaborazione con genitori, insegnanti, professionisti e autorità civili.
21. È necessario che si istituisca, laddove non si è ancora fatto, un organismo di facile accesso per le vittime che vogliono denunciare eventuali delitti. Un organismo che goda di autonomia anche rispetto all’Autorità ecclesiastica locale e composto da persone esperte (chierici e laici), che sappiano esprimere l’attenzione della Chiesa verso quanti, in tale campo, si ritengono offesi da atteggiamenti impropri da parte di chierici.