“Una volta arrivati al CARA di Mineo ci hanno messo tutti insieme in una stanza enorme, costringendoci a dormire in due su un materasso buttato per terra. Anche mangiare era una lotta, se al momento dei pasti non correvi subito, non trovavi più nulla”. È il racconto di Moses Stevens, operatore umanitario in Sierra Leone, costretto a scappare, in seguito alle minacce subite per aver denunciato l’orrore delle mutilazioni genitali femminili nel suo paese. Il lunghissimo viaggio attraverso Guinea, Burkina Faso, Mali, Niger lo ha portato in Libia, dove è rimasto intrappolato per quattro mesi senza un motivo. Una volta sbarcato in Italia ha sperimentato tutti e tre i modelli del nostro sistema di accoglienza: il CARA di Mineo (Centro di accoglienza per richiedenti asilo); un CAS in Toscana (Centro di accoglienza straordinaria); e infine uno SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) a Pergine Valdarno (in Provincia di Arezzo), nell’ambito di un progetto di Oxfam Italia.
Nel nuovo rapporto "La lotteria Italia dell’accoglienza", Oxfam evidenzia quelli che considera gli elementi di debolezza e irrazionalità del sistema italiano. Segno, secondo l'associazione, della "mancata lungimiranza nel governo dei flussi migratori, ancora gestiti con logiche emergenziali".
“I richiedenti asilo che arrivano nel nostro paese sono sottoposti a una vera e propria lotteria, ha detto la presidente di Oxfam Italia, Maurizia Iachino, "spesso sono vittime di processi di identificazione sommari, di una burocrazia inefficiente che li destina a casaccio in un centro o in un altro, in una città o nell’altra, semplicemente sulla base della disponibilità momentanea di posti letto. Fuori da ogni logica e in disprezzo delle storie personali, si può finire in centri dove sono ammassate migliaia di persone o in strutture dove civilmente si è inseriti in programmi di integrazione e avviamento al lavoro. Si continua così a lasciare il destino di migliaia di persone in disastrate condizioni psicologiche e fisiche nelle mani di una fortuna/disgrazia. Resta alto il rischio che si separino nuclei familiari, si neghi di fatto il diritto di richiedere asilo, o che, nell’arrembaggio dell’emergenza infinita, si generino condizioni di vita impossibili, tensioni sociali e tempi di attesa lunghissimi”.
I numeri dei richiedenti asilo
In Italia vengono accolti 3 richiedenti asilo ogni 1.000 abitanti. Un numero che, secondo Oxfam, "non giustifica l’allarme ‘invasione’ evocato a ogni nuovo sbarco, soprattutto se si considera che il rapporto in Germania è di 8 a 1.000. E nemmeno giustifica una gestione sostanzialmente ‘emergenziale’, che moltiplica i centri di accoglienza straordinaria (CAS), a detrimento del sistema ordinario rappresentato dagli SPRAR, con un affidamento ormai totalmente casuale dei richiedenti asilo all’uno o all’altro".
- A marzo di quest’anno le persone arrivate via mare o via terra nel nostro Paese, e successivamente inserite nel sistema di accoglienza, erano 174.356. Un numero che rappresenta il 3,5% della popolazione straniera in Italia e lo 0,29% dell’intera popolazione. Un trend che si è mantenuto costante anche dopo gli sbarchi della scorsa estate.
- 136.477 migranti, pari al 78% del totale, vivono nei 7.000 CAS (grandi alberghi, ex caserme, appartamenti, luoghi spesso isolati), sparsi in tutta Italia "con livelli e qualità di accoglienza fortemente disomogenei"
- 13.302 vivono nei CARA
- 895 hanno trovato posto nei centri hotspot.
- Solo 23.682 persone invece sono affidate agli SPRAR che, "fuori da logiche emergenziali, garantiscono - in coordinamento con gli enti locali - un processo di accompagnamento e integrazione con corsi di italiano, inserimento nelle scuole, formazione professionale e orientamento al lavoro".
Un quadro assai disomogeneo
"C’è una ulteriore casualità da rimarcare", secondo Oxfam: "Chi presenta domanda di asilo in Italia e viene trasferito a Caltanissetta, ad esempio, ottiene nel 64% dei casi una decisione positiva, mentre chi finisce a Siracusa solo nel 35%. Inefficienze e disparità, che si riflettono anche sui tempi necessari a ricevere una risposta sulla propria richiesta di asilo. Possono trascorrere, in media, quasi 8 mesi tra la formalizzazione della richiesta e la data di audizione presso la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale. Solo nel 12,7% dei casi il colloquio avviene entro 3 mesi. Il risultato è che il processo di integrazione si rallenta paurosamente, soprattutto se i richiedenti asilo vengono sostanzialmente “abbandonati” a sé stessi, come avviene in alcuni casi".
"L’Italia è indietro sotto molti aspetti rispetto anche ad altri paesi europei, e certamente non a causa di un maggior impatto dei flussi migratori. Il nostro Paese infatti è tra i paesi UE che riconoscono di meno il diritto alle diverse tipologie di protezione o di permesso per motivi umanitari offerte ai richiedenti asilo - prosegue l'associazione - nel 2016, tra i primi 10 paesi per numero di domande presentate, le percentuali più elevate di riconoscimenti sono appannaggio di Paesi Bassi (72%), Austria (71,6%), Svezia (69,5%) e Germania (68,7%). All’estremo opposto l’Italia ferma al 39,3% dei riconoscimenti, seguita solo da Regno Unito (32%), Francia (32,8) e Finlandia (34%). Un dato singolare, se si pensa che in Germania nello stesso anno le domande sono state oltre 704 mila, mentre in Italia poco più di 122 mila".
Oxfam chiede perciò al Governo italiano:
- La definizione di un sistema di accoglienza equo e uniforme adatto alla portata dei flussi migratori e ai bisogni delle persone, nella maggior parte dei casi vulnerabili, superando la dicotomia CAS/SPRAR e adottando standard comuni e alti, che coniughino accoglienza (anche di breve/medio periodo) e integrazione
- Una revisione delle strategie di governo dei flussi migratori, facilitando l’ingresso per lavoro, per ricongiungimento familiare, per studio e per richiesta di asilo
- Politiche che prevedano canali sicuri e regolari per l’ingresso in Italia e nella UE. Un elemento essenziale volto a ridurre i tentativi di ingresso spontaneo, spesso molto pericolosi, da parte dei migranti, inclusi i rifugiati.