Ogni giorno, in media, negli ospedali italiani una decina tra medici, infermieri e operatori sanitari subiscono aggressioni da parte dei familiari dei pazienti. E così, il dottor Fabio Toffoletto che dirige il Dipartimento urgenza ed emergenza e coordina tutti i pronto soccorso del Veneto orientale ha deciso di 'armare' il personale con 200 fischietti. A riceverlo saranno i medici e paramedici dei PS di San Donà di Piave, Portogruaro e Jesolo; della Psichiatria, del Servizio per le Dipendenze, Centro di Salute Mentale e del Consultorio Familiare di San Donà di Piave e di Portogruaro.
Lo metteranno al collo per sei mesi e lo useranno tutte le volte che qualcuno si avvicina con fare minaccioso: parenti ostili, pazienti furiosi, gente che spinge, che urla, che mena. "Servirà a richiamare l’attenzione dei colleghi o di altre persone che possono intervenire aiutando la vittima. E ricorderà all’aggressore di aver superato il limite", ha spiegato al Corriere della Sera il direttore generale dell’Ulss interessata, Carlo Bramezza.
Un fenomeno in crescita
Calci, pugni e sberle: quello delle aggressioni nei nosocomi italiani è, dunque, un fenomeno in continua crescita. Dalle 23 aggressioni registrate nell’area del Veneto orientale durante il 2016 si è passati alle 45 del 2017. Ma è tutta la Penisola a essere toccata dall’emergenza con una media di 10 episodi al giorno, informa la Federazione nazionale di Asl e ospedali. "Sono stati almeno 1.420 nel 2017", secondo l’Ordine dei Medici Chirurghi Odontoiatri di Roma. I dati Inail 2018 registrano, invece, tre episodi di violenza al giorno, violenze che vanno dalle percosse ai tentativi di abuso sessuale. Tutti però concordano con un incremento degli episodi.
Chi rischia di più
Per gli esperti, ad essere più a rischio è chi lavora nei pronto soccorso, nelle strutture psichiatriche ospedaliere e territoriali. Ma anche nei luoghi d’attesa, nei servizi di geriatria e in quelli di continuità assistenziale. Le più mnacciate sono naturalmente le donne, dottoresse e infermiere su tutte. Le regioni più colpite, Puglia, Sicilia, Sardegna e Lombardia. Emergency Live ricorda peraltro che solo il 10% del personale aggredito ha sporto denuncia (dato del 2015). E nonostante ciò il bollettino di guerra della sanità si allunga con cadenza pressoché quotidiana. La violenza, si legge sul sito "Osservatorio diritti" https://www.osservatoriodiritti.it/2018/04/27/aggressioni-ai-medici-ospedali-italiani/ emerge in contesti particolari: abuso di alcol e droga, mancanza dei limiti di accesso dei visitatori negli ospedali e negli ambulatori. Pericolose sono anche le situazioni di scarsa illuminazione, come i parcheggi degli ospedali, o la mancanza di un’adeguata formazione del personale sanitario a riconoscere e arginare l’aggressività.
Gli ultimi casi. Tutti a spese delle donne
Pochi giorni fa giorno una dottoressa colpita al viso dai parenti di un paziente a Giugliano, in Campania. Stessa sorte ha subito una sua collega a Palermo, colpevole di aver invitato i parenti ad allontanarsi per il tempo del pasto. Un’altra ancora a Catania, è stata picchiata da due uomini dopo aver chiesto loro di uscire dalla stanza dove c’era il fratello, ferito in un incidente. E se di recente si parla 'solo' di aggressioni, nel 2003 restò alle cronache il caso della guardia medica Roberta Zedda, uccisa a coltellate nel 2003 a Solarussa (Oristano) dopo un tentativo di stupro.