L’Italia è sulla linea di fronte dei flussi migratori provenienti da Africa e Medio Oriente e anno dopo anno aumenta il numero dei residenti stranieri. Al 31 dicembre 2016 rappresentavano l’8,3% della popolazione totale (poco più di 5 milioni di persone); 39.000 individui in più rispetto all’anno prima.
Un'istantanea
Anche nel 2017 il trend si sta confermando per via dei vari scenari di conflitto in Africa e Medio Oriente, della minaccia dei gruppi armati estremisti, delle difficoltà socio-economiche e dei cambiamenti climatici che ogni giorno spingono migliaia di persone ad abbandonare la propria terra. Da quando si è chiusa la rotta Balcanica, dopo l’accordo tra Ue e Turchia, l’Italia è il principale punto di ingresso dei migranti africani e dei richiedenti asilo in Europa: dall’inizio del 2017, sono sbarcate circa 90.000 persone.
L'impennata negli ultimi 10 anni
Negli ultimi due anni i flussi per asilo e motivi umanitari in Italia hanno assunto, anche in termini assoluti, dimensioni mai raggiunte. Nell'ultimo decennio si è passati dai 9.971 arrivi nel 2007 a 67.271 nel 2016. Pertanto il peso relativo dei nuovi permessi rilasciati ogni anno per asilo politico e protezione umanitaria è cresciuto notevolmente: si è passati dal 3,7% nel 2007 al 28,2% delle domande nel 2015. Le richieste di asilo politico hanno raggiunto 83.245 nel 2015 (il 7% del totale europeo, pari a circa 1,2 milioni di domande), circa 7.000 unità in più rispetto all’anno precedente. Contemporaneamente si è fortemente ridotto il peso dei permessi rilasciati per motivi di lavoro, passati nello stesso periodo dal 56,1% al 9,1%.
Chi sono gli stranieri in Italia
In Italia la presenza degli stranieri residenti è molto variegata: arrivano da tutto il mondo, ma più della metà sono cittadini comunitari (oltre 2,6 milioni pari a 52,14%). La cittadinanza maggiormente rappresentata è quella romena (23,2%) seguita da quella albanese (8,9%). Dal continente africano, la comunità più rappresentata sul territorio italiano è quella del Marocco (8,7%). A seguire la Cina (5,4%), Ucraina (4,6%), Filippine (3,3%), India (3%), Moldavia (2,8%), Bangladesh (2,4%) ed Egitto (2,2%).
Vivono in Italia cittadini dei 54 Paesi dell’Africa – Marocco, Egitto, Senegal, Tunisia e Nigeria i principali territori di origine – per un totale di 1.036.653 persone, pari al 20,63% dei residenti stranieri nel paese.
A quota 989.438 i cittadini provenienti da Paesi asiatici (principalmente Cina, Filippine, India, Bangladesh e Sri Lanka) pari al 19,69% dei residenti stranieri in Italia.
Sono 376.556 i cittadini giunti da Paesi del continente americano, il 7,49% dei residenti stranieri in Italia, originari per lo più da Perù, Ecuador, Brasile, Repubblica Dominicana e Cuba.
Sempre su base statistica (dati Istat), si conferma la maggiore attrattiva delle regioni del Nord e del Centro verso le quali si indirizzano i flussi migratori provenienti sia dall'estero sia dall'interno. In testa la Lombardia con 1.149.011 cittadini stranieri residenti (22,9% delle comunità straniere presenti su scala nazionale), seguita da Lazio (645.159 persone, pari al 12,8%), Emilia Romagna (533.479 residenti, pari al 10,6%), Veneto (497.921 residenti, il 9,9%) e Piemonte (422.027 persone, pari all’8,4%).
Risorse per il “Sistema Italia”
Si sta delineando dunque una nuova Italia nella quale le parole immigrazione, multiculturalità, integrazione, convivenza, dialogo tra culture e religioni sono ormai all’ordine del giorno. Temi che occupano spesso le prime pagine dei media italiani, per lo più in chiave negativa e per fatti di stretta cronaca.
A guardare al ‘fenomeno migratorio’ in un’altra prospettiva sono soprattutto centri di ricerca, studiosi universitari, enti di categoria e testate specializzate. Dai vari studi e dati statistici ufficiali viene fuori in modo chiaro che le diaspore costituiscono già una realtà importante per l’economia italiana.
Quanta ricchezza producono gli stranieri
Dal rapporto 2016 sull’economia migrante della Fondazione Leone Moressa è emerso che gli stranieri che lavorano in Italia producono 127 miliardi di ricchezza, paragonabile al fatturato del gruppo Fiat e pari all’8,8% del valore aggiunto nazionale, esattamente quello prodotto dall’industria automobilistica tedesca.
La migrazione continua a portare benefici al “Sistema Italia”. Uno dei primi sono i contributi pensionistici versati dagli stranieri occupati, che nel 2014 hanno raggiunto quota 10,9 miliardi. I contributi dei lavoratori stranieri consentono di pagare circa 640mila pensioni italiane. A questo dato va aggiunto il gettito Irpef complessivo pagato dai contribuenti stranieri (l’8,7% del totale contribuenti) pari a 6,8 miliardi.
Significativo anche lo sviluppo dell’imprenditoria straniera: nel 2015 si contavano 656mila imprenditori immigrati e 550mila imprese a conduzione straniera (il 9,1% del totale). Negli ultimi anni (2011/2015), mentre le imprese condotte da italiani sono diminuite (-2,6%), quelle dirette da immigrati hanno registrato un incremento significativo di +21,3%. Queste aziende contribuiscono, con 96 miliardi di euro, alla creazione del 6,7% del valore aggiunto nazionale.
Quanto ci costano gli stranieri
Osservando la spesa pubblica rivolta all’immigrazione, i settori più rilevanti sono welfare e sicurezza. L’analisi a costi standard evidenzia come il costo degli stranieri sia inferiore al 2% della spesa pubblica.
Il rapporto annuale Inps ha evidenziato che gli immigrati sono ossigeno per il sistema previdenziale: senza i lavoratori dall'estero in 22 anni si avrebbero 35 miliardi in meno di uscite, ma anche 73 in meno di entrate.
I settori in cui i lavoratori stranieri sono maggiormente attivi sono:
- Operai edili
- Ristorazione
- Commercio al dettaglio
- Infermieri e badanti
- Lavoratori domestici
Chiudendo le frontiere agli immigrati "rischiamo di distruggere il nostro sistema di protezione sociale", ha ammonito il presidente dell’Ente, Tito Boeri. I lavoratori che arrivano in Italia sono sempre più giovani, la quota degli under 25 è passata dal 27,5% del 1996 al 35% del 2015, e pertanto si tratta di 150.000 contribuenti in più l'anno, che bilanciano in parte il calo delle nascite.
I dati diffusi da Boeri dicono che gli immigrati regolari versano ogni anno 8 miliardi di contributi sociali e ne ricevono 3 in termini di pensioni e di altre prestazioni sociali. Quindi con un saldo netto di 5 miliardi per le casse dell'Inps. Sin qui gli immigrati ci hanno 'regalato' circa un punto di Pil di contributi sociali a fronte dei quali non sono state loro erogate delle pensioni.
Ogni anno i contributi a fondo perduto degli immigrati valgono circa 300 milioni di euro, che sono entrate aggiuntive per le casse dell'Inps. Tutti gli studi scientifici sull'impatto fiscale dell'immigrazione concludono che l'impatto è positivo. Il totale delle entrate che arriva dagli immigrati supera, seppur di poco, 1,2 miliardi di euro il totale delle uscite per l'immigrazione.
In prima linea nella cooperazione italiana allo sviluppo
Inoltre, per la prima volta le comunità di immigrati stabilite in Italia sono chiamate a diventare un ponte con il Paese di origine. Lo prevede il nuovo corso della cooperazione allo sviluppo: la Legge 125/2014, che ha dato vita all’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) e al Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo (Cncs). Un quadro normativo innovativo che apre la porta a diversi attori per azioni integrate tra settori istituzionali, della finanza, dell’imprenditoria e della società civile.
“L’Italia ha una lunga storia di immigrazione. Un fenomeno che può aiutare un Paese a diventare più maturo, con una forza propositiva che purtroppo viene spesso ignorata. Il mainstream dell’informazione fornisce un’altra lettura. Invece andrebbe pubblicizzato positivamente tutto quello che le comunità straniere fanno”, ha sottolineato Laura Frigenti, direttrice della neo Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics). Per la Frigenti, “dobbiamo chiedere alle diaspore che cosa ha senso per loro, avvalendoci delle loro competenze e conoscenze. Dobbiamo lavorare a un futuro comune piuttosto che rimanere ancorati al passato”.
Verso il primo Summit nazionale delle diaspore
“L’Italia deve spingersi oltre la Libia per firmare accordi con i partner africani. Per evitare le partenze di cittadini africani non basta pensare soltanto ad aiutarli a casa loro. Non bastano gli aiuti pubblici allo sviluppo, ma servono investimenti anche privati. Nella costruzione di questo meccanismo, molto lento da realizzare, le diaspore sono la chiave del successo”, ha dichiarato Mario Giro, Vice-ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale, annunciando il Primo Summit nazionale delle Diaspore, in agenda a Roma per il prossimo 18 novembre, con lo slogan “Esserci, Conoscersi, Costruire”.
Un’iniziativa, quella del Summit nazionale delle Diaspore, voluta dalla Farnesina e accompagnata passo dopo passo dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, istituita nel gennaio 2016, diretta dalla Frigenti. Le diverse fasi del progetto vengono attuate dal Gruppo di lavoro IV Migrazione e Sviluppo, guidato da un cittadino del Burkina Faso, Cléophas Adrien Dioma, del Consiglio Nazionale della Cooperazione allo Sviluppo.
Il Summit nazionale delle Diaspore sarà il punto di arrivo di sette incontri regionali con un gruppo selezionato di associazioni delle diaspore (in tutto 2.100 sul territorio italiano): Firenze il 15 luglio, Napoli il 16 luglio, e a seguire Padova, il 22 luglio, Milano, Torino, Roma e Cagliari. Sono anche previsti un paio di incontri con l’imprenditoria straniera nel paese. L’obiettivo è quello di arrivare a una mappatura delle comunità straniere in Italia per costituire ad inizio 2018 un vero e proprio Forum nazionale delle Diaspore, un soggetto ben strutturato, in grado di dialogare e lavorare in modo permanente con le istituzioni italiane, non solo nel campo della cooperazione allo sviluppo.