“Un’emergenza culturale e civile. Che mette in discussione le ragioni stesse del nostro stare insieme”, perché “la mancanza di igiene e la progressiva assuefazione all’odio ha già prodotto un effetto esiziale: l’indifferenza. Che è qualcosa di persino peggiore del negazionismo o del riduzionismo. O, se si vuole, ne è la conseguenza”. È il pensiero del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese nell’intervista rilasciata a la Repubblica che prende le mosse dalle lettere di minaccia inviate nei giorni scorsi al fondatore e al direttore del quotidiano di Largo Fochetti, Eugenio Scalfari e Carlo Verdelli. “Un fatto di estrema gravità”, definisce quelle lettere Lamorgese, perché “il gesto, in sé, indica insieme un’emergenza e un fallimento”.
Secondo la titolare del dicastero del Viminale “è stato superato l’argine” e “a forza di non far caso alle enormità che ascoltiamo o a quello cui assistiamo (…) questo Paese rischia di ritrovarsi in un tempo che abbiamo sempre pensato non si sarebbe mai potuto ripetere” e l’indifferenza a questo strato di cose “è imperdonabile”. Poi Lamorgese si chiede: “Che Paese vogliamo consegnare ai ragazzi e ai giovani che domani saranno la sua classe dirigente? Intorno a quali regole dello stare insieme vogliamo ritrovarci, riconoscerci?”, per poi aggiungere: “Perché il problema non è a chi tocca oggi. A quale testata giornalistica, a quale singolo giornalista, a quale esponente politico, a quale cittadino. Penso che quelle lettere, quelle minacce, parlino a tutta l’informazione italiana. Alla sua indipendenza. Alla funzione che assolve” e che per il ministro dell’Interno è “ancor più decisiva in un tempo dominato dalle fake news, quelle su cui si costruisce poi un umore, un discorso pubblico fuorviante. E che per questo non si possa e non si debba tacere”.