Gli italiani si informano con Tg e Facebook, ma i giovani rifiutano i media "tradizionali"
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AGI - Oggi le prime cinque fonti di informazione più utilizzate dagli italiani sono: i telegiornali (47,7%), Facebook (36,4%), i motori di ricerca su internet (23,3%), le televisioni all news (18,9%) e i siti web di informazione (17,2%). Appena sotto questa classifica troviamo Instagram (16,7%), YouTube (15,5%) e TikTok (14,4%). Sebbene il 50,7% degli italiani reputi che tv, radio e quotidiani non siano più cosi' imprescindibili, il restante 49,3% non li considera superflui. Questi sono i principali risultati del 20 Rapporto sulla comunicazione del Censis, promosso da Mediaset, Rai, Intesa Sanpaolo e Tv2000, presentato oggi a Roma da Andrea Toma.
Tra i 14 e i 29 anni si consolida l'impiego delle piattaforme legate all'immagine. Il 78,1% dei giovani, infatti, dichiara di utilizzare Instagram, il 77,6% è utente di YouTube, il 64,2% sceglie TikTok (contro il 35,4% della popolazione totale).
Molto presenti i giovani sulle piattaforme di messaggistica (quasi totalmente rappresentati su WhatsApp con l'87,4%, ma rilevanti anche su Telegram con il 42,9%) e sulle multipurpose come Amazon (60,1%).
Per quanto riguarda l'informazione digitale, solo il 37,6% si definisce un patito dell'informazione online e il 62,4% dichiara di non avere un rapporto esclusivo con questo genere di mezzo d'informazione.
Al contrario, tra i giovani si registra un rifiuto nei confronti dei media tradizionali (70,3%). In ogni caso, l'informazione interessa: l'85,0% degli italiani (e l'80,0% dei giovani) ritengono che sia un diritto e un dovere di tutti tenersi informati. Inoltre, il 75,5% degli italiani è d'accordo nell'affermare che, nonostante i molti difetti, l'informazione sia imprescindibile.
Il 55,9% degli italiani, inoltre, condivide l'opinione in base alla quale i social media dovrebbero permettere ai propri utenti di esprimersi liberamente su qualsivoglia argomento e in qualsiasi modo, senza restrizioni sui contenuti. Tuttavia, di questi, il 38,6% è d'accordo nel consentire la libertà di espressione, ma ritiene necessario introdurre alcune limitazioni minime per contenuti pericolosi. In una posizione più radicale si colloca il 17,3%, che ritiene, invece, prioritaria la garanzia di un'assoluta libertà di espressione. Sul versante opposto, il 40,4% considera necessaria l'introduzione di limiti alla libertà di espressione. Di questi, il 29,6% esprime una posizione più moderata ritenendo opportuno il rispetto di regole di base per moderare i contenuti, mentre solo il 10,8% pensa sia necessaria una rigorosa regolamentazione.
Solo il 42,6% degli italiani sa esattamente cos'è un algoritmo e in molti casi si registra una diffidenza nei confronti dell'innovazione: per il 17,3% è uno strumento informatico che prende le decisioni al posto nostro, per il 13,8% uno strumento attraverso il quale, a nostra insaputa, ci vengono sottratti dati personali e per l'8,5% l'ultima invenzione del capitalismo per giustificare lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
Emerge anche chiaramente che vi è una percezione diffusa riguardante architetture e applicazioni dell'IA poco trasparenti: il 59,9% degli italiani si sente spesso indirizzato nelle scelte su motori di ricerca, feed dei social, piattaforme tv o altro, il 54,7% si sente influenzato quando utilizza una piattaforma social, il 28,4% quando utilizza determinate piattaforme commerciali e il 20,8% nella consultazione di portali di news e quotidiani online.
Lo scandalo che ha travolto Chiara Ferragni è alla base della prima crisi della popolarità degli influencer tra i giovani. Se il 71,2% della popolazione afferma di non aver mai seguito (nel senso stretto del termine, cioè di aver dato il "follow") gli influencer (tra i più giovani questo dato scende al 51,4%), il 34,4% dei 14-29enni dichiara di aver cambiato atteggiamento verso i macro-influencer a seguito del coinvolgimento della più celebre di tutte le influencer nell'ambito del Pandoro Gate, mentre per il 14,3% questo episodio non ha determinato una frattura tale da alimentare un abbandono degli influencer in generale.
Nel 2023 il totale della spesa delle famiglie, che ha superato i 1.240 miliardi di euro, ha subito una riduzione, in termini reali, del 2,2% rispetto al 2007. Tuttavia, la spesa è finalmente tornata ai livelli precedenti alla pandemia. Esaminando nel dettaglio la spesa mediatica, si osserva una riduzione di quella per l'acquisto di libri e giornali (-37,6% rispetto al 2007, pari a poco meno di 10 miliardi di euro) e per i servizi di informazione e comunicazione (-25,9%). Al contrario, la spesa per l'acquisto di apparecchiature informatiche nel 2023 raggiunge 14,9 miliardi di euro. Nei fatti, la spesa si è quintuplicata: se nel 2007 le famiglie spendevano 100 euro per l'acquisto di apparecchiature informatiche e di comunicazione, diciassette anni più tardi spendono 503,7 euro.